Avanti e indietro sulle Ramblas
Probabilmente non esiste al mondo una lunga via alberata che attraversi e racconti meglio una città, colleghi i suoi quartieri moderni a quelli più antichi, il cuore commerciale allo sbocco luminoso sul mare. Una strada così importante, un palcoscenico così naturale, da meritarsi più nomi e l’eterna vitalità dei giorni e delle notti, dei musicisti e degli artisti, dei mimi e dei saltimbanchi.

Sulle Ramblas sfavillanti e vivaci si percepisce tutta la qualità e la leggerezza della vita catalana all’aperto, della movida perenne, del profumo e del colore dei suoi fiori, di quell’eleganza un po’ vintage creata dai vecchi chioschi delle edicole, dai lampioni affusolati, dalle fontanelle in ghisa, dai balconcini in ferro battuto. Il resto del quadro è nell’aria stupita dei turisti, nella confidenza degli abitanti, nelle attività dei negozianti e degli intellettuali, che sotto i platani invasi sempre da uccellini, davanti ai Caffè e alle case abitate dalla ricca borghesia, camminano, leggono, conversano, creano un modello di vita eccitante e coinvolgente.
Sono almeno centomila persone al giorno, si calcola, che vivono così lo spettacolo principale di Barcellona. Le sue mille lingue e volti, i suoi aromi e i suoi mestieri. Il suo mondo variegato e plurale. “La sua rauxa, ovvero la componente emotiva, folle e arbitraria” (Nuria Amat, Meridiani “Barcellona”)


Magia e decadenza, dipende dal Barrio
Le Ramblas permettono di visitare nei quartieri laterali le viuzze medievali del Barrio Gotico e quelle decadenti e malfamate del Barrio Chino, giù verso il porto. Di passare davanti alle botteghe artigiane e ai palazzi nobili del Centelles, del Moixò e del Major Real dove Colombo venne accolto dai reali al ritorno dall’America, tutti edifici sorti sulla vecchia area romana della città, e come controcanto scorgere le pensioncine ambigue, coi travestiti o i venditori di fumo sulla porta.
Con piccole deviazioni si resta stupiti difronte alla maestosa Cattedrale gotica di Santa Eulalia che mette in mostra il suo tesoro sacro, le sue pale lignee e il suo chiostro silenzioso, così come imboccando il vicolo sormontato dal Ponte dei Sospiri che ricorda quello di Venezia, arrivando nella Plaza Real che sembra un angolo arabo o andaluso con le sue palme e le case bianche e gialle da cui esce la musica, oppure nella piccola Plaza del Pi piena di localini caratteristici dove i catalani si recano sempre volentieri.
Ci si perde volentieri nel Barrio Gotico e prima o poi si arriva a Placa San Jaume e a Placa Nova, nel nucleo più antico della città, lo stesso che ha visto alternarsi momenti di gloria e di abbandono, storie di abili navigatori, fortunati commercianti, operose comunità ebraiche, reali cattolici e tribunali dell’inquisizione. Ma ha il suo fascino decadente anche il quartiere meno facile e meno pulito delle Ramblas, quel Barrio Chino, un pezzo di Sud del mondo, un misto di Napoli, Palermo, Lisbona e Salvador de Bahia, delle parti popolari di queste città. Mestieri inventati, case screpolate, grida nei vicoli, signorine ammiccanti, una vita disorganizzata e ben lontana dall’opulenza moderna della città, ma anche un quartiere che sta provando lentamente a risorgere, canalizzando in una direzione nuova le sue indubbie energie vitali.


Di che Rambla sei
Se vogliamo ricordarci di una geografia delle Ramblas ecco che la prima parte, quella che comincia da Plaza de Catalunya e dalla Font de Canaletes (la cui acqua bevuta fa sognare un ritorno a Barcellona), è costellata dai Caffè frequentati dagli intellettuali, da vetrine eleganti e palazzi d’epoca; più popolari e variopinti gli altri sei segmenti del viale che mettono in fila i venditori di uccelli e di fiori, le pasticcerie più buone, i ritrattisti e i mimi, il Palau Moja, il profilo severo del Palau de la Generalitat, sede del governo catalano e quello storico del Teatro Liceu, ma anche le bettole, i sexy shop, i live show e gli ultimi nascosti e sordidi bordelli che furono aperti per i marinai in transito nel porto.
La sosta obbligata verso ora di pranzo è quella al Mercato della Boqueria, nel cuore delle Ramblas e del quartiere delle lotte operaie del Raval, il più antico mercato alimentare d’Europa, il cui nome deriva da Boc, la carne di caprone che i contadini vendevano qui già dal Medioevo. Che vita pittoresca sotto queste volte ferrate nel 1864! Che delizia girare tra i banchi di frutta, di olive, di salumi, di formaggi, di funghi, di carne e di pesce spesso ornati da piastrelle decorate! Che avventure e ricette raccontate anche dal detective-gourmet Pepe Carvalho, uscito dalla penna del romanziere Manuel Vazquez Montalbàn! Che chiacchiere a ripetizione (l’arte tutta catalana della tertulia, del pettegolezzo) e che fauna umana nel suo bar centrale!
Tra i colorati chioschi e le deliziose tapas della Boqueria sopravvivono soprattutto due regole: si parla esclusivamente catalano e si sbeffeggia di continuo l’eterna rivale Madrid, perché è senza mare, perché è troppo politica, perché il Barca ha appena stravinto l’ultimo clasico de futbol.
Sull’altro lato ecco svilupparsi, in un altro intrico di stradine, il quartiere della Ribera, da sempre popolato dalla gente di mare e quindi verace, genuino e molto animato. Qui c’è la sede del visitatissimo Museo Picasso che contiene dipinti e disegni dei suoi primi anni di attività e inoltre si ammirano due bellissimi monumenti, la Chiesa gotica di Santa Maria del Mar e il Palau de la Musica Catalana, concepito in stile floreale.

Finché poi si risbuca sempre sul viale.
Avanti e indietro, dal centro al mare. E ritorno.
Nel centro della città ci si viene per guardare e per esser guardati. A ramblejar, a passeggiare. Per sedurre o per regalare sogni, arte, storie. Per sentirsi spontanei e per divertirsi, in quello che assomiglia a un grande e vario teatro umano, capace ogni volta di sorprendere in un modo diverso.
Sulle Ramblas vedi Barcellona che si mostra, la gente che sembra allegramente fluire, come una volta qui nel XV secolo fluivano le acque di un lungo ruscello cittadino. Il viale più famoso di Spagna fu demonizzato soltanto negli anni della dittatura franchista, perché ritenuto troppo irriverente, troppo eversivo. Per il resto ha sempre accolto tutti, accettato tutti, i tifosi del Barca in trionfo negli anni di Maradona, Romario o Messi, gli studenti a zonzo, mendicanti e cantastorie, giocatori di scacchi e cartomanti, marinai e puttane, banchieri e imbroglioni, le famiglie a passeggio come le proteste rivoluzionarie. Le vecchie botteghe e i moderni neon, anche troppo luccicanti.
Le Ramblas: anima, cuore e coscienza storica di Barcellona.
L’abbraccio del mare
Il monumento di Cristoforo Colombo posto in cima a una colonna alla fine delle Ramblas ha un braccio proteso verso il mare, a segnare simbolicamente i viaggi, le scoperte, le avventure e i nuovi mondi da inseguire superando il mare. E Barcellona grazie a un preciso evento il suo mare intanto se lo è ripreso, ingrandendo e abbellendo il suo affaccio sul Mediterraneo, ben oltre le case screpolate, le piazzette assolate e le osterie di pesce della Barceloneta. Progettando nuovi lidi e quartieri green, club nautici e music bar, alzando grattacieli di vetro per riflettere meglio la bellezza del paesaggio, inaugurando sulla riva del mare alcuni musei, centri commerciali, le sedi di start up alternative o di case di moda giovanili come Disegual, costruendo un nuovo terminal per crociere e un gigantesco acquario, ideando a due passi dalla spiaggia sculture simboliche come quella della balena d’acciaio o del gamberone che sovrasta il tetto di un ristorante (opera del valenciano Mariscal), più altre sculture a volte ardite e a volte leggere, che assomigliano a missili pronti al decollo o ad archi di pietra che ricordano il movimento delle onde marine.


Sul mare Barcellona ha esteso i suoi confini, è diventata più libera, più vanitosa e più sfrontata. Le spiagge sono diventate molto più di prima un luogo di incontro e di divertimento, l’amministrazione comunale specie coi fondi delle fantastiche Olimpiadi del 1992 ha cambiato in positivo il volto della metropoli e lo sviluppo principale ha riguardato proprio il Port Vell, il Moll de Espana e il Passeig Marìtim, ideati dal geniale architetto Bohigas che capì benissimo come la sensazione di lavorare, mangiare e vivere col vento e col sole in faccia non avesse uguali.
Il porto della città era infatti malmesso, una specie di residuo industriale e anche un luogo malsano, degradato, dominato da ruggine, lamiere, gru, recinti, cantieri e fatiscenti capannoni industriali. Il visionario Bohigas si immaginò al contrario una città nuova, aperta sul mare e alla luce. Con torri verticali, appartamenti di lusso, moli modernisti, sculture d’avanguardia. Con spazi ripensati in nome dell’uomo, migliaia di alberi e palme piantumate, chilometri di spiaggia di nuovo dedicati agli abitanti. Fu la vittoria, soprattutto, di tre concetti, quello del tempo libero, della rinascita post franchista e della città vista mare. E Barcellona grazie al rinnovato abbraccio col mare si prese la scena mondiale.

Tramonto a Barceloneta
Sposando definitivamente il mare Barcellona ha manifestato ancora una volta tutto il suo slancio vitale, la sua forza creatrice e sognatrice, la sua dimensione mediterranea e modernista insieme. E’ bellissimo finire una giornata al mare, passeggiando sotto le esili palme, sopra i sinuosi ponti di acciaio, passando in rassegna le vecchie barche e i moderni yacht nella Darsena Nacional, lungo l’arenile dorato e i docks riqualificati, con le vele all’orizzonte e i ragazzi che giocano a beach volley o suonano la chitarra sulla spiaggia. Poi, lasciandosi andare come la luce che cambia e si posa morbida sulla pietra e sulla sabbia, basta scegliere un tavolo tra le vie aperte sul mare di Barceloneta, in quelle tascas dove il fritto, la paella o i frutti di mare emanano il profumo più genuino. E la magia è assicurata.

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