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Diario di Spagna / I grandi reportages

Diario di Spagna: Valencia tra avanguardia e tradizione

Uno sguardo al domani

Cominciamo dal futuro, da quella parte incredibile di città che assomiglia a un pianeta lontano, a un film di fantascienza, a una favola modernista. Nel grande viale che separa il cuore di Valencia dalle sue spiagge e dal suo mare si incontra il grande sogno dell’architetto Santiago Calatrava che ha donato alla bella città mediterranea le linee e le forme ardite che fanno pensare a qualche astronave, a un paesaggio che arriva appunto dal mondo di domani. Bianco, geometrico, razionale eppure fantasioso, un esempio unico di design fieristico e post-industriale.

Il rimpianto di Roma

Il ricordo principale del viaggio a Valencia va proprio alla sua “Città delle Arti e delle Scienze”, a quelle lunghe ore al sole trascorse a fotografare i suoi ponti, le sue volte, le sue prospettive; a riposarsi lungo le vasche d’acqua, sotto le file di palme, sotto quelle enormi costruzioni che assomigliano a ragnatele, a scarabei, a filamenti del Dna umano! Puoi entrare certamente nei suoi spazi, curiosare, ammirare un museo, un acquario, una serie di strabilianti esperimenti scientifici (la città di Calatrava è esperenziale e interattiva, vive del motto “vietato non toccare”), ma quello che ti cattura di più è il volto esterno del quartiere, così luminoso e così strano, avveniristico e spaziale. Nato sul letto prosciugato del fiume Turia, su quella che era l’arteria di collegamento per il distretto costiero di Nazaret.
Inevitabilmente mentre abbracci tutto con lo sguardo, mentre ti immagini i primi disegni progettati da Calatrava, da abitante di Roma il pensiero corre all’enorme vela bianca abbandonata di Torvergata, quello che doveva essere lo Stadio dei Mondiali di Nuoto, oggi rimasto silenzioso tra le sterpaglie di una borgata, a due passi dall’autostrada Roma-Napoli, a simboleggiare l’ennesimo fallimento delle nostre amministrazioni, un mare di soldi inutilmente spesi. Ci tocca in sorte di sapere che esiste Valencia, dove il genio di Calatrava si è messo spettacolarmente in azione, e allo stesso tempo veder arrugginire il monumento romano, recintarlo contro le occupazioni dei nomadi, non mortificarlo ulteriormente contro la rovina del tempo. A Valencia i convegni delle Archistar, sotto la Vela di Roma le riprese della serie Suburra…

La Città delle Arti e delle Scienze

Anche a Valencia questa area industriale era ormai abbandonata, svolgeva più che altro le funzioni di grande magazzino del porto cittadino: scarti di materiali, ferraglie, hangar, depositi, polvere, rifiuti… Un uomo e anche un governo sono stati però capaci di ripensare lo spazio, di progettarlo da capo, di renderlo ecosostenibile, artisticamente e urbanisticamente spostato nel futuro, un po’ come è accaduto a La Barceloneta. Perché la Spagna ce la fa e noi no? Non siamo entrambi latini, fantasiosi, capaci di creare? Possibile che l’arte italiana debba restare solo al museo e mai trasformarsi in avvenire?
La grande opera di Calatrava ha migliorato la qualità della vita di Valencia, ha attirato studiosi e artisti scienziati e turisti, ha rimesso la città nelle mappe mondiali e le ha donato anche una bella fetta di ricchezza: si calcola oltre 110 milioni di Euro l’anno tra mostre, visite e arrivi di charter da tutta Europa. Tra il 1996 e il 2009 sono sorti l’Emisfero che ha la forma di un occhio umano e che ospita il Planetario e un cinema dallo schermo di 900 mq (!!); il Palazzo delle Arti Reina Sofia che per qualcuno ricorda un grande elmo o la struttura di un cranio, con l’immenso Auditorium utilizzato per ospitare i concerti di musica e gli spettacoli di danza; il Museo della Tecnica e della Scienza Principe Felipe che è un luogo pieno di luce grazie alla sua immensa galleria vetrata, la cui forma fa pensare allo scheletro di una balena; l’Agora come grande piazza coperta pensata per i congressi e le rappresentazioni teatrali; l’Oceanografico, l’Acquario più grande d’Europa, che ospita 45.000 esemplari, un ristorante e un auditorium; il parco industriale, il giardino d’inverno, le enormi piscine, i ponti slanciati come L’Assut d’Or, le biblioteche, altri ristoranti, bar, negozi.
Anche il rapporto tra architettura e acqua si fa speciale a Valencia, perché l’acqua dilata la percezione dell’architettura, la riflette, la avvolge, la sublima. E costruzione dopo costruzione, in un miracolo ripetuto di design, divertimento e cultura, Valencia si può dire che abbia raggiunto e forse superato la vetta del modernismo spagnolo rappresentato dal Museo Guggenheim di Bilbao.

Una paella sul mare

Con gli occhi ancora pieni dello stupore architettonico firmato Calatrava ci dirigiamo verso il mare dove la città davvero somiglia a Barcellona per il lungo litorale cittadino abilmente e velocemente riqualificato, per gli abitanti che cercano lo svago e il sole e la pigrizia del Mediterraneo.
Lungo un molo si contano infiniti ristoranti di paella, il favoloso piatto spagnolo che ha in Valencia il suo luogo d’elezione. Su enormi sartanas, delle padelle nere dal bordo basso, cuociono le prelibate combinazioni a base di riso: coi frutti di mare, i calamari, i gamberoni, con la carne di pollo, coniglio, il pesce locale a tranci, le saporite verdure della regione come i peperoni, i piselli, i fagioloni verdi…, trovi il riso nero col solo sapore del mare e pieno di seppie, il riso giallo allo zafferano col solo sapore della campagna, le novità di paella gourmet con le aggiunte di anatra, carciofi, lumache.
Ne proveresti a decine, ogni piatto è delizioso, col riso croccante, gli ingredienti che si fanno compagnia in modo speciale, il profumo che pervade l’aria, il mare e il sole difronte, la dolce vita assoluta. La regola principale, attenzione, è gustarla di giorno, a cena infatti parecchi ristoranti le offrono riscaldate e l’esperienza è completamente diversa.
Per i valenciani la paella è il piatto tipico della tradizione, dei pranzi domenicali in famiglia, per i turisti una tentazione giornaliera. Proviene come spesso capita dalla cultura popolare, infatti i contadini già nel XV secolo quando tornavano a casa dal lavoro nei campi o nelle risaie dell’Albufera mangiavano spesso questo piatto unico, cucinato a fuoco lento sopra l’aromatica legna d’arancio con la bontà e la fantasia di tutti gli ingredienti disponibili. Era un mangiare conviviale e comunitario, per questo si vedono ancora oggi molti spagnoli che lo mangiano insieme da un’unica padellona, servendosi coi cucchiai di legno.

Il centro storico di Valencia

Altre delizie alimentari si gustano nel centro storico di Valencia, vecchio di duemila anni, ben conservato, con vestigia romane, testimonianze artistiche arabe e della Reconquista cristiana.
Ecco quindi che stimolati da un certo appetito nel giro a piedi della città entriamo nel famoso Mercato Centrale al coperto dove si alternano bar de tapas a veri musei del prosciutto, il mitico jamon iberico o de pata negra. Si tratta del Mercato di prodotti freschi più grande d’Europa, costruito con ampio uso di colonne di ferro, piastrelle di ceramica e vetrate: la gola tra le 1.200 bancarelle segue davvero mille tentazioni, del mare e del campo (uniti nella ricetta tipica di anguilla e patate), delle spezie e della frutta.
Prima o dopo un assaggio indimenticabile dei vari spuntini spagnoli visitiamo il Municipio, la Plaza de Toros, la Borsa della Seta, la pittoresca Piazza Rotonda e la bella Cattedrale che mischia più stili (gotico, barocco, romanico), già famosa per il suo campanile panoramico e gli affreschi rinascimentali ma addirittura mitica perché sembra che custodisca il Santo Graal dell’ultima cena di Cristo!
Tutto vicino, nel cuore di Valencia, tra viuzze strette, locali affollatissimi di giovani, piazze che si aprono all’improvviso e un’atmosfera da città gaudente.

Fino a che i nostri passi indugiano più volentieri nel Barrio del Carmen, sorvegliato dalle robuste e medievali Torri di Serranos e di Quart. Angoli poetici, scene di vita popolare, la Valencia più storica e più autentica da godere minuto per minuto, dalla Piazza dell’Albero alla Casa del Gatto, da Plaza del Negrito a Calle Caballeros, entrando nelle gallerie d’arte e nei piccoli riti e segreti di un territorio bohemièn, con la vita serale che immancabilmente si anima intorno a la Plaza de Tossal.

Valencia verde

A questo punto ci mancano soltanto un paio di aspetti della vita valenciana da scoprire.
Il primo è verde, ovvero una lenta passeggiata in bicicletta nel Parco del Turia, passando sotto 18 ponti e tra giardini che hanno preso il posto del letto del fiume. Qui vengono tutti volentieri, famiglie, giovani, turisti, bambini, perché il parco è pieno di percorsi sportivi, di scivoli, di angoli rilassanti, perché lungo l’itinerario si scoprono i principali monumenti e musei della città, perché l’aria è dolce e profumata grazie alla presenza di palme, aranci, roseti, pini, stagni, fontane.

Valencia rossa

Il secondo è rosso, si chiama La Tomatina e va in scena ogni anno a Bunol, un paesino di campagna della comunità valenciana. Se capitate qui l’ultimo mercoledì d’agosto, Festa del patrono locale San Luigi, siatene coscienti: arriverete a sera coi pomodori che vi usciranno dalle orecchie, ben amalgamati nei capelli, coi vestiti che saranno da lavare e strizzare perché bagnati e allegramente sporcati dalla succosa polpa rossa.
Pare che la Fiesta, seconda per clamore e follia in Spagna solo a quella di San Firmino a Pamplona, sia nata nel 1945 alla fine di una sfilata di pupazzi giganti: uno cadde per terra, la reazione fu un lancio di pomodori e rapidamente cominciò questa specie di guerra agricola! Proibita negli anni della dittatura franchista, come tante altre cose alla morte del Generale ricominciò più bellicosa e assurda di prima. Occhio pertanto ai lanci a sorpresa, alle mitragliate di salsa, al peso dei pomodori più grandi lanciati dai balconi (anche se per regolamento andrebbero tirati solo i pomodori già schiacciati), ai secchi di ortaggi marci rovesciati dai camion, perché nelle strade di Bunol La Tomatina non ha pietà di nessuno. Neppure dell’evidente spreco alimentare.

Questi i numeri di una edizione normale: 50.000 mila partecipanti, la metà turisti, 150 tonnellate di pomodori maturi lanciati in faccia alla gente. La battaglia dura un’ora soltanto, dalle 11.00 alle 12.00, è annunciata e conclusa da un razzo pirotecnico, ma è terrificante, lascia Bunol in un mare di rosso, con qualche ferito serio, con qualcuno affogato nella salsa per ore e ubriaco di pomodoro al suolo di un’alba estiva valenciana. Il tiro delle arance nella nostra Ivrea al confronto è un gioco da ragazzi. Gli ultimi lanciatori si fanno fare la doccia col tubo che esce per solidarietà dalle case degli abitanti.
Ecco due degli ultimi spot de La Tomatina, presi da you tube, giudicate voi:

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