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Australia, che continente! / I grandi reportages

Australia, che continente! – Tutto il blu di Cairns

Little Sharks at Port Douglas

Little Sharks at Port Douglas

Dopo la notte di viaggio ci attende un nuovo autobus di un’ora da Cairns a Port Douglas e nuovi cartelli inquietanti che, accanto al pericolo meduse, reclamizzano la presenza dei terribili e mostruosi coccodrilli estuarini. Arriviamo alla barriera corallina, l’organismo vivente più grande del mondo e l’unico che si riesce a vedere dallo spazio, su un moderno e veloce catamarano che vola sulle onde che si spezzano e divora la distanza di trenta chilometri. Una di queste creste spumose non è un’onda ma una megattera che ha voglia di giocare e di prendere a schiaffi l’oceano. Solleva in modo spettacolare la coda, si avvita, salta, causa corse e ululati nei giapponesi a bordo, in preda a conati di vomito e scatti compulsivi con le due nikon al collo.

Ci fermiamo in tre punti diversi della barriera. L’acqua? 23 gradi. Meduse? Presenti e alcune – ci comunica la ciurma – ti mandano diritto all’ospedale. Se non peggio – ma questo non lo dicono. Medicina? Una muta integrale dal costo di sette dollari e passa la paura.
L’emozione che ti lascia il reef del nord-est australiano è grande quanto indescrivibile: un universo assurdo di forme e colori lontane dal tuo immaginario di mare, pesci trombetta gialli inclusi. Esco dall’acqua dopo un tempo eterno che ho un mondo psichedelico che mi balla negli occhi: pesci arancioni, coralli viola, valve giganti. Più tutte le sfumature del blu, del turchino, del celeste.

pesci arancioni, coralli viola, valve giganti. Più tutte le sfumature del blu, del turchino, del celeste

Se possibile, la seconda sosta riserva emozioni ancora maggiori. La guida mi fa, “dai andiamo nel blu, a vedere se si avvistano da lontano gli squali”. “Ma che sei scemo?” rispondo. E gli squali ci sono! Sono due o tre squali grigi lunghi 1.5-2 metri che si arrampicano sulla scaletta di poppa – quella che usiamo per calarci dal catamarano in acqua – per divorare con rapidi blitz il cibo porto loro dalla ciurma. La folla che si preparava ad entrare in acqua indietreggia impaurita, i giapponesi contano i denti aguzzi del loro mancato mega-sushi. Io attendo quasi per ultimo, poi faccio un tuffo a papera, tanto per dire, “Ero nella loro acqua!”. Appena si avvicinano risalgo alla velocità della luce la provvidenziale scaletta…

Ridete, ridete. Saranno pure lunghi un metro e mezzo, ma con un mozzico un piede o una mano te li staccano di sicuro. Perché la bocca, i denti, lo scodinzolare in attesa della preda, il girare intorno alle future vittime, sono tutti quegli elementi che libri, cinema e televisione ti hanno abituato ad associare al freddo e spietato assassino dei mari. Ebbene sì, ho compiuto due eroiche bracciate tra gli squali, che ora sono un po’ più distanti, ma girano sempre intorno al catamarano. La nuotata successiva è in punto più tranquillo, ad ammirare grandi conchiglie, altre mille creature e colori del reef e alcuni grandi pesci Napoleone. Le tartarughe restano in fondo al blu per oggi. La spiaggia è “chiusa” dalle ultime evoluzioni dei surfisti.

La spiaggia è “chiusa” dalle ultime evoluzioni dei surfisti.

Crocodiles at Cape Tribulation

Non arriviamo al punto più a nord, quel Cape York da dove, attraverso lo Stretto di Torres si intravede la Papua Nuova Guinea. No, troppo lontano, ci fermiamo prima, a Cape Tribulation, proprio lì dove il Capitano Cook incagliò la sua Endeavour sulla barriera corallina.
La prima tappa è dedicata a una passeggiata nella foresta pluviale, tra felci giganti, liane e fichi strangolatori, l’acqua gelida di un ruscello e gigantesche farfalle multicolori. Poco dopo, imbarcato il pullmino su un battello, passiamo il Daintree River, infestato dai coccodrilli estuarini. Cartelli chiarissimi anche a chi non sa l’inglese, annunciano la minaccia. I coccodrilli di acqua dolce sono rappresentati a bocca chiusa, quelli estuarini a fauci spalancate e nell’atto di azzannare le gambe dell’ignaro escursionista. Mi sistemo dietro un giapponese all’occorrenza…

una passeggiata nella foresta pluviale, tra felci giganti, liane e fichi strangolatori, l’acqua gelida di un ruscello e gigantesche farfalle multicolori

Qualche anno fa, da queste parti una donna è stata trascinata in acque e divorata in un lampo… E sembra che alcuni turisti siano morti tra le fauci dei sauri, inconsapevoli del pericolo, perché altri turisti, per ricordo, avevano rubato quegli stessi cartelli di pericolo che ora, per evitare un tragico bis, sono in vendita in ogni negozietto turistico, insieme a boomerang, didgeridoo (i mitici tubi musicali dei nativi) e quadri aborigeni a puntini che indicano le loro probabili vie dei canti. Le parole della guida fanno effetto, nessun giapponese si sporge per scattare foto adesso, perché tra le foglie e le rive melmose si muovono sicuramente invisibili i nostri amichetti. Sui rami in alto al riparo delle fauci ecco spuntare pappagallini dai mille colori, padroni della giungla. Sbocconcellano il giglio di palma dai frutti rossi.

Sui rami in alto al riparo delle fauci ecco spuntare pappagallini dai mille colori, padroni della giungla. Sbocconcellano il giglio di palma dai frutti rossi

Oltre il fiume è il regno del casuario dell’elmo, variopinto aggressivo bipede, della grandezza di un uomo, parente dello struzzo o dei tacchini più grassi, rimasto ormai solo in pochi esemplari, 1.200 nella sola Australia. Il nome viene da una cresta ossea, l’elmo appunto, presente sulla sua testa. Io l’ho visto solamente nello zoo di Foz de Iguazù, in Brasile, e già allora mi aveva stupito per l’aspetto. La sua storia e la sua aggressività sono ancora più stupefacenti. Non dovrebbe sorprendere, visto che ci si trova in Australia dove tutto è pericoloso, ma anche il casuario ha mietuto vittime, l’ultima delle quali un ragazzino di sedici anni che lo importunava. Reazione (difensiva) dell’anomalo uccello? Salto a gambe unite, artiglio della zampa usato come una lama, giugulare recisa di netto: zac!

Si cammina su una passerella circondata dalla foresta pluviale che, da queste parti, arriva fino al mare. Vado da solo, in silenzio, ma dell’aggressivo pennuto non vi è traccia. Nella mente della nostra guida rimane però il ricordo della sua ultima aggressione quando, credendo fosse cibo, assalì una turista tedesca che aveva in mano una macchinetta fotografica rossa. Solo il suo intervento la salvò. E a queste parole ripenso agli animali fuori controllo della Wild Australia, così come sono fuori controllo i monsoni, il fango e le giungle in India.

Dopo una sosta panoramica, con vista sulle isole dove morì “Mr.Crocodile” – ricorderete tutti Steve Irwin, che in televisione ci mostrava i suoi rapporti ravvicinati con gli animali più pericolosi – punto fatalmente al cuore dal pungiglione di una razza…, a pranzo siamo sul promontorio di Cape Tribulation e, poco dopo, a passeggio sulla sua spiaggia, potenzialmente infestata dai coccodrilli: una distesa bianca, abbagliante, delimitata da misteriose mangrovie, nei meandri delle quali può celarsi di tutto.

La crociera sul Daintree ci regala uccelli svolazzanti e piccoli coccodrilli stesi al sole, o in agguato tra le mangrovie, sulle rive fangose. Sono bestie territoriali, tutte conosciute per nome dalla nostra guida. Come Sweetheart, “Dolcezza, Tesoro”, uno dei più lunghi e famosi d’Australia, celebre anni fa per la sua personalissima caccia ai motori fuoribordo, che azzannava e distruggeva. Fu catturato, dopo una lunga caccia, morì soffocato. Oggi è in mostra con tutti i suoi cinque metri al museo di Darwin. Provoca ancora terrore! Mi chiedo: “Dove sono i genitori di questi piccoli sauri che scorgo sulle rive del fiume?”. Fiume selvaggio, fiume duro, i sensi sono rimasti sempre all’erta.

“Dove sono i genitori di questi piccoli sauri che scorgo sulle rive del fiume?”. Fiume selvaggio, fiume duro

La strana estate di Cairns

La sera riserva una passeggiata a Cairns: pochi edifici alti, tante agenzie turistiche, ristoranti di ogni cucina del mondo, greci, turchi, italiani, thai, giapponesi, indiani, cinesi, messicani, churrasquerias di coccodrillo e canguro… Sugli alberi le volpi volanti, pipistrelli giganti che la notte portano il polline ovunque e il giorno si corteggiano, col loro esempio di volo tetro e maestoso (ma a tavola non li ho trovati). C’è una piscina pubblica, in uno slargo del centro, che finisce in mare. E che mi incuriosisce. Non mi sbagliavo…

La guida ci spiega che è qui che gli abitanti di Cairns fanno il bagno nella stagione delle meduse o sempre per sfuggire, in ordine di importanza a meduse, coccodrilli e squali. Un bell’accerchiamento, niente da dire…! Per il resto palme sul lungomare, prato curato all’inglese, lussuosi alberghi, numerosissimi ostelli, giapponesi ovunque (Tokyo è a sole sei ore di volo). Gli abitanti del Queensland accolgono tutti con un sorriso cordiale e un accento pazzesco, come se trattenessero sempre le parole in bocca e non socchiudessero mai le labbra.

Ultimi souvenir a Cairns: olio di emu, sapone di coccodrillo, portaspiccioli di scroto di canguro. Il mio solito campionario di horror natalizio da dedicare ai parenti al ritorno a Roma è assicurato.

Antipasto di deserto

Pochi aborigeni in giro, qualche parola ipocrita dedicata loro dalla nostra guida, ma diversi negozi che presentano la bellezza indiscutibile della loro arte, un’esplosione di colori, miracoli che sembrano partoriti dalle mani dei più bravi pittori impressionisti. C’è da dire, come Chatwin descrisse ne “Le vie dei canti”, che non si sa quanto del denaro richiesto (molto) vada nelle tasche dell’artista, sempre indicato con nome o foto, e quanto in quelle del gallerista. E’ bellissimo perdersi tra tele, boomerang e didgeridoo decorati con i motivi e i colori accesi del Tempo del Sogno. Ma non è svendere la propria anima, il rivelare ai non iniziati, su un quadro, quelli che furono, e sono ancora, i cammini del proprio animale-totem, la Grande Lucertola, la Formica del Miele o il Serpente Arcobaleno che sia?
…Non so, le magnifiche tele strappate dal contesto del deserto rosso dell’immenso interno australiano, mi fanno riflettere e mi mettono addosso un po‘ di malinconia…

Non so, le magnifiche tele strappate dal contesto del deserto rosso dell’immenso interno australiano

Compro un piccolo libello per capirne qualcosa in più e imparo qualcosa di nuovo sulla bellezza dei miti aborigeni. Le tre stelle della cintura di Orione scesero sulla Terra. Delle tre, quella incapace di rivolare in cielo divenne l’emu, uccello incapace di spiccare il volo. Acquisto un piccolo boomerang con un serpente dipinto su. Immagino sia un pitone, e il regalo di Natale per mio fratello è fatto. E, chissà, magari il boomerang con la sua traiettoria magica mi aiuterà, un giorno della mia vita, a tornare da queste parti. In questo continente così carico di colori.

Fino ad ora col mare, le isole e il reef che abbiamo visto è stato il blu a dominare, insieme al verde lussureggiante delle foreste pluviali. Tra poco con un volo atterreremo lì dove saranno il rosso e il giallo i colori principali, dove la terra è brulla e crudele, dove esploratori morirono assetati e sperduti dopo aver bevuto anche le loro urine, dove viaggiatori senza patria misero radici e dove le stelle del deserto piangono ancora un popolo devastato dall’alcool, che dietro ogni pietra nasconde un verso del suo canto.

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