Il richiamo della pietra
Facile trovarla sull’arido altopiano centrale della Castiglia.
Facile innamorarsene.
Facile organizzare una gita o qualche giorno lontano da Madrid e andare in cerca di vecchie mura e acquedotti, possenti fortezze e cattedrali ricamate. Sempre nella pietra e con la pietra, vero simbolo artistico di questa regione, di queste incantevoli città.
La chiamano Spagna minore, di provincia ma il suo fascino supera spesso quello della capitale e di altre grandi e moderne città del paese.

Segovia all’imbrunire
Il primo dei gioielli a nord-est di Madrid è sicuramente Segovia e sicuramente bisogna passarci almeno una volta le ore che precedono il tramonto. Per vedere come la pietra locale della magnifica Cattedrale, del robusto Alcazar e dello storico Acquedotto acquista le sfumature rosate con la luce più bella.

Una città serena e laboriosa di provincia, con case antiche, scorci pittoreschi, tanti boschi nei dintorni e un maialino arrosto che rende indimenticabile la cena.
Il posto ideale per gustarlo è la Meson de Candido, situata in pieno centro, proprio sotto le arcate del grande acquedotto romano. Tenero e croccante, dal profumo irresistibile, accompagnato a tavola da un cerimoniale di tutto rispetto, come piaceva al Senor Candido che ebbi l’onore di conoscere da vivo: lo spiedo ancora fumante, l’abito del “Gran Maestro del cochinillo asado”, elegante, bianco e nero, con un medaglione sul petto; la cornice di una trattoria di culto con la storia e l’arte di Spagna alle pareti, nelle foto, nei quadri, nei cimeli, nelle arcate di pietra, perfino nelle stoviglie usate; e il maialino che viene tagliato in diretta davanti ai commensali (forse un aspetto evitabile e non apprezzato da chi è molto sensibile verso il mondo animale…) e servito insieme a ottimi formaggi col miele, melanzane squisite e un sincero vino rosso locale.
Prima e dopo cena ecco la città antica da godere, patrimonio dell’Unesco dal 1985, sede vescovile, luogo di cultura, di preghiera, di studio per la presenza di tanti preti e di tanti studenti.
Come tanti siti spagnoli Segovia ha vissuto varie dominazioni, da quella romana, celebrata col suo fantastico acquedotto di granito costruito ai tempi dell’Imperatore Traiano (che era di origine iberica), a quella araba, più evidente nell’Alcazar, che ricorda quelli andalusi, fino ai monumenti espressione degli anni in cui divenne residenza ufficiale dei Re di Castiglia (dal XIII al XV secolo).
Segovia riesce a stupire per la sua eleganza e la sua ricercatezza, per la sua grandiosità (la Cattedrale è definita per le dimensioni “La Signora delle cattedrali spagnole”) e la sua intimità e anche per la sua natura perché i rilievi e la vegetazione della Sierra de Guadarrama le regalano un bel clima fresco tutto l’anno quando a Madrid o nella Mancha ad esempio si soffoca per il caldo.

A soli 12 Km dal centro cittadino si può visitare anche un parco naturale che ospita cervi, caprioli, mentre l’architettura civile presenta molti palazzi storici, facciate medievali, torrette, portici, case con gli esgraviados segovianos, ovvero i rilievi e gli arabeschi qui utilizzati. La passeggiata principale tra la Calle Real e la Calle Dalòiz li mette tutti in rassegna e conclude alla grande la visita di Segovia.

Avila, la religiosa
Il Tour nella Spagna di pietra prosegue con la bella e raccolta cittadina di Avila, racchiusa nella sua splendida cinta muraria. Come Segovia è sede vescovile e patrimonio culturale Unesco dal 1985, più di Segovia è fresca e alta, si trova infatti oltre i 1.100 metri e dona un bellissimo respiro.

I periodi d’oro di Avila furono essenzialmente due: quello intorno al 1088 quando ai tempi della Reconquista Cattolica arrivarono qui i mozarabi, gli spagnoli cristiani che vivevano sotto il dominio degli arabi, e molti ebrei e moriscos, ovvero gli arabi ormai battezzati e integrati e in fuga dalle persecuzioni che subivano in Andalusia. Tutti loro e tutti insieme, a testimonianza ancora una volta del valore sociale e culturale della mescolanza etnica, contribuirono a un’età ricca di commerci, di traffici e di arte.
Il secondo momento propizio di Avila fu quello caratterizzato dal regno di Filippo II che donò alla città un importante sviluppo politico, culturale e religioso. Crebbero come funghi le chiese, i conventi, i chiostri, i monasteri, fu questo l’ambiente pieno di fervore mistico che vide la predicazione di Santa Teresa e la fondazione del primo ordine delle Monache Carmelitane Scalze.
Dio, la Patria, le Conquiste, il Re: è facile capire perché la Castiglia y Leon sia diventata nel tempo la regione forte e conservatrice di Spagna, così vicina all’Escorial, così ferma nei suoi valori tradizionali.
La visita di Avila richiede un giro delle sue mura, davvero lunghe e belle, una sosta alla Plaza del Mercado Chico e una davanti alla Cattedrale, primo esempio spagnolo del passaggio dallo stile romanico a quello gotico. Più ovviamente la visita al Convento, alla Chiesa e al Museo di Santa Teresa e a un paio di Palazzi rinascimentali coi portali scolpiti, quello de los Aguilàs e de los Verdugo.

Salamanca, capolavoro di pietra
E infine arriva lei, già sulla strada collinare in direzione del Portogallo, un luogo dove la pietra crea davvero magie, così nobile, chiara, ornata, levigata: Salamanca.

Una città vitale e culturale anche, perché piena dell’energia degli studenti universitari e di quelli stranieri che la scelgono per imparare la lingua spagnola.
Come le altre due sorelle di pietra è il terzo patrimonio Unesco scelto nell’altopiano della Castiglia negli anni’80, forse il più simbolico e il più meritato. Perché la sua Università fondata nel XIII sec da Alfonso IX di Leòn è la più antica di Spagna e perché la scuola filosofica di Salamanca, all’epoca, si è distinta soprattutto per la riflessione sul diritto naturale, a partire dall’incontro-scontro tra Spagnoli e Indios, nel Nuovo Mondo.
A Salamanca, tra le sue campagne piene di tori neri e i suoi vicoli, chiostri e campanili di pietra sono passati un po’ tutti, da Annibale ai Romani, che costruirono il ponte sul fiume Tormes ancora esistente, dai Barbari ai Mori, dai Reali Cattolici ai seguaci di Franco che nella Plaza Mayor ricevette i consoli nazisti e fascisti al tempo della rovinosa Guerra Civile.


Pare che il nome della città derivi da una parola sia romana che celtiberica, “helmantica”, il cui significato è molto legato alla bellezza del luogo: significa infatti “luce divina benedetta”, quasi a descrivere l’incanto prodotto dal sole e dalla luna che si riflettono sulla pietra.
Già sole e luna, perché se è normale immaginarsi la città artistica di giorno, con la luce che inonda tutto, la Plaza Mayor, la Cattedrale, l’Università con la sua facciata decorata secondo lo stile plateresco, la meravigliosa Casa de las Conchas con la facciata gotica ornata dalle conchiglie-simbolo di San Giacomo, gli altri palazzi nobili come quello di Monterrey, e le torri e le vie lastricate in pietra e i conventi coi chiostri come quello delle Duenas, le suore dominicane, altrettanto poetica e romantica è la città notturna, la sua versione più crepuscolare, più intima, che ho apprezzato tantissimo anche in occasione di un Capodanno, accompagnato da una ragazza spagnola che ovviamente ha reso Salamanca un ricordo ancora più forte.

La città si visita a piedi, tranquillamente, entrando magari proprio dal ponte romano, facendo shopping in Calle Toro o in Calle Zamora, andando alla scoperta delle piazze e dei campanili, fino a quello della Clerecià, il Collegio della Compagnia di Gesù in stile barocco, fino al Giardino di Callisto e Menebea che è un piccolo tesoro nascosto, fino alla doppia Cattedrale che ha ospitato esami e banchetti, concili e tribunali dell’inquisizione, cerimonie religiose e reali, per scegliere poi un bar de tapas sotto i portici della scenografica Plaza Mayor o anche nascosto nei vicoli di pietra chiara e bere, parlare, ballare, mangiare, ridere tutta la notte con qualche studente proveniente dagli angoli più diversi del mondo.
Bellissimo.
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