Il promontorio degli inglesi

L’ultimo clamore della Costa del Sol lo viviamo nella vivace Estepona: altri divertimenti, balli e bevute e poco dopo ecco Gibilterra, la rocca controllata dagli inglesi dall’inizio del Settecento, da cui si gode di una vista favolosa.
In tutta la storia moderna il promontorio di 425 metri di altezza è stato un protettorato britannico, una fortezza e una base navale che per secoli ha permesso ai britannici il controllo strategico di un punto cruciale del Mediterraneo. Questo dominio straniero in piena regione andalusa ha prodotto una mescolanza insolita di situazioni: gli hotel con le sale da thè in stile britannico e le case in stile vittoriano e poco più sotto il barrio moresco e le periferie con le case bianche e le vie polverose del sobborgo operaio de La Linea, già provincia di Cadice; abitanti eleganti e pallidi vestiti coi bermuda e altri dagli sguardi e dai lineamenti e dai costumi gitani; ragazze con le lentiggini e i capelli biondi che troveresti in un college di Oxford e musulmani intenti a pregare sulla sommità della rocca al tramonto; i giardini botanici di gusto arabeggiante vicino alle tombe dei caduti della battaglia di Trafalgar; il porto franco, il paradiso delle tasse e delle vetrine di lusso sbattute in faccia alla povertà e alla provvisorietà del Nord Africa, che è là, poche miglia di fronte.
In questi 14 km via mare che separano i due continenti nella storia è successo di tutto: arrivi di eserciti arabi e berberi nel 711 alla conquista militare e culturale dell’Andalusia, partenza di caravelle spagnole e cattoliche tra fine ‘400 e inizio ‘500 alla conquista avventurosa del Nuovo Mondo, le recenti ondate di migrazioni, in un’alternanza continua di esodi e avventure, speranze e tragedie.

Gibilterra si fa apprezzare per una passeggiata panoramica, Gibilterra si fa scoprire trafficata, commerciale e disinvolta nella sua Main Street come fosse una Hong Kong europea, Gibilterra svela un volto divertente e alla moda nei locali, nei pub e nei casinò di Marina Bay, Gibilterra che è famosa anche per le sue scimmie dispettose importate dai berberi.
Un luogo che ha vissuto sempre per il traffico navale, le merci, i dazi, che ha causato le invidie geopolitiche di spagnoli e inglesi, che si è però felicemente contaminato delle due culture. E c’è chi dice che nel cuore della montagna, tra gallerie e grotte, siano nascoste ancora spie, contrabbandieri armi e cannoni arrugginiti dell’esercito britannico.
Sulla montagna di granito abbiamo passato appena mezza giornata, qualche giro, qualche foto, le sensazioni dei contrasti descritti. E la massima attenzione rivolta contro i macachi rossicci senza coda che la tua macchina fotografica o una borsetta se la prenderebbero volentieri!!


Di certo il destino politico di Gibilterra oggi appare quanto mai confuso perché gli ultimi referendum hanno espresso il volere dei cittadini di continuare a vivere sotto la Corona inglese ma al contempo nella comunità europea, scenario tutto da verificare dopo la Brexit… Sarà una battaglia di carte, di tasse, di passaporti, statuti speciali o soltanto una questione di identità e di orgoglio? La colonia sarà scossa al suo interno e pronta a cambiare pelle? Gli inglesi resteranno per sempre?
La magia di Tarifa

Tarifa è un mondo a parte, che sa di Africa e di surf, un po’ bohemièn, un po’ hippy e un po’ selvaggio. Ha bisogno in fondo di pochi ristoranti e alberghi, di pochi locali (eppure da alcuni ritagli di giornale e sguardi sui siti so a malincuore che sta crescendo, che forse un po’ sta cambiando…), perché è il suo particolare genius loci che basta e avanza, è la sua scena nuda che affascina tutti quelli che ci arrivano e che spesso ci restano. Tarifa infatti li trattiene coi vicoli e le mura screpolate che ricordano la marocchina Tangeri e i patios e la bellissima città bianca che rappresentano l’ennesima indimenticabile cartolina andalusa. Il resto è creato dal vento e dalla voce del mare.
Lo spettacolo offerto dalla natura è speciale: Tarifa è invasa tutto l’anno dalla luce dell’Oceano, quell’Oceano che i ragazzi amano sfidare a bordo delle tavole. A Playa de Los Lances e a Valdevaqueros girano vorticose anche le ali colorate dei kite surf.
Nell’aria di Tarifa l’afa, le melodie e i sapori del continente vicino. Sulle sue lunghe spiagge sorvegliate dai fari imponenti e battute dalle raffiche calde del vento si passano estati indimenticabili. Negli stessi specchi di mare vanno ancora in scena come nelle nostre Egadi le mattanze delle tonnare, che qui chiamano almadraba “il luogo in cui si lotta”. A Barbate, a Zahara de los Atunes, fino a Conil.


La libertà di Conil
I nostri giorni migliori sulla Costa de la Luz sono stati proprio quelli vissuti tra Tarifa e Conil de la Frontera. Tanto divertimento, tanta libertà, campeggi e ostelli e disco sulle dune, un mare limpido, una luce abbagliante. La voglia di rimanere per sempre sdraiati al sole, persi nel sud spagnolo, tra olandesi pazze e catalane sensuali, surfisti e artisti, emozionati nel vedere, percepire, sognare l’immensa Africa difronte. Ci dimenticavamo quasi di dormire e mangiare, bastava un costume, una birra ghiacciata, un trancio di tonno rosso, l’indirizzo giusto per una festa, una maglietta bianca e un jeans per la sera, altro che Marbella, venite quaggiù ragazzi!! Vi sentirete i padroni del mondo in cima alle dune di trenta metri e poi via, giù a rotolare, verso il mare.


Cadice, l’africana

Finchè si arriva a Cadice dove una volta si ergevano le Colonne d’Ercole a segnare la fine del mondo conosciuto e l’inizio delle avventure, delle navigazioni, delle scoperte prima di mostri e di flutti e poi di mondi lontani con le loro ricchezze che proprio a Cadice per prime sbarcavano. Emporio fenicio, base di Annibale per l’invasione dell’Italia, città romana, araba, gitana, con molteplici echi e sapori africani, con l’enorme cupola d’oro della sua cattedrale a rappresentare i fasti gloriosi del passato, a sorvegliare e a benedire quasi i quartieri più decadenti, le case più screpolate e impregnate perennemente di salsedine, la vita semplice e laboriosa del porto.
Cadice si ricorda per il sole cocente nelle piazze, per una saporita cucina basata sui frutti di mare, per le musiche gitane che escono dalle taverne. Come aspetto mi ha fatto pensare molto a Trapani.
L’ultima sorpresa di Cadice, se ci si capita a febbraio, è il più famoso Carnevale di Spagna, quando trecento associazioni si dedicano a sfilate, carri, maschere e scherzi sotto forma di satira dei poteri forti.


La luce fino al Portogallo
Dopo Cadice si incontra Jerez de la Frontera, la fine o l’inizio, dipende dal verso del viaggio, della bellissima ruta de los pueblos blancos. Poco oltre la foce del Guadalquivir e il Parco Coto Donana, infine il litorale di Huelva che si sta sviluppando velocemente col turismo e che ti porta ai confini del Portogallo, nella dolcissima regione dell’Algarve.
La luce ti accompagna, sempre, illumina l’orizzonte, rende biondo il mare, si posa sul parco della biodiversità di Torunos alla foce del fiume San Pedro, percorre saline, spiagge, paludi e dune e immancabilmente spunta da dietro un vecchio bastione del porto.


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