E finalmente Santiago
Dal Monte del Gozo per chi arriva a piedi dopo un mese di marcia ecco l’agognata visione, la città del campo delle stelle. Da lassù la cattedrale è indicata anche da una statua di pellegrini.

Prima di tutto bisogna dire che Santiago de Compostela è una città bellissima, piena di arte, di afflato religioso ma sospesa comunque tra il sacro e il profano. Perché se è vero che nel punto dove sorge oggi la sua magnifica cattedrale furono ritrovate le reliquie dell’apostolo decapitato a Gerusalemme, arrivate fin qui dentro una magica barca di pietra che navigò per anni, mari e tempeste fino alla Galizia, è anche evidente che oltre all’aria di miracolo religioso si respira alla fine del Cammino l’atmosfera di una città vibrante, piena di giovani e di studenti, di cantine e di pellegrini che provengono da ogni parte del mondo, donando al luogo colore, folklore, mescolanza di lingue, usi, costumi, racconti.
Il sacro itinerario, quello più classico che parte dai Pirenei e dopo circa 780 km da percorrere rigorosamente a piedi tra le città più religiose della Spagna giunge a Santiago de Compostela, o la sua variante via mare che significa camminare su impervi saliscendi verdi in faccia all’Oceano Atlantico spesso tra nuvoloni e temporali, o la sua variante portoghese che arriva dalle campagne e dalle città d’arte del paese fratello della penisola iberica, ha sempre donato a Santiago un’aria magica, solenne, ispirata e allo stesso tempo internazionale e cosmopolita.
Dopo Roma e Gerusalemme questa città ha vissuto la sorte di essere il terzo centro più frequentato della cristianità. Col suo speciale destino di colmare il cuore di emozione, donare risposte e ripagare la grande fatica compiuta.
La solennità della Cattedrale

Alla fine del lungo pellegrinaggio i viandanti stanchi e grati guardano a lungo la facciata della Cattedrale, chiamata Obradoiro (opera d’oro in dialetto gallego), eretta a meta ’700 e dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1985. Sembrano immobili e rapiti in un incantesimo di pietra.
Sdraiati sulla piazza dove sorgono anche l’Hostal de los Reyes Cattolicos e l’elegante Palazzo Raxoi, sede del Municipio, accanto al fedele zaino con appese una mappa, gli scarponcini da trekking ormai consumati, una conchiglia e una borraccia, coi piedi nudi sul selciato, a farli respirare dopo giorni di grandi fatiche e vesciche, guardano a lungo questo miracolo di pietra, questo virtuosismo barocco tutto fatto di granito. La luce che arriva dal mare della Galizia si posa sulle sue scalinate, sulle guglie, nelle nicchie, a svelare figure di angeli e santi, di mostri, belve e profeti.

Sembra che dalla chiesa esca tutto il mondo possibile, tutto il mondo attraversato, sognato, temuto.
E conquistato. A piedi, in cammino, come hanno fatto i ragazzi che vediamo stremati sulla piazza, proprio davanti a noi. Argentini, inglesi, polacchi, parecchi italiani anche, che rimangono là, vicini al magnifico Portico della Gloria, costruito in venti anni dal Maestro Mateo, un ricamo di pietra e di colonnine che raffigurano santi, profeti, apostoli, animali del bestiario medievale e simboli della gloria di Dio che devo dire sembra celebrare soprattutto la loro di gloria e di impresa.
Benché stravolti dai chilometri percorsi, ancora sudati o sporchi di fango, ancora increduli di avercela fatta, i pellegrini fanno la fila per poggiare la mano in un solco scavato nel marmo, secondo la leggenda l’impronta di Santiago, il segno della fede, l’omaggio finale da compiere proprio in fondo al Cammino.
Poi segue il rito della discesa nella cripta, che conserva le spoglie dell’apostolo: va assolutamente visitata sennò i desideri e le grazie rimarranno inespressi. Le mani accarezzano il mantello d’argento, i tre baci sono rivolti alla Concha, alla piccola conchiglia posizionata sulla schiena della statua, perché un’altra bellissima leggenda racconta che il corpo di Giacomo fu ritrovato su una spiaggia della Galizia ricoperto di conchiglie.
Infine la Messa del Pellegrino, a mezzogiorno, con l’accensione del botafumeiro, il grande incensiere che oscilla solenne sopra le teste ei fedeli, liberando l’aria dal sudore del Cammino.
Parecchi si commuovono, ridono e piangono.
I 300.000 viaggiatori l’anno che hanno percorso tutto il Cammino o uno dei Cammini alla base della cattedrale di Santiago di Compostela si riconoscono tra di loro, si ritrovano, si salutano, si abbracciano, perché hanno conosciuto non solo un paese, il nord prima arido e poi brumoso di un magnifico paese, ma tanti altri paesi, genti, storie e culture.
Le notti di Santiago si vivono con questa atmosfera qua, di grazia, di leggerezza, di incontro continuo. E’ un’esperienza molto intensa.

E tu anche se non hai compiuto il Cammino o ne hai percorsi alcuni tratti in bicicletta o più ampi tragitti in macchina guardando da poco lontano i pellegrini procedere con calma e saggezza, puoi entrare in punta di piedi a far parte di questo clima, di queste notti di bevute e di canti, di questa festa a base di stornelli e di empanadas che nasce da ispirazioni religiose e termina in manifestazioni assolutamente più semplici e umane. Di fratellanza, di solidarietà, di prove superate e vinte, di voti compiuti, di ricerche tutte personali e tutte valide, ormai volte al termine.
La promessa
La Coruna è il centro economico più importante della Galizia ma Santiago de Compostela è qualcosa di più, è il cuore pulsante di questo bellissimo territorio. I cartelli stradali di Santiago e dintorni sono bilingui, i canali della tv anche, tra feste e tradizioni, tra ricette e mestieri, tutto il mondo gallego vuole provare a sopravvivere intatto, perché in fondo da queste parti la Spagna dei re e della Castiglia entrò soltanto nel XV secolo per aiutare i preti a gestire le rivolte contadine.
La città attrae i turisti anche per il panoramico Paseo de la Herredura che mostra tutti insieme i 114 campanili del centro storico e per i suoi bar de tapas e il colorato Mercado de Abasto. In più attrae dal lontano 1495 tantissimi studenti con la prestigiosa sede dell’Università.
La religione, la leggenda, lo spirito dei tempi e dei viandanti hanno fatto il resto. Un codice miniato chiamato Callistino già in epoche lontane (era il XII secolo e probabilmente va considerata la prima guida turistica uscita in Europa!) propagandava la bellezza e l’intensità del Cammino.
Il Cammino stesso, la fine del Cammino, ha eternato il ruolo quasi mistico di Santiago de Compostela.
Per mettersi alla prova sull’itinerario giacobeo con maggiore tradizione religiosa e storica basta seguire gli innumerevoli segnali stradali con la conchiglia o la freccia gialla.
Se arriverò qui un’altra volta sarà a piedi, e con una conchiglia sullo zaino, promesso.


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