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Diario di Spagna / I grandi reportages

Diario di Spagna: Le regioni silenziose – seconda parte

La notte dei mulini

Ognuno di noi in base al livello di relazioni che intreccia col resto del mondo può essere un animale sociale, ma nei momenti di riflessione filosofica, che spesso capitano nei viaggi, può anche sentirsi un uomo solo. Coi propri sogni, i propri ricordi, i propri ideali. Con notti un po’ speciali che ti presentano tutte insieme il conto della vita passata o ti illuminano a sorpresa su squarci di futuro. E diventano un simbolo delle nostre fantasie, come delle nostre battaglie.

Aspettavo tantissimo i mulini della Mancha ma mai li avrei ritenuti capaci di donarmi questa passeggiata nello spirito

Aspettavo tantissimo i mulini della Mancha ma mai li avrei ritenuti capaci di donarmi questa passeggiata nello spirito, di coinvolgermi emozionalmente così tanto. Ricordo benissimo quella giornata bollente del mio viaggio da una regione silenziosa all’altra, dall’Extremadura a La Mancha.

La Mancha di Consuegra e Campo de Criptana nel caso specifico, l’immagine fissa nella retina dei mulini a vento costruiti in fila e del severo castello a fargli compagnia, tutti posti a guardia di un arido e immenso altopiano. La Mancha che in questi mulini ormai fermi, che produssero grano per tutta la Castiglia, ha il suo simbolo architettonico e paesaggistico più forte. La Mancha percorsa in lungo e in largo da Don Chisciotte, esempio pittoresco e simbolico di cavaliere errante, di sognatore incerto, di vincitore di nemici immaginari, di eroe delle campagne e delle donzelle dei poveri villaggi come Dulcinea. La Mancha di Sancho Panza, il suo umile servitore e scudiero, simbolo di una saggezza e di una furbizia più umile, terrestre, popolare, “capace per il campo come per il mercato”, sempre dedito ai lamenti e a soddisfare una fame atavica. La Mancha di Ronzinante, di cavalli spelacchiati e dal passo pigro, quasi da asini, quasi a subire il sole e la polvere e la stanchezza di un girare un po’ folle, un po’ romantico e un po’ utopico.

Don Chisciotte e Sancho Panza li avrei visti più tardi in Plaza de Espana a Madrid, ritratti in una doppia statua

Don Chisciotte e Sancho Panza li avrei visti più tardi in Plaza de Espana a Madrid, ritratti in una doppia statua posta ai piedi di un alto grattacielo, loro, due personaggi da film in bianco e nero, da romanzo di formazione. Loro due capaci come poche altre coppie della storia della letteratura di evocare insieme i fantasmi di una grandezza passata e vuota.

Vuota come La Mancha che si sta spopolando per l’emigrazione, vuota come i tanti poderi messi inesorabilmente in vendita. Vuota come le piazze dei paesi nelle calde estate e nei freddi inverni. Del resto le prime luci e le prime mode delle città le trovi a Toledo, non di certo sotto i mulini sfidati come fossero “trenta e più smisurati giganti” da Don Chisciotte.

La predisposizione all’incanto me l’ero comunque cercata coi miei compagni di viaggio, la nostra fedelissima Panda azzurra (diciamolo pure, un “Ronzinante meccanico” !!) con ancora addosso la polvere dell’Andalusia e dell’Extremadura arrivava ora qui, sotto la mitica collina dei mulini. Volutamente non avevamo prenotato nulla perché avevamo deciso che il genius loci della regione più letteraria e nuda di Spagna dovesse entrarci definitivamente dentro. E quindi dopo la cena in una semplice taverna di Consuegra a base di empanadas col pisto manchego (stufato di verdure estive servito con uova fritte e prosciutto) eccoci pronti a tirare fuori i sacchi a pelo sotto i mulini. A guardare le stelle oltre le loro pale immobili. A sentirci protetti da quella mole robusta e immobile di calce bianca. A immaginarci le scorribande, i duelli, le figure goffe di Don Chisciotte (nell’assalto ai “giganti”, la sua lancia si impiglia nelle pale del mulino e lui cade rovinosamente a terra) le sue esagerazioni, i suoi disastri, la sua bizzarria, la serie infinita e ridicola di “disugual tenzone”, quella dialettica sempre pomposa e fiorita, le sue cadute d’umore ma in fondo anche il suo coraggio e la sua vitalità.

quei mulini a parlarmi di una vecchia e affascinante storia impersonata dal più visionario degli hidalgo

Riguardo indietro, ripenso indietro e credo che in fondo avremo dormicchiato al massimo un paio d’ore quella notte, perché poi c’erano altri ragazzi e una chitarra e una bottiglia di vino tinto a farci compagnia. Sarà stata vagabonda, scapestrata, di certo non rischiosa perché la Spagna centrale è uno dei posti più tranquilli della terra, ma io quella notte sotto i mulini non la dimentico. Per la poesia e l’energia che mi ha dato, per la bellezza di ogni minuto trascorso, per quel cielo nero, quella luna rassicurante, quei mulini a parlarmi di una vecchia e affascinante storia impersonata dal più visionario degli hidalgos.

Una storia dopotutto cavalleresca ed epica e che ha lasciato nel vocabolario degli uomini una frase-simbolica: l’inutilità del “lottare contro i mulini a vento”

Una storia dopotutto cavalleresca ed epica e che ha lasciato nel vocabolario degli uomini una frase-simbolica: l’inutilità del “lottare contro i mulini a vento”.

Tra Albacete, Ciudad Real e Cuenca

Il viaggio proseguì tra altri mulini, paesaggi vuoti e aridi, cieli immensi, sole che sfidava il sole stesso per quanto era caldo, rovine di castelli medievali, campanili che spiccavano nei prati gialli, pueblos antichi e addormentati nella terra. Ricordo campi agricoli secchi, muretti di pietra con dietro un mulo o un asino, carretti abbandonati, i boschetti intorno a Cuenca, le distese di zafferano, le contadine col passo lento, il suono puntuale delle campane, le piazze vuote a mezzogiorno animarsi pian piano dall’ora della corrida in avanti. E tornare comunità.
E qua e là altre memorie emergono, la facciata della ricca cattedrale di Cuenca contornata da case che sembrano sospese nel vuoto delle forre circostanti, i torrioni arabi di Guadalajara. E mi torna in mente il giochino imparato in Extremadura, quello dei nomi delle città spagnole esportate in America dai conquistadores, infatti oggi esistono Guadalajara in Messico e Cuenca in Ecuador. Altri cavalieri, meno erranti e più sanguinari, partirono sicuramente da qui. E anche El Cid Campeador dal castello di Consuegra sfidava le armate dei Mori per la riconquista cristiana e cattolica del suolo natìo.

a facciata della ricca cattedrale di Cuenca contornata da case che sembrano sospese nel vuoto

Proseguendo a sfogliare l’album della memoria di quei tre giorni in giro per La Mancha ecco il castello carismatico di Belmonte, il convento visigoto di Melque, il villaggio di Puerto Lapice che nel romanzo è il luogo di investitura del magro e ossuto cavaliere, il villaggio di El Toboso dove c’era la casa di Dulcinea, il gioiellino della Plaza Mayor di Ahnafro coi portici e le verande di legno pitturate di verde, il quartiere ebraico e l’Alcazar di Ciudad Real, il grappolo di case di Albacete con gli edifici storici della Posada del rosario e il Recinto Ferial, il suo Museo archeologico con reperti e mosaici e bambole in avorio del tempo dei romani, le stradine di questa provincia agricola che si perdevano all’orizzonte, abitate solo dai greggi di pecore e dalle sagome nere dei cartelloni coi grandi tori e poi improvvise le alture delle sierras, le rocce e i fiumi che vedevano Don Chisciotte avanzare, sbuffare e parlare, parlare, parlare…
Come per contrasto con la laboriosa dialettica del personaggio di Cervantes e lo sbandieramento dei suoi sentimenti di giustizia mi ha coplito invece la timidezza e l’attitudine al silenzio degli abitanti moderni della Mancha.

il quartiere ebraico e l’Alcazar di Ciudad Real, il grappolo di case di Albacete
e poi improvvise le alture delle sierras, le rocce e i fiumi che vedevano Don Chisciotte avanzare

Ma nulla di tutto questo ha superato la magia della notte dei mulini, di quelle ombre, di quei pensieri, perlomeno fino al momento di arrivare a Toledo…

Un salto nel tempo nella magnifica Toledo

L’elenco del suo patrimonio culturale, storico e artistico è veramente impressionante: la meravigliosa Cattedrale gotica di Santa Maria inaugurata l’anno della Scoperta dell’America, la sagrestia-pinacoteca coi capolavori dpinti da El Greco e da Goya, l’antichissima Sinagoga del Transito memoria del passato e dell’artigianato ebreo della città, l’altra delicata sinagoga, quella di Santa Maria la Blanca, più capace di evocare ricordi arabi, lo scenografico Ponte con la Porta di San Martino, il Monastero di San Juan Los Reyes in stile mudejar ma voluto dai re cattolici, la robusta fortezza dell’Alcazar emergere dal mare dei tetti, oggi Museo dell’esercito, e poi la Chiesa dei Gesuiti per ammirare la città più bella de La Mancha dal suo punto più alto.

la cartolina del centro storico che si innalza poetico e raccolto sul fiume

In più la cartolina del centro storico che si innalza poetico e raccolto sul fiume, lo stesso Tago che molto più a ovest sfocia a Lisbona; le botteghe che vendono spade di tutte le foggie, o preziosi gioielli d’oro e d’argento, o succulenti prosciutti; i ristorantini dove gustare un monumentale capretto all’aglio, cotto in tegami di terracotta, o qualche formaggio, o qualche ricetta culinaria della tradizione ebraica. Per finire coi dolcetti del famoso marzapane locale.

A Toledo cammini e ogni angolo è una meraviglia, ogni vista della città ti svela un aspetto delle tre culture che l’hanno caratterizzata

A Toledo cammini e ogni angolo è una meraviglia, ogni vista della città ti svela un aspetto delle tre culture che l’hanno caratterizzata: quella cristiana, quella ebrea, quella araba. Un riassunto della storia di Spagna, un’emozione vivente, in ogni sua muraglia, in ogni sua porta, in ogni sua croce, in ogni sua piazza. E lo confesso: da piazza Zocodover siamo saliti sul trenino turistico per un giro panoramico fino al Mirador del Valle, con una spada in mano per infilzare candidamente qualche Dulcinea di passaggio!

da piazza Zocodover siamo saliti sul trenino turistico per un giro panoramico fino al Mirador del Valle

Finisce tra questi vicoli, questa pietra e queste stradine in salita che portano al silenzioso e mistico Quartiere dei Conventi La Mancha, la terra dove lo strano cavaliere contrappose la sua follia alle volgari bassezze della realtà quotidiana. Nei tre tramonti vissuti tra i mulini di Campo de Criptana e Toledo ho sempre sognato di vedere una buffa corazza su un cavalluccio scheletrico stagliarsi all’orizzonte. Accompagnato da un corpulento contadino pronto a vegliare sulla sua mente e sulla sua lancia.

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1 Commento

  • Luigi
    2 Giugno 2022 at 10:29 am

    Racconti entusiasmanti e facilitatori di idee di viaggio..
    Grazie Silvio

    Reply

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