Una vacanza lenta

Li hanno chiamati ragni di mare, incerti acrobati, scheletri di legno.
Li hanno eletti a guardiani delle onde e delle coste, a sorveglianti del basso adriatico.
I trabocchi mi hanno sempre affascinato, sempre incuriosito.
La pista verde che li passa meravigliosamente in rassegna è stata costruita con grande intuito naturalistico, turistico e commerciale nella provincia di Chieti, comincia dal litorale di Ortona e dopo circa 45 km arriva a Vasto: un tuffo nel mare più bello d’Abruzzo, sicuramente. E un percorso tra spiagge di sabbia e più frequente di sassi, tra le vie di una dolce campagna, forme d’arte e sapori di cucina fra i più belli e genuini di tutto il versante orientale d’Italia.

La vacanza in bici con soste lente, visite dei borghi e bagni a piacere seguendo l’istinto l’avevamo decisa da tempo e quello che segue è il suo racconto e il suo album. Di questo tempo forzatamente rallentato e incerto del covid che stiamo vivendo, rischia di diventare una specie di fuga-simbolo. Là dove il mare è meno mondano, i litorali sono meno sfruttati, le distanze sono più garantite. E la tenacia degli uomini si è mostrata più resistente.

Il nostro rifugio è un delizioso BB nascosto nelle campagne di Rocca San Giovanni: proprietari gentilissimi, colazioni a base di torte fatte in casa, taglieri di frutta esibiti in modo scenografico accanto a salumi e formaggi locali, i fichi appena colti dall’albero, i succhi naturali di mirtillo e di pesca, il silenzio tutto intorno, le camere e gli ambienti comuni decorati secondo un gusto trompe l’oil, il piacere di indugiare al mattino nelle lenzuola fresche, come aperitivo o come omaggio l’olio dop da gustare sul pane, il vino bianco simile al prosecco da bere ghiacciato e da riportarsi a casa.
Le biciclette le abbiamo noleggiate a Marina di Fossacesia, punto strategico del percorso, perché dista 20 km da Ortona e 20 km da Vasto: saranno gli itinerari delle nostre due giornate. Ma questo lembo della provincia di Chieti merita almeno un paio di giorni di visita in più, per cogliere la bellezza di tutta la natura che è intorno, per camminare dentro i borghi e visitare chiesette e abbazie. E cedere ai piaceri sublimi della tavola dopo ore sui pedali.

Partenza da Ortona
Ortona è una piacevole città marinara situata a picco sul mare: si percorre la sua passeggiata panoramica sempre ben ventilata, la via pedonale piena di ristorantini e negozi fino alla cattedrale, si gira intorno alla mole severa del castello e poi si monta in bici per cominciare la pedalata dalla spiaggia dei Ripari di Giobbe. I primi km del percorso passano lungo i binari industriali della vecchia ferrovia e i cantieri del porto, i trabocchi sono ancora lontani, servono a sciogliersi le gambe, a guardare il paese sullo sperone e a fermarsi in uno dei lidi cittadini per un caffè. Dopo un tunnel ecco il primo tuffo al cuore, la spiaggetta color smeraldo di Punta dell’Acquabella che invita al primo bagno della giornata. Sensazione estrema di fresco e di pulito proprio sotto un piccolo promontorio alberato, i fiori che arrivano al mare, i ciottoli tondi e bianchi, levigati, l’acqua diafana, pigrizia da consumare al sole.

San Vito Chietino
Un tratto rettilineo di ciclabile che fa intravvedere le prime vecchie macchine da pesca arriva a San Vito Chietino, un piccolo centro diviso tra la marina e il borgo arrampicato su uno sperone di roccia che regala panorami che spaziano dalla Majella a Vasto. La spiaggia di San Vito è la più lunga e la più sabbiosa della costa, ti dà il benvenuto con due trabocchi sistemati lungo un pontile di roccia, è animata da alcuni classici stabilimenti e, appena dietro la vecchia la stazione abbandonata, dalle rue e dalle osterie tipiche.

Il tratto più bello
Tra le due marine di San Vito Chietino e di Fossacesia si percorrono quei 15 km di costa più verde, più blu e più frastagliata che rimarranno più di tutti nella memoria, dove decidi che il tempo va dilatato, ogni paesaggio osservato, ogni caletta ringraziata, ogni palafitta per la pesca immortalata. Per la nuova sosta bagno scegliamo Cala Turchino, così chiamata per il colore dell’acqua da dove spunta dai flutti il suo trabocco originale, cantato da D’Annunzio nell’opera “Il Trionfo della Morte”, uno dei pochi non trasformati in ristorante e purtroppo andato in rovina per l’incuria politica..

Ogni tratto di mare merita una sosta, dopo ogni curva ti aspetta un quadro naturalistico e le sfumature sono davvero stupende.

Un paesaggio di calette, spiagge di sabbia, di ciottoli, di scogli, col verde degli alberi, il giallo delle ginestre, il blu del mare. E ogni tanto spuntano loro, a dominare e a sorvegliare come sentinelle il paesaggio del mare chietino.



Breve elegia dei trabocchi
I trabocchi hanno un passato affascinante, di rudimentali casette da pesca, pontili di legno capaci di ospitare sulle piattaforme finali, in una specie di magico equilibrio tra le onde, delle poetiche e robuste palafitte. Si sviluppano in un intreccio caotico ma che comunque risponde a una qualche armonia, di travi, corde e gomene, ganci e fili metallici, assi legati o inchiodati, di argani e di tiranti, di bracci lunghi detti antenne che sostengono le reti larghe, concave come bilance. E ogni rete a significare a ogni calata un mestiere, un rituale, una fatica, un modo di esistere.
Ti fermi a guardarli i trabocchi piccoli e grandi, mentre passi con la bici e cogli le loro caratteristiche diverse, di creature fantastiche che si protendono in mare, quasi ad abbracciarlo, ad accoglierlo, sempre a rispettarlo.

Tra il Golfo di Venere e la Spiaggia della Fuggitella, tra la spiaggia di Valle Grotte e quella della Foce, li avevano dimenticati i trabocchi, cadevano quasi tutti a pezzi con le loro architetture fragili e primitive, ingoiati dai marosi invernali, legna buona per fare il fuoco… Poi con grande volontà e intelligenza dei giovani imprenditori negli ultimi anni li hanno riscoperti, protetti, valorizzati e ci sono nati dei favolosi ristoranti di cucina gourmet: menu a prezzo fisso dai 50 Euro in su, in base al pescato del giorno o all’estro dello chef, una serie di portate che sublimano i sensi e fanno sentire per davvero il mare in bocca. Di giorno, quando prima o dopo pranzo si sceglie la spiaggetta sottostante per un tuffo o una dormita al sole, di sera, quando dal tramonto in poi ogni cena è un’esperienza, anche visiva.
Le parole del Vate
Il trabocco ha acquistato anche un’eco e una dignità letteraria grazie al poeta più importante del novecento abruzzese, Gabriele D’Annunzio: descriveva la stramba costruzione di legno come “una strana macchina da pesca, tutta composta di tavole e di travi, simile a un ragno colossale”, per lui era “lo scheletro colossale di un anfibio antidiluviano”, “capace di vincere la lunga lotta contro la furia del flutto”. Il trabocco come una figura mitologica, millenaria, dotata di una vita propria: “la macchina pareva vivere d’armonia propria, avere un’aria e un ‘effige di corpo d’anima”.

Risorsa turistica
Con le biciclette che seguono la pista silenziose e leggere ci troviamo difronte a dei simboli carismatici di resistenza e di resilienza, anche per il moderno turismo regionale che sta scoprendo e costruendo intorno allo spunto storico, visivo ed emozionale di questi patrimoni monumentali, di questi tipici incroci di funi e di pali, di queste tettoie rabberciate e di queste terrazze precarie esibite in faccia al mare, una serie di percorsi sportivi (bicicletta, jogging, skate, canoa, l’ultima trovata del sup) ed enogastronomici di grande pregio. Non mancano tratti di costa dove giovani poeti ispirati hanno lasciato versi, disegni, poesie. Come dire, l’influenza del luogo…



(segue…)
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