Menu
Storie dal mondo

Geografia delle statue cadenti – seconda parte

Gli esempi storici dalla Grecia antica alla Russia moderna

All’alba dei tempi, le statue religiose dell’Acropoli di Atene venivano distrutte dai Persiani. Quelle di Nerone lo erano dopo il suo rovinoso incendio di Roma. A cadere erano modelli culturali, valori ritenuti diversi o profani, personaggi ingombranti o giudicati folli.
Per non parlare delle tante teste di marmo (e non solo) cadute durante la Rivoluzione Francese o della distruzione di chiese, croci, altari e reliquie da parte degli anarchici durante la Guerra Civile Spagnola perché la chiesa cattolica era vista come parte integrante della cultura franchista e fascista.
Da ricordare la rimozione di Trotsky da tutti i quadri nella Russia di Stalin o quella delle statue di Mussolini in Italia dopo la Caduta del Fascismo.

la statua imponente dello stesso Stalin abbattuta davanti al Teatro nazionale di Budapest nel 1956

Per restare in tema di personaggi russi ecco la statua imponente dello stesso Stalin abbattuta davanti al Teatro nazionale di Budapest nel 1956, nell’Ungheria appena liberata dai carrarmati dell’Armata Rossa. O le numerose statue di Marx, Engels e Lenin scaraventate al suolo in Europa centrale dopo la caduta del Muro di Berlino, ritenuti colpevoli di un credo politico e intellettuale visto come la primaria causa di repressioni e disastri sociali.
Clamorose le vicende ucraine: in tutta l’Ucraina ce ne erano 5.500 di statue di Lenin, ne è rimasta solo una, nella foresta bruciata per sempre intorno a Chernobyl e nessuno la tocca perché piace immaginarla dimenticata lì, in quel luogo spettrale di punizione. Lenin ha pagato oltre la sua dottrina l’odio ucraino per l’impero russo.

in tutta l’Ucraina ce ne erano 5.500 di statue di Lenin, ne è rimasta solo una

Nessuna pietà per Churchill, Saddam o Franco

Ultimi anni, ultimi esempi: la statua di Saddam Hussein distrutta a Baghdad nel 2003 a favore delle telecamere Usa; la scritta razzista sotto un busto di Churchill, eroe della seconda guerra mondiale ma ritenuto responsabile di carestie in India e di idee imperialiste o malevole contro i paesi terzomondisti; la rimozione nella Spagna moderna dei resti del Generale Franco nella Valle de los Caìdos, per togliere sacralità a quel luogo e potere ai suoi seguaci; pochi mesi fa in Martinica sono state prese di mira le statue di governatori francesi dell’età post coloniale perché ritenuti troppo paternalisti e colpevoli di aver alimentato il mito del “buon selvaggio”.
Insomma la rimozione, la devastazione di una statua è stata quasi sempre causata o associata alla caduta di un’ideologia. Cade a terra una statua e con essa si opera la distruzione simbolica di un’ideologia, di un potere crudele o malato, di una prepotente supremazia culturale o razziale.

Ipse Dixit

Nel giudicare i recenti fenomeni di rabbia scaturiti dalla rabbia dei neri americani Enzo Traverso in “JacobinMag” parla di moti che rappresentano la battaglia sulla memoria: “non vogliono cancellare il passato, si battono per leggerlo con lo sguardo dei vinti”. Fino a qua è una tesi che mi piace e che mi convince anche.

Le domande

Ma è giusto, qualunque sia il motivo, distruggere? Cancellare tracce, figure, esempi dalla propria storia? Rovesciare non solo semplici statue ma quelli che sono in qualche modo i ritratti artistici di epoche, valori, testimonianze storiche? Forse è vero come osserva Traverso che “le città sono corpi viventi che cambiano in base ai bisogni, ai valori e ai desideri dei loro abitanti, e queste trasformazioni sono sempre il risultato di conflitti politici e culturali” e che “come ogni azione collettiva l’iconoclastia merita attenzione e critiche costruttive, … stigmatizzare con fare sprezzante è semplicemente un modo per fornire alibi a una storia di oppressione” ma io alcune domande me le faccio…
La furia distruttiva rappresenta tutti gli strati di una società contraria ai miti del passato?
Non ci sarà chi vede nel rispetto – anche degli errori, degli orrori, delle colpe più evidenti – una forma alternativa e più nobile di memoria, di non dimenticanza?
Deturpare o distruggere i monumenti dei sovrani o dei dittatori o degli intellettuali con un passato “ambiguo” è l’unico modo possibile per contestare le striscianti forme di razzismo indubbiamente presenti ancora oggi?

Non ci sarà chi vede nel rispetto - anche degli errori, degli orrori, delle colpe più evidenti - una forma alternativa e più nobile di memoria, di non dimenticanza?

In questo modo si nega e si annienta il passato che ha causato odi e sofferenze d’accordo, ma non si annacqua la memoria? Non si sfugge alla responsabilità del giudizio e dell’analisi storica, personale, collettiva, di popolo e di nazione?
Nella storia sono tutti figli e vittime del proprio tempo o debbono o possono valere di più i giudizi a distanza? E l’arte può essere soggetta di continuo a manipolazioni politiche (sia nel costruirla che nel distruggerla una statua)? Ed è giusto che in certi viaggi certi monumenti non si possano vedere più?
E’ con queste modalità distruttive da nuovi barbari o da semplici animi accesi che veramente i vinti potranno vendicarsi dei vincitori? Che i messaggi del passato si potranno dichiarare inattuali o che i volti con delle ombre non saranno più visti come identitari di un popolo e di un paese? Basta tutto questo a mandare nell’oblio un tempo negativo?

Quante statue rimarrebbero in piedi se…

Il giornalista italiano Beppe Severgnini di recente ha dichiarato il suo scetticismo sul fenomeno in corso perché per lui tutto è relativo: “Se un episodio isolato fosse sufficiente per squalificare una vita, non resterebbe in piedi una sola statua. Solo quelle dei santi, e neppure tutte”. Altri intellettuali hanno provocato: se si dovesse buttare giù ogni statua il cui protagonista ha macchie e collusioni con la ferocia, lo schiavismo, il razzismo, la nefandezza morale, quanti re, navigatori, dominatori, condottieri, leader politici rimarrebbero in piedi?? E sul quotidiano “Il Riformista” il monito è stato: “attenzione a buttare giù le statue perché si diventa come i talebani”.

Ed è giusto che in certi viaggi certi monumenti non si possano vedere più?

Meglio nei musei

Un parere moderato che tra i tanti ho apprezzato è quello dell’attuale sindaco di Londra, Sadiq Khan, convinto che tante statue “sono un capitolo della nostra storia, ma andrebbero esposte nei musei, non negli spazi pubblici”. Nei musei perché luogo di studio e di memoria, meno nelle strade e nelle piazze perché luoghi di vita e confronto e di cambiamenti, perché testimonianze più evidenti e più ingombranti.
Con lo stesso equilibrio la direttrice dell’Unesco Azoulay sottolinea che “è legittimo porsi la questione di chi vogliamo ricordare e celebrare e perché, ma decidere se togliere o meno una statua dovrebbe essere il frutto di una riflessione, una scelta democratica condivisa. Altrimenti, con i gesti militanti e unilaterali si rischia di contrapporre alla violenza un’altra violenza”.
Forse questo è il cosiddetto giusto mezzo?

Un aiuto da Mazzini

La distruzione delle raffigurazioni, la dannazione della memoria rischia di essere un ulteriore esempio negativo perché se è vero che sbaglia chi si rivolge alla storia sempre col cappello in mano, celebrando acriticamente eroi, glorie, idee, propagande, gesta discutibili (Nietzsche chiama queste visioni della storia come “antiquarie”) è vero allo stesso modo che una ribellione scatenata ai danni dell’arte e della storia cancella parte del nostro essere, del nostro percorso, della nostra identità, della nostra capacità di ricostruirla, difenderla, giudicarla, spiegarla, o anche solo tramandarla.

Giuseppe Mazzini oltre a contribuire a fare l’Italia scriveva: “Ognuno di noi nasce oggi in una atmosfera d’idee e di credenze, elaborata da tutta l’Umanità anteriore: ognuno di noi porta, senza pur saperlo, un elemento più o meno importante alla vita dell’Umanità successiva”.

Un aiuto da Mazzini

E altri eroi positivi come Mandela ci hanno insegnato anche la forza della pazienza e del perdono.

P.S Trastevere, Roma, 25 giugno 2021
(foto presa dal sito Rai News)

*copyright

Ultima statua a subire l’imbrattamento quella di una porchetta in uno dei quartieri più tipici di Roma. Contrari stavolta vegani e animalisti.

Offerte e prezzi

Non ci sono Commenti

    Lascia un commento

    Iscriviti al Grillo Viaggiante e Caesar Tour Clicca qui

    Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Maggiori informazioni

    Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

    Chiudi