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Diario di Spagna / I grandi reportages

Diario di Spagna: Barcellona, viva i giovani

Lo spirito giovanile

Lunga la notte di Barcellona, lunghissima.
Spesso finisce solo all’alba, in riva al mare, dopo un percorso che ha visto i suoi giovani ballare e bere tra decine di locali, bar, discoteche, cantine fumose e gioiose. O direttamente riversati per strada, anche nelle fredde sere invernali, come nelle migliori tradizioni spagnole.

A Barcellona si può vivere e provare tutto, la cena alle 23.00, il cinema a mezzanotte, e poi uno spettacolo di flamenco o lo stordimento della tecno, la febbre della salsa o le atmosfere raffinate del jazz, l’equivocità di uno strip-tease club o il concerto impeccabile di musica classica, il cocktail non ancora inventato, la moda più stravagante. Si gode la città tutta, dalle colline del Montjuic e del Tibidabo da cui si scorge il mare di luci, fino a giù alle Ramblas o a Barceloneta, per decidere se fare colazione con gli ultimi gamberi della notte o i primi churros della nuova giornata. E con l’odore del mare che ti si appiccica addosso.
Tanto divertimento, movida, vita alternativa, significano anche la possibilità di esprimersi, di crescere e producono tanta nuova ricchezza: a Barcellona si concentra il 20% del pil dell’intera Spagna.

A Barcellona si può vivere e provare tutto
uno spettacolo di flamenco o lo stordimento della tecno

Il tempio del calcio

“Mes que un Club”, più di una Squadra: questo è il motto che aleggia sugli spalti blaugrana del Camp Nou, il tempio dove ho visto giocare Messi. Lo stadio più grande d’Europa, un catino infernale, capace di ospitare centomila spettatori e di emettere un rimbombo impressionante, a ogni finta, a ogni accelerazione, a ogni magia col sinistro del geniale fuoriclasse argentino. Era la squadra di Guardiola certo… un meccanismo impressionante di organizzazione e di gestione del gioco, un centrocampo dal palleggio formidabile e poi quel dio del calcio là davanti. Mai più vista dal vivo una qualità del genere, e a me il calcio piace da matti.

“Mes que un Club”, più di una Squadra

Adottato da Barcellona fin da piccolo, curato dal Club per irrobustirlo, eroe di tanti campionati e coppe, di fughe leggere saltando gli avversari come birilli o di punizioni sotto al sette, il funambolo Messi ha fatto sognare e ha fatto impazzire una generazione di tifosi e ragazzi catalani, pronti a dipingersi ogni domenica faccia e corpo per lui e i suoi compagni, pronti a imbandierarsi, a cantare, a volare sulle spalle degli amici a ogni gol, a vivere e a morire al Camp Nou.
Dello stadio gigantesco mi colpì tutto, il colore, il rumore, la vista perfetta, verticale come dalla cima di un grattacielo o di una cascata. Il Barca distrusse nel Derby l’Espanol e poche volte nel mondo un derby ha avuto così poca storia per gli sfortunati rivali. Ora sapere “la Pulce” a Parigi mi fa effetto, lui era più di un Club, questa storia assomiglia davvero a un pezzo di vita che finisce.

il funambolo Messi ha fatto sognare e ha fatto impazzire una generazione di tifosi
La maglia del Barcellona

Tornando allo stadio, allo stupore di vederlo, mi colpì molto l’identificazione completa tra Barcellona, il Barca e il Camp Nou: mentre a Roma, Milano, Napoli noi italiani eravamo ancora aggrappati alla partita sulle vecchie curve, col pane e frittata al seguito, i problemi di parcheggio, attrazioni collaterali zero e a volte la necessità di guardare i giocatori col binocolo, nella città catalana andava già in scena una perfetta operazione di Love Marketing, il tempio del gioco si accendeva e si animava, godendo quasi di una vita propria. C’erano già il Barca Cafè coi megaschermi, le tapas cucinate dagli chef e l’animazione dedicata ai bambini, c’erano l’angolo della foto, della mascotte, del merchandising, delle prime sale virtuali, si potevano già visitare con audioguide multilingue il terreno da gioco e il museo dei trofei e allo stesso tempo il Futbol Club Barcelona presentava ai suoi tifosi le Academy sportive e le iniziative sociali e educative sparse in tutto il mondo, le aziende negli spazi del Camp Nou potevano incontrarsi, raccontarsi, organizzare eventi. Erano semplicemente avanti quelli del Barca e solo dopo molti anni la Juventus ha raggiunto in Italia col suo stadio di proprietà un livello simile, di impatto emozionale, di identificazione col brand, anche se con un impianto quattro volte più piccolo.

nella città catalana andava già in scena una perfetta operazione di Love Marketing

Tapear

Forse perché in un viaggio vuoi scoprire tutto, provare tutto, anche assaggiare tutto di un nuovo paese e di una nuova cultura e di una nuova cucina. Forse perché da sempre mi piacciono gli spuntini, gli aperitivi, le cose sfiziose, i piccoli bocconcini gourmet piuttosto che i grandi piatti pesanti. Forse perché mangiare in questo modo è conviviale ed è anche divertente scegliere a Barcellona come a Madrid, a San Sebastian come a Siviglia, il bar o la cantina con più tovagliolini a terra (indice di tanti spuntini appena consumati: quindi più tovagliolini sono a terra maggiore è il gradimento e il consumo della clientela del locale in questione!). Per tutti questi motivi le tapas sono la mia merenda preferita, il miglior pasto che si possa consumare in un viaggio on the road. E il miglior modo di legare con la gente.

la zarzuela de mariscos y pescados, una zuppa locale

Barcellona è sicuramente una delle capitali delle tapas: la più buona e la più famosa è probabilmente la zarzuela de mariscos y pescados, una zuppa locale che è un grande omaggio al mare. Viene cotta con maestria in un tegame di coccio e servita coi crostoni di pane fritto, secondo i precetti che ricordano un po’ il nostro brodetto vastese, prima i frutti di mare, poi i calamari e polpi tagliati a pezzetti e aggiunti al soffritto di aglio, olio e pomodoro, infine i pezzi di pesci più nobili dalla cernia alla coda di rospo fino in certi casi all’aragosta. Dal mare ecco provenire ovviamente anche i cartocci di fritto e i tranci di baccalà e tonno presentati con patate, pomodori, olive e altre piante aromatiche o verdure dell’orto, oppure le tapas più sperimentali dove alle zuppe di pesce si aggiungono salsicce, o dove alle seppie si accosta il coniglio.
Lasciamo il mare e passiamo alla terra e la prima cosa che ti fa venire l’acquolina in bocca in questo caso è il prosciutto. Entrare in una bodega de jamon coi cosciotti succulenti dei maiali appesi al soffitto (chiedo scusa ai vegani), degustare i vari tagli, più o meno grassi, più o meno lucidi, è una vera esperienza del palato. Poi si massa ai formaggi, in Spagna ce ne sono 81 dop, dal manchego all’asturiano e anche qui è una… fiesta! Tra le zuppe squisita l’escudella, con vari legumi, carni e una grossa polpetta di maiale. Tra i secondi mi ricordo il tacchino farcito e lo spezzatino di gallina con tuorlo d’uovo e mandorle sbriciolate, servito con un’insalatina di fave. Atterraggio finale sui dolci dove oltre alla celebre crema catalana servita spesso con la fiammella accesa, si gustano i dolci a base di frutta fresca e secca. Tutto da innaffiare con un buon bicchiere di vino o la cava, lo spumante locale. Buon appetito.

in una bodega de jamon coi cosciotti succulenti dei maiali appesi al soffitto
scegliere a Barcellona come a Madrid il bar o la cantina con più tovagliolini a terra

Sentirsi catalani

La verità è lampante, a ogni latitudine: il popolo fiero è quello che prende più coscienza della propria storia, delle proprie radici, del proprio patrimonio culturale e folkloristico. E che questi valori li difende e li tramanda con passione indomabile.

Una data chiave di Barcellona in questo senso fu il 1859 quando in città si festeggiarono di nuovo i Giochi Floreali di origine medievale, gare di poesia d’amore in dialetto, recitate tra i vicoli e le piazze del Barrio Gotico. Fu come sentire l’anima sgorgare fuori, libera, a volte rappresentata nelle figure e nelle favole di un cacciatore errante e di un ragazzo pesce. Si andavano delineando con esse i tratti principali del carattere catalano, l’essere vivace e audace, furbo e dinamico, perennemente attivo. In netta contrapposizione rispetto ai panorami sonnolenti e agli eroi tradizionali della pomposa e contadina terra di Castiglia…
Uno dei momenti più sentiti dal popolo catalano è quello della Festa, spesso religiosa e spesso accompagnata dal fuoco, simbolo ideale per rappresentare al meglio tanto ardore: fiaccole accese sui rami d’abete, petardi scoppiettanti, lumini romantici o spettacoli pirotecnici, ma il fuoco c’è sempre in Catalogna. Il contorno di solito è fatto da suoni di tamburi e flauti, pupazzi giganti di cartapesta, maschere, processioni, bancarelle di cibo.
E poi ci sono loro, i Castells, le piramidi umane, ragazzi atletici e muscolosi che si arrampicano l’uno sull’altro, fino a formare torri alte 15 metri il cui significato simbolico probabilmente sta nella volontà di toccare la luna e il cielo, come in uno slancio poetico e coraggioso verso l’impossibile. Per altri studiosi questo tipico episodio del folklore catalano si ricollega a un rito arcaico, quello di favorire la crescita di alberi e boschi, in una sorta di penetrazione panica della natura, molto sentita specie nelle sierras e nei borghi che circondano Barcellona.

E poi ci sono loro, i Castells, le piramidi umane

La danza più famosa della regione è la Sardana, che ricorda il Sirtaki greco perché si balla in ampi cerchi, tenendosi per mano. Qui il significato è da ricercarsi nell’armonia astrale e nella rotazione perfetta del cosmo. A Natale tanti momenti intimi, tanti presepi viventi, tante luci ancora a illuminare vie e monumenti, a Pasqua invece ecco i Caramells, cori di giovani che improvvisano anche pièces teatrali sulla morte e la resurrezione di Cristo, al motto di “dolcetto o scherzetto” quasi fosse Halloween.
E in estate i Falò per San Giovanni, ovunque nelle campagne, a proteggere i futuri raccolti. I giovani che saltano i grandi fuochi accesi celebrano insieme i frutti dei campi e la forza della vita e del sole. E la notte prima della festa si confessano segreti e si cercano incantesimi.

Il mare è il regno delle altre feste estive, sulle coste catalane abbondano chiesette con barchette in miniatura appese fuori la porta, ex voto di pescatori e marinai scampati a disavventure e tempeste che in questo modo semplice amano ringraziare qualche madonna delle onde.

la Sardana, che ricorda il Sirtaki greco perché si balla in ampi cerchi

(immagine di sardana presa da wikipedia)

La fierezza e la passione espresse nelle feste per i catalani si sono sempre accompagnate alla battagliera salvaguardia della loro cultura, delle loro tradizioni: già nell’anno Mille gli abitanti di Barcellona e dintorni rifiutavano il controllo dei re franchi, nel Medioevo furono battuti e quindi assimilati i modelli artistici dei Mori che erano dominanti in Andalusia, a fine ‘800 sull’eco della ripresa dei Giochi Floreali ecco la prima e forte voglia di autonomia, poi messa duramente in discussione negli anni del regime franchista che volle assoggettare la regione di Barcellona al potere centrale di Madrid, proibendone anche l’uso del dialetto, umiliandola con l’azzeramento delle proprie tradizioni, della propria cultura…

Qual era la colpa, la macchia di Barcellona e della Catalogna? Aver sostenuto la fazione repubblicana nella sanguinosa Guerra Civile spagnola.

Appena morto Franco nel 1978 le cose cambiano e si accelera il processo inevitabile della comunità autonoma. Nel 1979 la Catalogna ottiene lo statuto di autonomia: cultura, feste, linguaggio, folklore locale sono salvi. Barcellona continua a splendere, a confrontarsi e a contaminarsi con la Francia e col resto d’Europa. Gli anni seguenti sono innovativi e febbrili, in Catalogna c’è voglia di cose nuove, circolano tanti soldi e tante idee, la Spagna sembra come sempre restare indietro.

Barcellona si illude probabilmente del concetto abbastanza vago di “nazione” contenuto nel nuovo statuto deliberato nel 2006, più sbilanciato in realtà sui poteri autonomi catalani in campo finanziario, fiscale e giudiziario. Nel 2014 un referendum informale sull’indipendenza della Catalogna vede votare solo il 36% degli aventi diritto che però su questa base esigua risultano nell’80% favorevoli al distacco da Madrid. Storia più recente gli scontri dal 2017 in poi, che vedono gli indipendentisti riuniti intorno a Puigdemont tentare ogni possibile via d’uscita, col governo centrale spagnolo e lo stesso Re Juan Carlos che li accusano di sedizione. Fughe, arresti, disagi, scontri, feriti, proclami, tante aziende che lasciano Barcellona, tanti barcellonesi che vogliono il dialogo con Madrid, altri che non ci pensano neppure e che si sentono soffocare dalle ingerenze dello stato centrale.

Vedremo tra orgoglio, economia, priorità della lingua (a Barcellona il catalano prevale sempre più spesso sul castigliano a scuola, in tv, nell’amministrazione, nei cartelli stradali…) e altri giochi politici chi vincerà le prossime puntate. Personalmente mi auguro di vedere la Catalogna, così come le altre regioni-locomotiva d’Europa, la Lombardia, piuttosto che la Baviera, vivere con più libertà e spirito di iniziativa ma sempre all’interno delle loro nazioni, perché la storia moderna ha costruito con fatica le identità nazionali e polverizzarle di nuovo tra mille regionalismi mi sembrerebbe un peccato. L’esuberanza e il dinamismo secondo me non dovrebbero mai portare al separatismo, ma sfociare in forme più aperte di democrazia.

Nel 2014 un referendum informale sull’indipendenza della Catalogna
gli scontri dal 2017 in poi, che vedono gli indipendentisti riuniti intorno a Puigdemont

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