Che Movida è
La Movida è energia, movimento, vita febbrile e creativa.
La Movida è agitazione, allegria, notti lunghe, che arrivano all’alba.
La Movida della capitale spagnola si riassume benissimo nello slogan “Madrid me mata”, “mi uccide”, perché questa città sembra fatta per vivere fuori e per socializzare, ha troppi posti, quartieri, locali, gallerie e club divertenti per mangiare, ballare, bere, ridere, ascoltare musica, vivere l’arte, conoscere.

La Movida all’inizio degli anni ’80 conquista la scena di Madrid in modo dirompente, dopo decenni sonnacchiosi, retrogradi e banali, dopo anni di dittatura caratterizzati da una certa severità dei costumi e da una morale cattolica parecchio oscurantista e bigotta.
Così all’improvviso succede che salta il tappo, che fiumi di ragazze e ragazzi si impadroniscano delle strade e delle notti madrilene, che folle di nottambuli comincino la serata con un aperitivo a base di tapas, per poi andare a cena, a intrattenersi in un club musicale o in una galleria d’arte, a parlare negli angoli più poetici e alternativi della città, a recarsi infine in discoteca e ai primi raggi del sole a fare colazione con chocolate y churros, lo spuntino dolce preferito dagli spagnoli, di azteca memoria.
Tutto questo anche nei rigidi inverni continentali, quasi sempre all’aperto, in un rito che si perpetua che diventa entusiasmante, contagioso e collettivo. Come a Londra, come a New York, a volte di più.

I quartieri da scegliere
Si può andare sulle tracce dei locali frequentati e amati da Hemingway, come la Cerveceria Alemana o il Cafè Gijon, oppure si può decidere di perdersi tra i barrios più tipici e più popolari, come Il Barrio de Las Letras che è sempre stato il quartiere letterario di Madrid, quello dove vivevano Cervantes o Quevedo e dove oggi nei dintorni di Calle Huertas alle presentazioni dei libri si sono uniti club divertenti e cantine musicali per ascoltare il blues e il soul come il rock, locali dove ammirare le evoluzioni del flamenco e ottime tascas dove gustare i piatti tipici e le tapas più sfiziose; La Latina, vicino Plaza Mayor, dove trovare ristoranti e locali tradizionali spagnoli o ascoltare concerti dal vivo nel Parco de la Vistillas; Malasaña, la Camden Town di Madrid, un quartiere un tempo piuttosto malfamato, oggi pieno di disco-pub alternativi, dove si beve e si balla al ritmo del grunge e dell’indie-pop, specie intorno alla Calles La Palma e Velarde o sui bar con terazas de la Playa de Mayo; Chueca, zona elegante e frequentata soprattutto dal mondo gay; Argüelles y Moncloa, regno degli universitari e delle disco più giovanili, o ancora nella zona spensierata di La Princesa, in quella più sofisticata del Barrio de Salamanca (l’unica da liste, selezione all’ingresso e un certo dress-code), in quella ormai internazionale di Lavapiès dove esistono locali per ogni tipo di musica e di ballo, Lavapiès che si raggiunge con le fermate metro di Embajadores, Atocha, Anton Martin e Tirso da Molina, Lavapiès che ha un carattere multiculturale e multirazziale che si riflette benissimo nei suoi ritmi e sapori latini, arabi e africani, nei suoi spazi culturali, nei suoi loft, nei suoi cinema d’essai, nei suoi cabaret.
Tapas golose

Ritorna a Madrid, più amplificato che mai, il simpatico rito delle tapas, quel mangiare informale tra spuntini e delizie nelle taverne spagnole, già sperimentato a Barcellona come in Andalusia.
Spesso in piedi, in piena allegria, in piccoli e golosi templi del gusto, che più affollati, disordinati e variopinti sono e più buoni sono. Dei bar de tapas di Madrid mi fa impazzire questo senso anarchico e di libertà e di improvvisazione, che giri da uno all’altro, paghi una sangria di qua e un bocadillo difronte, una cana (la birretta alla spina) in un locale e dei chicharrones (le micidiali cotiche fritte!) nell’altro… Accanto a un bicchiere di vino ecco lo squisito pan y tomate, el jamon serrano o de pata negra tagliato con maestria che ti aspetta con la sua parte lucida per deliziarti il palato; ecco tortillas profumate, porzioni impeccabili di paellas, ecco i gamberetti all’aglio o i calamari al sugo, le sardine fritte o i favolosi mariscos, i frutti di mare; ecco dal campo, dall’immenso campo della Castiglia i peperoni fritti, il queso manchego, il chorizo picante, le olive, il cocido.
Madrid è una delle città con più bar al mondo, ogni abitante ha il suo preferito, per lo spuntino volante o per quello fatto prima di rincasare, prima della partita, dopo il teatro o dopo il lavoro. Con prezzi in media più convenienti dei nostri, con un clima più informale, coi sapori e l’ambiente che colpiscono favorevolmente tutti i sensi.

Abbuffata d’arte

Prima o poi a Madrid ci cadi dentro, troppo centrale, troppo importante, troppo bello. Il Museo del Prado lo visiti durante un tour culturale a piedi, un tour gastronomico, quello che vuoi, ma quando sei lì ti abbuffi veramente di arte e la Spagna potente, classica, romantica o drammatica che sia riesce di nuovo fuori, stavolta dalle tele dei suoi artisti.
Il Museo del Prado, inaugurato nel 1819, non ha mai avuto l’ambizione di soddisfare un sapere enciclopedico quanto piuttosto quella di rappresentare una grande galleria del gusto dei Reali di Spagna. Quindi è chiaro che i principali capolavori qui presenti siano quelli dei pittori spagnoli, come El Greco, Velazquez e Goya. Con loro i Reali celebrano in fondo la nazione, la corte e se stessi.
Uno dei quadri più famosi di tutti i tempi è sicuramente “Las Meninas” di Diego Velàzquez, ritratto di corte con l’Infanta, i servitori, i nani, le stanze del potere illuminate con maestria. Dello stesso artista a sfondo religioso e reale ecco “L’adorazione dei Magi”, il “Ritratto di Filippo IV da giovane”, “La resa di Breda” dove la nobiltà d’animo degli spagnoli si evidenzia nell’evitare all’avversario olandese sconfitto di inginocchiarsi e umiliarsi. Di altro genere “Il Trionfo di Bacco”.
Di Francisco Goya meritano una visita soprattutto tre opere: “3 maggio 1808” che racconta la drammatica fucilazione dei cittadini di Madrid a opera delle truppe napoleoniche, nemici senza volto nel quadro; la “Maya desnuda” che fece scalpore per l’evidente presenza ispiratrice di una modella nuda e “Saturno che divora i suoi figli” molto crudo nel tentativo di salvare il suo potere.
“Il cavaliere con la mano sul petto” è stato giudicato come il quadro più bello di El Greco, con luce che evidenzia il colletto, i polsini, la spada, il volto forse di un pentito; molto bello anche L’adorazione dei pastori”. Da ricordare anche il suo tributo al cattolicesimo ne “La Trinità” e con “La fuga in Egitto”.
Tra gli “stranieri” notevoli i contributi degli artisti italiani, dal “Davide e Golia” del Caravaggio, all’ “Immacolata” del Tiepolo, da “La caduta sulla via del calvario” per molti critici il quadro più bello di Raffaello fino all’ “Annunciazione di Beato Angelico.
Molto famosi anche l’”Autoritratto” di Durer, il massimo esponente della scuola rinascimentale tedesca, “Le tre grazie” belle rotonde di Rubens “La deposizione” di Roger van der Weyden che raggiunge il culmine della rappresentazione del dolore, così autentica, così teatrale, e “Il Giardino delle delizie” di Bosch dove invece si celebrano la natura, l’umanità, la sensualità e le tentazioni umane.
Infine arriva lui, il quadro spagnolo più famoso, stazionato per anni a Parigi, al Moma di New York, infine giustamente collocato in Spagna, prima al Cason del Buen Retiro, poi al Prado e oggi al Museo Reina Sofia vicino la stazione ferroviaria di Atocha.
Che dire di questo fenomenale grido di dolore?

Che rappresenta la barbarità di tutte le guerre o solo il bombardamento della cittadina basca di Guernica avvenuto nel 1937 a opera delle truppe aeree italo-tedesche alleate del Generale Franco?
Che dimostra l’innocenza di ogni popolazione civile difronte all’odio e ai conflitti?
Che è un dipinto di protesta di Pablo Picasso contro la violenza e la distruzione in generale?
Di certo basa la sua forza su immagine realistiche e retoriche: il toro che rappresenta la follia fuori controllo della guerra, il cavallo trafitto dalla freccia che è l’immagine della Spagna ferita, la madre afflitta col figlio morto in grembo e la donna che urla al cielo la sua disperazione, il cavaliere o eroe di guerra che con la sua spada spezzata offre plasticamente la visione del martirio e la speranza della rinascita affidata al fiore… Tutta l’atrocità del capolavoro di Picasso si capisce dai corpi deformati di uomini, donne e animali, dall’uso delle linee aguzze e dalle tonalità in bianco e nero che sembrano evidenziare l’assenza di vita.
Per mercati
Altra somiglianza tra Madrid e Roma dopo quella tentata tra la Gran Via e Via Veneto. Stavolta parliamo di mercati e quello domenicale del Rastro mi ha ricordato tantissimo Porta Portese. Ci trovi davvero di tutto, dai pappagallini ai costumi da torero, passando per quadri e sculture, chitarre e tappeti, libri, dischi, vestiti usati, fumetti, scialli da flamenco, oggetti in ceramica o ferro, anticaglie varie. Il suo nome significa “traccia”: erano tracce sanguinanti infatti quelle lasciate dalle pelli degli animali lavorati tempo fa nelle concerie per queste vie.

Nelle vie del Barrio de Salamanca puoi invece dedicarti allo shopping più elegante e alla visita di gallerie d’arte. E a uno spuntino prelibato nel Mercado de la Paz. Per le migliori tapas si consiglia una visita del Mercado di San Miguel, molto facile da trovare, a due passi dalla Plaza Mayor, sotto una moderna costruzione in metallo, dichiarato Patrimonio Unesco nel 2000 per la bontà della sua gastronomia. Mangiate superbe di cibo fresco sulla terrazza del Mercato di San Anton, nel quartiere di Cheuca. Più street food nel Mercado de San Ildefonso, più chic quello di Platea, pieno di storia quello di Cebada, vicino al mercato delle pulci del Rastro.
Merengues vs Colchoneros

Due squadroni, senz’altro.
Quello nobile, elegante, “reale” per editto del 1920, a tratti invincibile e destinato a sconfinare nella categoria del mito. Non a caso la squadra di Figo, Zidane, Ronaldo erede di quella Di Stefano, Puskas e Gento si è meritata il soprannome di Galacticos.
E quello sanguigno, più popolare, più operaio, contraddistinto da una grinta impressionante ma per investimenti e possibilità economiche e di vittoria ormai molto vicino agli storici rivali.
Real Madrid e Atletico Madrid giocano in due templi del calcio, il Santiago Bernabeu a noi caro per la vittoria del Mundial del 1982, una vista in verticale da brivido sul campo, col “miedo escenico”, il timore della scena, che coglie gli avversari a ogni partita e il modernissimo e tecnologico Wanda Metropolitano, uno stadio da sogno e da business.
Giocano una con una maglia bianca come le meringhe, purista, quasi etera a sottolinearne la nobiltà, l’altra con un completo a strisce biancorosse che ricorda le tele usate dai colchoneros, i materassai.

Il destino recente le ha viste affrontarsi due volte in finale di Champions League altamente spettacolari, vinte all’ultimo respiro dal Real. Ma siamo certi che la “garra” dell’Atletico di Diego Simeone darà ancora molto filo da torcere agli eterni rivali.
Finisce così con un gol madrileno il viaggio nella città tutta da vivere che è la capitale di Spagna: basta scegliere il menu preferito, di tapas e movida, di arte e mercati, oppure basato sul derby dei sogni. Sul gioco dei giochi. Superato a Madrid in passione solo dalle innumerevoli lotterie: El Gordo y El Nino sono per premi le più ricche d’Europa e tengono la popolazione spagnola col fiato sospeso. La Spagna dopo Stati Uniti e Filippine è diventata il terzo paese al mondo nel gioco d’azzardo che è poi anche quello derivante dalle slot machines e dal bingo, dalle corse dei cavalli, dei cani o dalle partite della pelota basca.
A Madrid e in Spagna si scommette su tutto, dopo tutto la scommessa vinta della Movida ha rilanciato anche l’economia del paese. Un paese che guarda sempre avanti, un paese dove non mi dispiacerebbe vivere. Come ha scelto di fare Federica, una mia ex collega di lavoro, che di Madrid ha imparato ad amare il senso di libertà che offre, la socialità e l’accoglienza delle persone, la bellezza dei suoi parchi e il divertimento dei suoi locali dove il rito delle tapas e il vortice della movida ti conquistano per semplicità e naturalezza. Forse è stata proprio la creatività e il mondo di possibilità intraviste in Madrid che l’hanno trasformata in un’abile cake designer.
Suerte, Fede!

Non ci sono Commenti