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Est remoto – seconda parte

Minsk, profondo Est

Minsk, profondo Est

Stavolta la testimone del tempo (mi ricordo questo titolo da un libro di interviste di Enzo Biagi ai grandi del ‘900, chiaramente il mio è un modestissimo controcanto dedicato a persone silenziose e sconosciute) è la badante bielorussa di una vecchia zia.

Siamo ancora dalle parti di un Est europeo profondo e tormentato, questa dolente signora mi racconta quello che può (ha paura che la spiino anche qui…?) e quello che ricorda nel suo zoppicante italiano della capitale bielorussa, vittima di una opprimente dittatura e oggi principale alleata di Putin nella guerra con l’Ucraina.

Olga sembra per davvero il ritratto perfetto di una donna d’oltrecortina, da vecchio impero sovietico, dura, impaurita, i vestiti casuali addosso, privi di note di colore, la foto in bianco e nero della famiglia sulla dispensa in cucina, gli occhi cerulei che celano un passato difficile.

E’ pur sempre la mia città

Davanti a un thè mi si apre per la prima volta: “Minsk presenta la tipica architettura delle dittature, è una città con una urbanistica razionale ma fredda, spigolosa, geometrica e ripetitiva. Perché completamente rasa al suolo nella seconda guerra mondiale e quindi capace di offrire ben pochi colori, ben poche emozioni… ma è pur sempre la mia città”.

Minsk presenta la tipica architettura delle dittature, è una città con una urbanistica razionale ma fredda, spigolosa

Mi capita spesso così, che quando conosco qualcuno che viene da un posto remoto mi apre una finestra sul mondo e mi ritrovo a leggere, a cercare delle notizie in più. Beh…. la prima cosa che mi pare evidente è che la Bielorussia è un’incredibile finestra sul passato, sull’impero, sul significato di tutte le dittature del mondo. E che i suoi abitanti, i suoi figli, sono persone che si muovono in silenzio e lavorano in silenzio.

L’ultimo dittatore

Sapevo già qualcosa delle numerose malefatte di Lukashenko, ultimo dittatore comunista d’Europa, isolato da tutti gli stati dell’Europa Occidentale per i brogli elettorali e per il suo ripetuto ed irriverente mancato rispetto dei diritti umani. Uno a cui un nostro indimenticabile Presidente del Consiglio disse: “Tanti auguri a lei, al suo governo e alla sua gente che so che la ama e questo è dimostrato da tutti i risultati delle elezioni che sono di fronte agli occhi di tutti e che tutti noi conosciamo ed apprezziamo”. Anni fa un po’ di accordi industriali e soprattutto dei bei rifornimenti di gas in Italia si ottenevano anche così, inchinandosi davanti a questi falsi plebisciti.

Lukashenko, ultimo dittatore comunista d’Europa

Ma cosa ho trovato su materiali e notizie provenienti da Amnesty International, dal web, dai giornali internazionali? Una serie di “prove” a dir poco incredibili, se non sapessi purtroppo che sono vere e fondate. Per esempio nel dicembre del 2010 la situazione è precipitata. In risposta alle ultime elezioni truccate la gente, con coraggio, è scesa in piazza. L’esercito ha caricato e arrestato centinaia di manifestanti democratici. Sannikov, il capo dell’opposizione, accusato di aver fomentato gli scontri avvenuti in centro, è stato condannato a cinque anni di carcere e torture. Pochi giornalisti coraggiosi “sono stati suicidati” facendo trovare accanto ai loro corpi farmaci o bottiglie vuote per derubricare la disgrazia con un “eccesso di depressione”. Le libertà (?) personali sono state limitate al massimo. Praticamente abolite. Internet è stata messa sotto perenne controllo per non permettere la fuga o la ricezione di notizie compromettenti. Telefonate e sms intercettati. Le grandi manifestazioni vietate e sorvegliate perché la patetica “Legge sulle azioni delle masse” ha puntato negli ultimi dieci anni a proibire i raduni premeditati in luoghi pubblici e anche – udite, udite – gli applausi ironici sotto i palazzi del potere pesantemente puniti.

Che nemico pericoloso l’ironia!!

Solo a Minsk in tutta Europa si rischiano quindici giorni di carcere per un applauso. L’ultima difesa del popolo contro il dittatore è stata quindi quella di camminare (tutti separati ovviamente e senza mai fermarsi) e di ridere davanti ai militari. Sguaiatamente. Gioiosamente. Disperatamente.

No. Ridere in Bielorussia non è ancora proibito. Mr. Lukashenko, sarà una risata che ti seppellirà?

Olga me lo conferma guardando in basso: “A Minsk e in tutta la Bielorussia milioni di microfoni sono nascosti ovunque, anche nelle case private. A certi “pericolosi rivoltosi”, come vecchi, donne, ragazzi ancora adolescenti, durante gli interrogatori, venivano mostrate loro montagne di trascrizioni di colloqui riguardanti la loro vita privata”. Manco fossero protagonisti di un moderno 1984. Dio, Orwell, quanto avevi visto lontano.

Olga me lo conferma guardando in basso: “A Minsk e in tutta la Bielorussia milioni di microfoni sono nascosti ovunque...

Gas e carta straccia

Il bello è che Lukashenko prima di diventarne definitivamente servo, coi russi ci ha pure litigato! Gazprom, il gigante russo dell’energia, ha per decenni inviato il gas in Europa proprio attraverso le condutture bielorusse. Lukashenko in alcuni periodi esigeva dai Russi pagamenti arretrati per il loro uso. I Russi si rifiutavano di pagare e, a loro volta, aumentavano il prezzo del gas, cui la Bielorussia del dittatore si opponeva, anche perché, per anni, ne aveva usufruito a prezzo di favore, in cambio del suo supino supporto politico al Cremlino. E se i russi dal gas non ottenevano i loro guadagni, semplicemente, gliene tagliavano la fornitura, come stanno facendo adesso con l’Occidente europeo per i risvolti della guerra in Ucraina. Con la crisi del gas, della politica, delle industrie e della libertà i bielorussi si sono ritrovati in mano una montagna di carta straccia. I negozi quasi vuoti, la mancanza di carne, i prezzi alle stelle di pane, alcol, tabacco, l’inevitabile inflazione, in un circolo vizioso difficile da fermare.

Lukashenko in bolletta trascina il paese in una caccia di prestiti battendo cassa presso i regimi più illiberali e antidemocratici (Iran e Cina, ad esempio), alla ricerca di riserve energetiche che dalla Russia non possono più arrivare a un prezzo decente. Inoltre il “governo” bielorusso negli anni peggiori della crisi, quelli in cui una come Olga è scappata via di corsa, si è detto pronto a privatizzare le proprie risorse nazionali, a vendere alla Russia quel che resta dell’industria energetica nazionale, che dà allo stato oltre il 70% delle entrate, a prosciugare le paludi che lo caratterizzano, le più estese rimaste in Europa, per poter trarre energia e carburante dalla torba.

Chiaramente il consenso del dittatore è andato in picchiata. Ma a cosa serve se poi tutte le elezioni continuano a essere truccate? In più adesso il prezzo dei morti per la guerra di Putin. Scommettiamo che però prima o poi cadrà anche l’ultimo dittatore d’Europa magari scappandosene con la cassa in qualche “stato amico” o in qualche repubblica delle banane?

La Prospektiva e Madre Natura

La Prospektiva e Madre Natura

Olga raccontami altro, descrivimi Minsk, la gente, cosa ti manca.

La Prospektiva che attraversa il centro, otto corsie una volta chiamate Lenin, però è bella quando è tutta illuminata, presenta in fila i palazzi da realismo socialista, tutti targati anni Cinquanta, che sono l’essenza di Minsk. Vanno mostrati, anche a mezzanotte”.

Mi spiega che Minsk ha tutto grande: le strade adatte alle parate militari e alla vanagloria del dittatore, i palazzi del potere e del KGB, quelli ridicolosamente neoclassici quasi a identificarsi con gli ideali della bellezza greca, quelli di cemento delle anonime periferie, la statua colossale di Lenin, il teatro del balletto tutto di marmo bianco, qualche fontanone, qualche casinò, le stazioni della Metro, lo stadio della Dinamo Minsk, il Museo della Guerra patriottica, il Palazzo delle Corporazioni, la Piazza della Vittoria con l’alta colonna che commemora i numerosi caduti della Seconda Guerra Mondiale sormontata dalla stella a cinque punte e dalla scritta CCCP, gli enormi centri commerciali sulla via dell’aeroporto, la biblioteca nazionale sorvegliata dalla statua del Gutenberg slavo fatto assomigliare, chissà perché alla Morte Nera di Guerre Stellari. Gigantesco ovviamente anche lo stadio dell’hockey, perché è questo lo sport preferito di Lukashenko.

La poca fede rimasta Minsk la dispiega dentro le sue chiese ortodosse, che hanno elementi bizantini, mosaici di pope e santi, tetti e cupole a cipolla dorate. Una è interamente di legno e dalle immagini che trovo sul web ricorda le stavkirke scandinave.

Me li immagino gli estesi boschi di conifere di cui una volta Minsk era circondata

Olga in qualche chiacchierata successiva ha capito che per tirarmi su il morale doveva “regalarmi” qualche racconto più sereno e quindi è passata a ricordare gli aspetti più naturalistici del suo paese. Me li immagino gli estesi boschi di conifere di cui una volta Minsk era circondata. “In alcuni, un po’ più a sud, sopravvivono gli ultimi, rarissimi bisonti europei, insieme a lupi, orsi ed alci. L’aria è pulita. Frizzante. Non ci sono periferie di brutti e alti palazzoni, accade raramente. Non è l’alienazione periferica di Mosca, è più una campagna a misura d’uomo. E’ un improvviso passaggio al verde intenso dei prati, a case basse e colorate, con i tetti a punta e le tegole di metallo”.

Minsk ricorda

La città vecchia di Minsk è un’eccezione, è l’unica parte che è stata ricostruita come prima. Le strade sono strette e in ciottoli, i colori delle case sono pastello e assomigliano a molte delle abitazioni viste nella città sul Baltico, Tallinn, Vilnius… Questo quartiere si affaccia su una larga ansa del fiume Svislach che scorre lento, ed è diventato uno dei centri della vita notturna. “Ecco, mi piaceva bere e ballare lì da giovane”. Ma basta attraversare un piccolo ponte che l’allegria dei divertimenti cessa, all’improvviso. Il monumento ai caduti in Afghanistan si trova sull’Isola delle Lacrime. E’ alto, geometrico, rigoroso. Le madri velate, cui si deve la costruzione del monumento, piangono disperate, nella muta pietra, i figli caduti o scomparsi. I nomi, tanti, tantissimi… Nessuna elegia, nessun segnale di trionfo: “quando lo guardi pensi solo al dolore di ogni guerra e infatti Lukashenko lo avversa ferocemente”.

Olga mi guarda, ha capito che è tornata a rattristarmi. Si mette a cucinare un piatto che ricorda la sua amata seljanka, con carne affumicata, panna acida, aneto, verdura, frutti di bosco. Spera che la prossima volta potrà raccontarmi storie diverse, magari di libertà o dei voli delle cicogne di cui la Bielorussia è piena. Quando esce dalla casa di mia zia per qualche ora di relax la vedo sempre camminare via veloce, senza fermarsi, senza parlare con nessuno. Minsk l’ha segnata così.

La città vecchia di Minsk è un’eccezione, è l’unica parte che è stata ricostruita come prima

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