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Metropolis

Atene, dove l’uomo ha cominciato a pensare – prima parte

L’Agorà per conoscersi e riconoscersi

Atene: L’Agorà per conoscersi e riconoscersi

Amo oltre misura la terra degli dei e dei miti.
Ci sono stato la prima volta ai tempi della dracma, quando la Grecia per me era ancora sconosciuta, l’eco indistinto di qualcosa di classico e di orientale, la seconda come tappa di un’interail verso l’Europa dell’Est e dei Balcani, la terza, la quarta e la quinta come porto di partenza per le splendide isole dell’Egeo, in coincidenza col suo momento più solenne, le Olimpiadi, e la sua pagina più nera, la tremenda crisi finanziaria e sociale che l’ha colpita.
Ogni volta la sua capitale l’ho guardata e immaginata oltre i suoi palazzi anonimi, le sue periferie disagiate, i suoi ingorghi di traffico, la debàcle economica che l’ha sommersa con diverse ondate, quando i greci erano visti come i reietti d’Europa e passavano ore in fila davanti ai bancomat vuoti.

E in tutti questi passaggi la grande, bianca, sporca, moderna Atene mi è scivolata sulla pelle perché in fondo il mio pensiero andava sempre alle pietre cariche di storia dell’Atene classica, culla della filosofia e della civiltà moderna. Più che un fatto storico e culturale fu un incantesimo: si parlava, si ragionava e ci si confrontava in continuazione nell’Atene dei filosofi. Coi dialoghi maieutici di Socrate, il mondo delle idee di Platone, la meraviglia principio di ogni ricerca per Aristotele.

il mio pensiero andava sempre alle pietre cariche di storia dell’Atene classica, culla della filosofia e della civiltà moderna.

La filosofia nasce in Grecia e nasce grande, perché è la prima forma di umanesimo, di etica, pensiero e curiosità dei tempi antichi.

Dopo la lunga notte del mito, della natura selvaggia, degli dei terribili, l’uomo comincia il suo viaggio dentro il “mistero-vita” e guidato dall’interesse di scoperta, dal senso del bello, da una coscienza sempre più vivace e dalla capacità di osservare e ascoltare, diventa la misura di tutte le cose.

Gli antichi greci 600 anni circa prima di Cristo, oltre che a partire per mare, lavorare la terra, costruire templi e fare battaglie, cominciano infatti a guardare dentro se stessi, a porsi delle domande e dei problemi, a far valere la ragione sul fato e una qualche legge cosmica sul caos. Gli dei sono sempre venerati ma lasciati sull’Olimpo a farsi gli affari loro, cresce l’amore per la natura che ispira le forme dell’arte, cresce l’ansia del sapere, del conoscere. E la scoperta più importante diventano le parole.

La prima culla del libero pensiero diventano le polèis, le piccole e ricche città stato fondate sulle coste dell’Asia Minore e successivamente nel sud della penisola italica: qui i filosofi indagano l’Archè, il principio per cui tutto nasce, si sviluppa e muore. Per Talete è nell’acqua, per Anassimandro nell’Apeiron, l’infinito, per Anassimene è nell’aria. Fuggito da Samos a Crotone Pitagora trova l’Archè nel Numero, nella fissità di un fuoco centrale, a Efeso Eraclito crede soprattutto nel motto del “Panta Rei”, tutto scorre, la realtà è un incessante fluire e trasformarsi di tutte le cose, non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume e il principio iniziatore è nascosto proprio nella lotta degli opposti. Di tutta altra idea Parmenide che nella Scuola di Elea, dalle parti della moderna Palinuro, difende l’idea del Dio perfetto, della ragione fissa, di “Quello che è” rispetto a ogni dubbio, ricerca o mistero.

A mettere d’accordo tutti ci prova Empedocle che con la sua aria da santone tollerante insegna per le strade di Agrigento: per lui se è vero che nulla nasce e muore da ciò che non è, è anche vero che tutto può derivare e finire nei quattro elementi del fuoco, dell’acqua, dell’aria e dell’acqua che esistono come enti fissi e trasformabili.

i filosofi indagano l’Archè, il principio per cui tutto nasce, si sviluppa e muore

Finalmente è Anassagora che porta la grande filosofia ad Atene che intanto vive con Pericle la sua età dell’oro. Nel V sec. A.C i persiani sono stati sconfitti, la città è un grande emporio, è piena di ricchezze e ha tempo per l’effimero, per le opere d’arte, per le speculazioni culturali. Fidia costruisce il Partenone, Tucidide e Erodoto raccontano ai greci le loro storie, Eschilo, Sofocle e Euripide fondano la grande tragedia, mentre Aristofane diverte il popolo con le commedie.

Anassagora lo chiamano Nous, Mente, perché è il primo che prova a spiegare secondo un principio intelligente e non fisico l’ordine del mondo. Secondo Aristotele “gli altri filosofi prima di lui sembravano aver parlato a caso”. Identifica il suo Archè nei semi, nelle omeomerie, particelle similari perché presenti ovunque e sostiene appunto che è la Mente a regolare il loro vorticoso flusso. Con Anassagora si cominciò a parlare del concetto di empietà verso gli Dei: “c’è il Nous, non Zeus”.

Molto razionale e sicuramente più scientifico anche l’Archè di Democrito, che lo fissa nell’atomo, nei suoi urti. Sono materia, cioè insieme di atomi, le idee, i sentimenti e la stessa anima. L’uomo con le sue qualità torna dunque in secondo piano.
Nella nuova Atene, più libera, tollerante, democratica, plurale, si scopre che è importante parlar bene, in un comizio come al mercato, in un tribunale come alle terme o al teatro. Si fanno largo pertanto i sofisti, gli artisti della parola, corruttori pieni di fascino, oratori insuperabili, capaci di dire tutto e il contrario di tutto con le loro famose “antilogie”, i discorsi dalle doppie verità. Ecco Protagora da Abdera, ecco Gorgia da Lentini, il greco-siciliano che provocava dicendo “datemi un tema”, ecco Antifonte, Lisia, Ippia, tutti capaci di creare il vastissimo terreno del dialogo e del dubbio su cui cresce Socrate.

Socrate rimarrà nella storia della filosofia greca come l’animo più illuminista e maieutico di sempre

Socrate rimarrà nella storia della filosofia greca come l’animo più illuminista e maieutico di sempre, capace come nessun altro di credere nelle virtù etiche dell’uomo, nella ricerca del vero e dell’altro, senza dogmi, senza assolutismi, contrario al potere e per questo aspramente inviso al potere. Viene visto come il grande corruttore dei giovani, come l’empio negatore degli dei, e verrà avvelenato per punizione, per aver osato di essere troppo umano. Atene vivrà così il suo giorno più nero ma dalla bottega del filosofo più semplice e allo stesso più tenace che ebbe mai per le sue piazze era già uscito un fecondo pluralismo che verrà rappresentato al massimo dall’idealismo di Platone e dalla logica di Aristotele, veri cardini del pensiero moderno.

Il cammino esperienziale di Platone se da un lato aiuta l’uomo a uscire dal buio della caverna, dall’altro viene declinato in ambito governativo nel riconoscimento dell’aristocrazia come la “classe dei migliori”, la più capace a garantire benessere, valori e giustizia; mentre toccherà ad Aristotele dare una profondità mai raggiunta prima alla filosofia, dottrina capace di donare all’uomo la felicità per lo sviluppo continuo della mappa dei saperi e della sua coscienza razionale che di volta in volta rende l’Uomo poeta e scienziato, fisico e politico, psicologo e artista, artefice assoluto del proprio destino.

Il ricordo più vivo che mi è rimasto di Atene è pertanto quello delle passeggiate riconoscenti sotto il Partenone, dello stupore di quelle colonne e di quei templi che si trovano sulla collina e ai suoi piedi, quei luoghi del filosofare e del ragionare, che rappresentano l’Agorà della crescita dell’uomo.

Il ricordo più vivo che mi è rimasto di Atene è pertanto quello delle passeggiate riconoscenti sotto il Partenone

Non ricordo molto altro, perché la forza della filosofia greca trascina tutto quello che Atene ti può dare, ti può ispirare. Ricordo le viuzze piene di botteghe di souvenir del quartiere Plaka, le cene infinite a base di spuntini e polpo e tsatsiki e olive e ouzo, lei taverne dove il sirtaki si ballava fino alle due di notte intrecciando mani e sguardi coi giovani di tutta Europa. Ricordo il profilo di qualche chiesa bizantina, una città rumorosa, caotica, ma sempre allegra e vivace, dove gli ulivi continuano a crescere, dove la luce che sbatte sui templi continua a farti immaginare lo splendore del passato.

Ma il fascino che emanavano gli spazi e le rovine dell’antica Acropoli, degli stadi, dei teatri, dei luoghi dove si svolgeva la vita pubblica come le terme o i mercati è sempre stato superiore a tutto il resto, grazie a un particolare molto nitido: stando lì davanti, lì sotto, lì in mezzo, al sole bollente estivo come in un fresco tramonto autunnale, mi tornavano in mente le figure e le parole dei filosofi che hanno cominciato l’esplorazione del dubbio, la ricerca del principio di tutte le cose e parimenti la costruzione del pensiero occidentale, della logica, dell’arte oratoria, della politica, della democrazia.

Nelle giornate vissute ad Atene i filosofi e anche gli dei greci che studiavo da piccolo, da troppo piccolo, senza capirne il motivo, la genialità, la fantasia, mi apparivano tutti insieme e, uno accanto all’altro, acquistavano senso. Ed io, abituato a vivere tra le rovine romane, non mi annoiavo, ma osservavo incantato i serpenti e le statue, i fregi e le ceramiche, le proporzioni perfette dei giganti, le teste di marmo dei grandi pensatori con le barbe ricciute e gli occhi sapienti, rimanevo affascinato dai capricci degli dei raccontati nei miti, coinvolto dai dolori e dalle gioie degli uomini narrati nelle tragedie e nelle commedie dei maestri greci. Io, romano tra i Romani, che non seppero fare altro che rubare i loro dei, cambiando loro semplicemente il nome. Erano troppo belli, affascinanti, completi. Forse è per questo che sono durati così tanto? Perché sapevano riconoscere la grandezza degli altri e assimilarla? Come si fa a uccidere un dio come Dionisio, o le ali di Mercurio, o a tarpare quelle della Vittoria? In quella città, ben chiara ogni volta che la attraversi, che la respiri, la sensazione che solo Atene ti lascia: qui è cominciata la religione, la filosofia, il cammino della cultura occidentale.

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