Una terra dal passato difficile
Nel passato la Maremma è stata una terra difficile e selvaggia, piena di paludi salmastre e impraticabili, di rovi, di zanzare fameliche e di malaria. Un paesaggio naturale aspro, un paesaggio umano segnato dalle grandi fatiche dei contadini, dei pastori, dei carbonai, quasi sempre analfabeti. Rifugio di monaci benedettini, che lasciarono in cima a un bosco le suggestive rovine dell’abbazia di san Rabano, che fu anche centro culturale dei templari. Rifugio dei pochi abitanti della costa che vivevano tra malattie e povertà e si difendevano dalle incursioni dei saraceni grazie a piccole torri di avvistamento che oggi sono ancora lì a fare da mute sentinelle alle lunghe spiagge del Tirreno.

Una terra senza legge, covo anche di briganti e predoni che coi loro schioppi e le loro scorribande assalivano protetti dalla natura accidentata i viandanti di passaggio, trovando facile spunto per agguati e fughe negli acquitrini, nelle fitte pinete, nelle forre e nelle grotte, nei sentieri persi nelle campagne. La Maremma era così pericolosa per questo motivo che Giolitti nel 1893 la indicò come una delle prime delle terre da dove eliminare il fenomeno del brigantaggio. L’età dei briganti finì in modo simbolico con la morte del più feroce di tutti, Domenico Tiburzi, accerchiato e ucciso in un podere vicino Capalbio dopo ben 24 anni di latitanza!

Gli antenati dei butteri
Poi negli anni ’30 in questa zona di frontiera e poco frequentata arrivò il tempo delle opere di bonifica e con esso due ondate immigratorie di genti ruvide e schiette che segnarono per sempre il destino della bassa Toscana: tante famiglie di contadini veneti e abili addestratori o guardiani di cavalli delle pianure pontine, eredi di quell’Augustello che aveva osato sconfiggere Buffalo Bill, in trasferta col suo spettacolo circense in Italia, in una gara di doma selvaggia.
I “nuovi coloni” si ritrovarono insieme ai cavalli che vivevano allo stato brado e alle mucche maremmane dalle corna larghe al pascolo, tra gli umili poderi sparsi tra le dune e la macchia mediterranea, il volo dei fenicotteri e le incursioni dei cinghiali, tra i campi di girasoli e gli stagni resi più salubri, tra le colline ombrose e le spiagge selvagge: ecco come nacque l’epopea dei butteri, i cow boys della Maremma, con la loro forte cultura della terra.

La meravigliosa natura di oggi
Prendere la felice decisione di trascorrere oggi un week end o una vacanza nella terra dei butteri, alla foce del fiume Ombrone, nel comune di Alberese, fra i monti dell’Uccellina, ti premia, semplicemente. Per la luce magica e sospesa e per i tramonti che troverai, per gli animali che vedrai sfilare in branchi o in mandrie nelle nebbioline dell’alba, quando la brina gocciola ancora sui prati e sulle foglie; per il trekking naturalistico che in poche ore ti farà passare per le dune e le paludi, i ruderi delle torri di Castel Marino, di Collelungo, della Trappola e de Le Cannelle e i boschi più folti, il tutto condito da una meravigliosa vista mare che dal manto verde spunta spesso con la sua linea azzurra e brillante.

Fermarti poi in mezzo al silenzio, a guardare un daino negli occhi, a spaventarti per la corsa polverosa di una famiglia di cinghiali, a indovinare i nomi degli uccelli che volano sull’acquitrino della Trappola. Buttare un telo su una spiaggia vuota, senza bar, senza stabilimenti, senza discoteche, dove gli unici segni dell’uomo sono delle impronte sulla sabbia. Appoggiarti a uno dei tronchi sparsi in riva al mare cristallino, leggere, nuotare, respirare. Guardare all’orizzonte le sagome a vela dell’Isola del Giglio, della piatta Giannutri, del severo cono di Montecristo. C’è un forte senso di pace e nell’aria, inondata dal profumo di brezza marina, rosmarino e mirto. E chi raggiunge la nascosta Cala di Forno forse riconoscerà la spiaggetta da dove Troisi e Benigni in “Non ci resta che piangere” volevano raggiungere Colombo!
Esempio di turismo sostenibile
La Maremma moderna è stata brava e tenace, ha retto a tutti gli assalti, ai tipici guasti del turismo di massa ha preferito uno sviluppo agricolo, verde, sostenibile. Il Parco dell’Uccellina è stato istituito nel 1975 ed è stato premiato più volte come una delle migliori aree protette d’Italia.
La stagione più bella per visitarlo è la primavera, anche per la fioritura della macchia mediterranea e per l’aria pulita e fresca. In questi mesi fai davvero un pieno assoluto e rigenerante di natura, autentica e quasi segreta, ti sposti con dei pulmini dal Centro Visite di Alberese all’inizio dei vari sentieri, percorri a scelta 25 km di coste libere, di dolci colline, di lunghi canali nel bosco e noti che le falesie rocciose sono senza case, le spiagge senza barche, le pinete senza campeggi, gli spazi sono rimasti incontaminati, le uniche luci sono la luna e le stelle di notte.

L’incontro con gli animali
Chi ha tempo, calma e il giusto atteggiamento di ascolto e attenzione poi li incontra davvero tutti: i cavalli bianchi che galoppano con le criniere al vento, le enormi vacche dalle corna lunate, che fatalmente immagini anche sotto forma di una spettacolare bistecca serale; le greggi sulla terra bruna, sorvegliate dai bianchi maremmani, cuccioli morbidi come l’ovatta che diventeranno cani grandi e forti;

le cicale che non vedi ma senti, col loro frinire nel caldo umido della macchia; i piccoli protagonisti del sottobosco, come istrici, tassi, volpi, faine, donnole, gatti selvatici, gufi… tutti animaletti paurosi e furtivi, per questo più disinvolti la notte quando i naturalisti più esperti li riconoscono dalla luce degli occhi, rossiccia quella delle volpi, verde quella dei daini, gialliccia quella dei tassi.
E ancora: i numerosi abitanti delle zone salmastre, del litorale e dei canali come le oche selvatiche, le anatre, le nutrie, le pavoncelle, i gabbiani, le upupe, le ghiandaie marine, i bellissimi fenicotteri, gli aironi cinerini e i germani reali; le famigliole di daini e i più rari e timidi caprioli che appena incrociano l’uomo spariscono leggeri nella boscaglia.
E ovviamente il re della Maremma, il cinghiale, piatto squisito con pappardelle e sughi ma prima di tutto animale simpatico che sbuca dai cespugli, grufola sulle dune, si nasconde nella macchia e quasi sempre ti attraversa il cammino da libero e indiscusso signore del territorio.

Una giornata coi butteri
Per tutti i frequentatori di agriturismi e poderi, case coloniche riadattate a resort di lusso e piccoli alberghi o residence nascosti nella macchia è possibile avvicinarsi al mondo dei butteri, visitando nell’Azienda agricola di Alberese la loro selleria piena di utensili e arnesi da lavoro, lo storico granaio utilizzato per quasi due secoli o accompagnandoli nei loro giri tra vacche e cavalli nella Pineta Granducale, a piccoli gruppi, ascoltando anche i loro racconti e le loro storie. In questo caso serve un minimo di esperienza a cavallo e saper battere la sella a trotto. Accanto a loro, anche per poco tempo, si può vivere una piccola esperienza epica, si può tornare a un passato emozionante.

I butteri con la loro aura leggendaria vestono come cow boys nostrani e sono il tipico simbolo dell’identità maremmana: pantaloni di costa pieni di tasche, cosciali in pelle di capra, stivali di pelle di vacchetta cuciti a mano, camicie a quadri, gilet di lana, giacche in fustagno dei colori del bosco, un mantello chiamato pastrano soprattutto per la stagione invernale, un cappello a falde larghe per difendersi dai rovi, dal sole o dalle piogge, sempre a cavallo nella polvere, tra le paludi e i latifondi, col loro inseparabile bastone a uncino e la carismatica andatura a trotto.
La loro giornata nella Tenuta di Alberese, in località Spergolaia, comincia all’alba col canto del gallo, sellano i cavalli con la scafarda e vanno in giro a verificare i recinti e gli abbeveratoi, a contare i capi di bestiame, ad allevare i puledri, a controllare i pascoli e le mandrie di possenti bovini maremmani a cui sono, da sempre, intimamente legati.
Li radunano, li guidano con agilità e perizia, forza e riflessi, riconoscono le mamme e i figli, li curano, anche se essi vivono in pratica allo stato brado. Hanno l’occhio esperto per individuare subito il grado di parentela, il cavallo ferito, la vacca malata, quella da destinare al macello o quelle che si meritano la bella compagnia di un toro da monta! Pausa pranzo con pagnotta formaggio e cicoria e poi nuove fatiche fino al tramonto. Le mani segnate dal tiro delle redini, l’abilità di superare tutti i guadi, di far passare l’airone e il cinghiale, di riconoscere tutte le tane. Fino al riposo di tutti gli zoccoli e alla nottata che specie in passato era vissuta all’addiaccio, su un umile pagliericcio.

In primavera marchiano il bestiame e in tutta la bella stagione si esibiscono in sagre, feste e rodei. Alcuni sono butteri a metà, un po’ finti, adattati alle manifestazioni turistiche, altri lo sono ancora nell’anima, e sono loro i più burberi, ostinati, idealisti, tutt’uno con la loro natura di macchia e palude. Anche tra i butteri si raccontano storie, leggende e serpeggiano rivalità e gelosie: chi cavalca meglio, chi conosce meglio il bestiame, tra le pianure della Maremma e le colline dell’alto Lazio? Sono più buone le zuppe del grossetano o del viterbese? Usano meglio il lazo i butteri di Capalbio o di Allumiere? Vestono meglio i mandriani di Alberese o di Tolfa? Senza tifare per nessuno segnaliamo due momenti topici della tradizione buttera, sempre ad Alberese: il primo maggio di ogni anno avviene la marchiatura del bestiame, mentre a Ferragosto si celebra il famoso Rodeo della Rosa. Quasi inutile sottolineare l’ovvio e allegro contorno di degustazioni, musiche e mercatini.
La giornata del turista a seguito dei butteri finisce invece generalmente sotto la veranda di qualche fattoria o nel giardino di qualche tenuta o presidio slow food a gustare la carne maremmana, le zuppe locali, le paste fatte in casa, il pane sciapo coi vari patè, le verdure dell’orto, l’olio extravergine e una buona bottiglia di vino rosso. Come dolci saporiti biscotti e il miele raro di girasoli o trifoglio.
La Maremma interna

Lasciate tutte le meraviglie del Parco Naturale della Maremma non va sprecata l’occasione di conoscere meglio tutta la provincia. Più verso l’interno cominciano i campi di grano, le viti, i campi di ulivi e le valli più ampie, mentre più in alto si scorgono i profili dei borghi a completare una delle scene più belle del Mediterraneo. Seguendo strade secondarie si scoprono pian piano i borghi etruschi, alcuni molto noti, specie lungo il circuito suggestivo per storia e arte e boschi che unisce Pitigliano, Sorano, Sovana e Montemerano, più altri minori, dove si arriva un po’ per caso, ma dove trovi quegli angoli e quegli scorci e quei colori della pietra e della natura che ti fanno sentire sempre in Toscana.

Sono tutti paesini arroccati su poggi e speroni di tufo, i loro campanili e fortezze spuntano improvvisi dalle curve e dopo una di esse specie il panorama di Pitigliano è incredibile: le case sembrano fondersi con la rocca di tufo dorato e raccontano la vita passata e laboriosa della sua comunità ebraica che fece conoscere il paese col nome di “Piccola Gerusalemme”.

Tutti i borghi hanno piazzette bellissime, balconi e cortili fioriti, antichi mestieri ancora in scena, botteghe di pelletteria, tesori nascosti nelle sinagoghe, nelle chiesette o nelle tombe etrusche, grotte e vie cave che passano tra le strette pareti di tufo e licheni e la vita della comunità che passa placida davanti al bar centrale. Sarà bello seguire nei vecchi letti dei torrenti uno dei sentieri che collegavano le cittadine etrusche e dormire in uno di questi luoghi.
Questa parte di Maremma interna trova il suo culmine turistico nelle famose Terme di Saturnia coi loro vapori e acque curative che fanno bene alla pelle e leniscono i dolori muscolari, con l’eleganza dei resort o la quiete dei numerosi agriturismi dei dintorni, con le comodità della spa naturale dove si ciondola in accappatoio bianco tra una tisana e un massaggio ma ancora più suggestive se frequentate nelle cascatelle e nelle pozze sulfuree disposte a terrazza in mezzo alla campagna.

Da vedere anche la tomba dipinta di Magliano col leone alato, probabilmente la testimonianza più antica della pittura etrusca. Dovunque si scelga di soggiornare si assaggeranno le bontà culinarie locali come l’acquacotta (la zuppa con uovo e verdure poggiate sul pane raffermo) o il buglione d’agnello, il cinghiale in umido, il prosciutto di Sorano e i salumi di cinta senese, i vini come il Morellino di Scansano. Se è settembre si potrà raggiungere Paganico per vedere la strana corsa delle rane sulle carriole. Durante tutta la bella stagione qua e là nei borghi si organizzano laboratori di ceramica e artigianato, corsi di enogastronomia, lezioni di equitazione e di pittura. Basta volerlo e si vive un ritmo lento, piacevole e diverso. Molto umano.

La Maremma a sud di Alberese
Se la direzione presa da Alberese è invece quella a sud per prima si incontra Talamone, borgo marinaro, trattorie di pesce, mare scoglioso; poi la laguna di Orbetello, prima storica oasi del WWF, coi suoi riflessi argentati, i pali che attendono le barche o i trampolieri, i mulini sull’acqua e una cucina basata su anguille, palamite e bottarga.

Quindi la lunga spiaggia della Feniglia, per camminare alcuni chilometri tra il mare selvaggio e i boschetti di leccio e il Promontorio dell’Argentario con le sue calette rocciose e i fondali colorati di gorgonie e posidonie che quasi sempre sono il corollario perfetto per una vacanza in barca che parte dalle due cittadine mondane di Porto Santo Stefano e Porto Ercole.
La strada panoramica tra i due centri principali è quella percorsa da Sordi e Verdone nel film “In viaggio con papà”. Come giro solo turistico Talamone, Orbetello e l’Argentario possono occupare un’intera giornata. Ma varrebbe la pena fermarsi più a lungo in questo mare.

Il giorno dopo si viaggia verso il Lazio ed ecco che si vive la campagna, la cucina e l’atmosfera artistica e letteraria del borgo di Capalbio, le escursioni sul suo litorale di spiaggia nera, nell’Oasi di Burano a vedere i fenicotteri o tra gli incantesimi bizzarri e le sculture oniriche del Giardino dei Tarocchi rivestite di ceramiche, vetri e specchi che ricordano tanto lo stile di Gaudì nel Parc Guell di Barcellona. Per queste strade litoranee, piene di pini e di aperta campagna, di ginepro e di lentisco, dove volano falchi pescatori e albanelle, si sono girate molte scene de “Il sorpasso” con Vittorio Gassmann. E si ricorda volentieri anche l’upupa citata da uno splendido Albanese in una scena cult di “Come un gatto in tangenziale” davanti a un’attonita e altrettanto splendida Paola Cortellesi.

La Maremma a nord di Alberese
Ultimo giro di bussola per viaggiare nella Maremma a nord di Alberese. Si visitano i resti del tempio, del teatro e delle case della necropoli di Roselle, la cittadina etrusca che costituì il primo nucleo di Grosseto. Si passa attraverso altre pinete come quella del Tombolo e calette fino a Castiglione della Pescaia, si fa trekking con tuffo finale verso la meravigliosa Cala Violina, si visita il delizioso borgo medievale di Castiglione col suo porto-canale e le sue spiagge attrezzate che gli donano il titolo di perla balneare della Maremma.
Ci si arrampica fino al fortino del paese e poi si vanno a fare le foto più belle al tramonto nella riserva naturale della Diaccia Botrona, dal ponticello che solca altre zone paludose piene di uccelli, quello davanti alla Casa Rossa Ximenes.
Un gran finale suggerito per questa giornata è la degustazione di carne locale nella locanda di campagna “La Terra di Nello” dove il simpatico gestore mentre griglia costate indimenticabili ti racconta volentieri del confronto fatto coi celebri asados della Patagonia in un suo ciclotour ai confini del mondo.
Il giorno dopo si raggiunge Punta Ala per fare un bel bagno e poi lungo la costa, superate Follonica e le ciminiere delle acciaierie di Piombino, si arriva al selvaggio Golfo di Baratti, per altre camminate e nuotate davvero gratificanti. Lassù in cima si può andare a dormire a Populonia, l’unica cittadina etrusca costruita sul mare, che conserva nel suo museo l’anfora d’argento ritrovata nel Golfo con 130 medaglioni raffiguranti varie divinità. Un paio di escursioni a parte costano una deviazione sulla via del ritorno a Grosseto ma gli scenari delle Colline Metallifere col bellissimo Duomo di Massa Marittima che mischia lo stile longobardo, romanico e gotico e il Parco Minerario Naturalistico di Gavorrano la meritano davvero tutta.

Per tutte le direzioni descritte, l’interno come il sud e come il nord, si consigliano itinerari di due giorni quindi comprese le passeggiate da Alberese una settimana è il tempo minimo necessario per conoscere tutti i volti della Maremma. Volti che conquisteranno per sempre i viaggiatori innamorati dell’Italia naturale e “minore”. Volti che hanno trasformato la Maremma da terra malsana a terra di numerosi incanti.

Non ci sono Commenti