I due volti di Albufeira
Meta centrale del viaggio sulla costa meridionale del Portogallo è la bella e bianca cittadina di Albufeira, dove gli arabi sbarcati dal Marocco costruirono un centro storico di viuzze intricate, con i cubi bianchi uno addossato all’altro, i patios che si aprivano all’improvviso, i mercati colorati.

Albufeira è normale di giorno, coi mercati di frutta e di pesce (che tonni! che cernie! che granchi!), le casette e le chiesette bianche, la luce fantastica che arriva dal mare, il mare limpido visitabile con le sue grotte, assai godibile con le sue spiagge attrezzate e fresche… e scatenata la sera perché bar, pub, stranieri – specie biondi – che bevono e che ballano davvero non si contano.
Mi ricordo di alcune olandesi favolose in balìa dei deliri notturni, camminare pericolosamente sul bordo delle scogliere. Mi ricordo, anzi non mi ricordo benissimo… la serie infinita di tapas e bicchierini, perché il bello del Portogallo, come della Spagna, è che mangi e bevi con poco, in piedi, da un banco all’altro, da una bar all’altro. L’importante è non rimanere sdraiato per terra perché davvero ti risvegli la mattina dopo, sui ciottoli, tra le bottiglie, con l’olandese o l’inglese ancora più sfatto o scombinata di te.
Lo lasci, questo piccolo ex villaggio, da turista divertito e abbronzato, riprendi la macchina e solo allora ti accorgi dei resti del maniero moresco o della vita del porticciolo!

Azulejos, porticcioli e lagune
Passiamo nell’Algarve orientale, più tranquillo, meno emozionante da un punto di vista naturalistico, forse anche meno divertente. L’esordio però è da meraviglia: dei ragazzi portoghesi conosciuti ad Albufeira ci consigliano di sostare mezz’ora nella piccola cappella di Almansil, vicino al mare.
Entri e vedi solo azulejos, bianchi e azzurri, poetici, ricoprire tutta la navata. Gli azulejos mi hanno fatto sempre venire in mente il tempo che passa e che allo stesso modo resta immobile, cristallizzato, a rappresentare storie di arte, di chiesa, di mare. A narrare di esplorazioni e di echi di mondi lontani, lontani nel mare. Dentro quella chiesa mi sono tornate in mente le scene del tenente che affresca la cappella di Kastellorizo nel film “Mediterraneo”, altro azzurro, altri ulivi, altro incanto.
Faro è il grande capoluogo dell’Algarve, moderno, attraente e piacevole il giusto, luogo per passeggiare tra vie pulite, aeroporto internazionale, centro economico, di passaggio, di commerci e di servizi. A Faro meglio rimanere nella Cidade Velha intorno al porto animato, tra le piazze barocche e i locali all’aperto che si trovano intorno all’Arco da Vila. Oppure visitare la chiesa di Santo Antonio, azzurra di maiuoliche decorate come un fondale marino.

Un castello dallo stile fiabesco è rimasto ad Estoi, nel luogo fondativo della città. Capita che in Portogallo lo stile rococò appaia improvviso nelle campagne, come a Estoi, come nella cittadina di Sintra, a due passi da Lisbona.
Poco dopo arrivano gli isolotti sabbiosi della Riserva di ria Formosa, le lagune di acqua salata, più dietro i campi agricoli e i magnifici aranceti coltivati grazie ai canali costruiti dagli arabi, sulla costa il profilo di costruzioni più basse e discrete e quindi la macchia bianca di Olhao, paesino di pescatori molto suggestivo e silenzioso, dai comignoli decorati finemente dagli arabi. Il suo Barrio de Barreto per i vicoli, il bianco, le botteghe, assomiglia proprio a una Medina. E come in una Medina sulle terrazze squadrate si stendono i panni o si mette a seccare la frutta.
Bella per una giornata Olhao, perché raggiungi con un piccolo traghetto le spiagge delle isole difronte. E bella per la sera Olhao, in una pousada semplice, davanti a un piatto di baccalà e ceci e a una squisita sfilata di frutta, in primis fichi e pompelmi.
La luna guarda la scena.
Una sera d’estate a Tavira

La tappa migliore su questo versante si compie a Tavira, perché Tavira è bianca e bella, abbaglia al sole di mezzogiorno, le case antiche ricoperte di maioliche fanno pensare a scenari di antica nobiltà contadina e marinara, le chiese sono panoramiche o costruite lungo il fiume, sorvegliate da file di palme.
Un posto del sud, di quelli che capiti a caso, di quelli simili al nostro Salento, a un paesino della Sicilia barocca, come in Sicilia residenze nobili decadute e malinconiche.
Tavira, un posto per fermarsi dove le sardine arrosto profumano di più o dove il bar più animato serve il brandy più buono, il medronho.
Tavira per guardare gli artigiani che ancora costruiscono le barche a colpi d’ascia e con mani forti, per indovinare il viso delle contadine sotto i grandi fazzoletti neri, per scegliere il pesce e il miglior tonno al ritorno dei pescatori.
Tavira per ammirare da qualche campanile la poesia di tetti e tegole dall’alto, i soliti comignoli ricamati dell’Algarve, per rimanere a guardare il suo panorama dal vecchio ponte romano o dalla rocca o ad ascoltare i rintocchi delle campane o il raglio di asini e muli che vagano per i poderi assolati.
Tavira per un ballo in piazza una sera d’estate, per un amore che tanto finisce presto.
Nella spiaggia di Santa Luzia a Tavira ho risentito tutti i cd dei Madredeus. Luogo per musica e nostalgie.

La saluti con un’ultima visita poetica, anzi struggente: passeggiando a Praia do Barril, nel cimitero delle ancore. Pezzi enormi arcuati e arrugginiti, lasciati a riposare per sempre tra le dune e i ciuffi d’erba, a memoria di ogni peschereccio affondato nell’Oceano, di ogni povero pescatore inghiottito dai flutti.


Manca poco al confine spagnolo, si guarda e si dimentica presto il fastoso Casino di Monte Gordo e si arriva a Vila Real de Santo Antonio dopo la vista delle numerose e geometriche saline che la circondano.
Si arriva qui e ci si riposa ai tavoli di una taverna, ad aspettare tra sardine arrosto e un bicchiere di porto bianco il traghetto che supera il fiume Guadiana.
L’oste ci invita a tornare in Algarve, per festeggiare il ferragosto nel vicino borgo di Castro Marim, quando la celebrazione della adorata Signora dei Martiri si confonde facilmente con celebrazioni di danze e bevute. O a Pasqua – chissà ? – perché vuole convincerci che nella cittadina di Loulè va in scena un Carnevale postumo coi fedeli che trasportano un pesante carro della Vergine sopra un monte.
Provi a immaginarti le scene di queste feste e con esse le scene di commercio e di popolo che si vedevano una volta alla Borsa del Tonno di Vila Real, più facilmente ti accontenti di riportare a casa una bella ceramica o un tappeto tessuto a mano e a neanche dieci minuti di traversata comincia la magica Andalusia.
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