Il Passito non conosce mezze misure: o fa impazzire gli appassionati o lo si evita del tutto.
Cos’è? Un vino ricavato da uve, in genere a bacca bianca, appassite in parte in maniera naturale ancora sulla pianta in parte dopo la raccolta.

Il colore è ambrato, il profumo morbido e intenso e il sapore dolce e vellutato. E’ un nettare prezioso con una storia tutta da scoprire e apprezzare.
Innanzitutto non dimentichiamoci che il passito è strettamente legato a Pantelleria, 80 chilometri quadrati di terra in mezzo al Mediterraneo quasi più vicina all’Africa che all’Italia, ricchissima di biodiversità, di storia e da sempre punto d’approdo di popoli diversi. In questo luogo già più di 2000 anni fa… addirittura 200 anni prima della nascita di Cristo un generale cartaginese di nome Magone lasciò una descrizione di come veniva, a quel tempo, prodotto l’antenato dell’attuale passito.

Il passito di Pantelleria viene prodotto seguendo un rigidissimo disciplinare di produzione che segue tutte le fasi dalla raccolta delle uve all’affinamento finale.
Vanta una storia costellata di importanti riconoscimenti. Premiato nel 1900 all’Esposizione di Parigi, nel 1936 fu inserito tra i vini tipici italiani per il suo “aroma delicato e fine e per il suo sapore vellutato, dolce, carezzevole, generoso”, e già nel 1971, terzo tra i vini siciliani, ottenne la Doc.

La sua assoluta bontà ha alimentato negli anni curiose leggende, come quella della dea Tanit che si finse coppiera degli dei e sostituì all’ambrosia, bevanda abituale dell’Olimpo, il mosto delle vigne di Pantelleria riuscendo a conquistare Apollo di cui era invaghita.
Anche un afrodisiaco quindi!
Non resta che un delizioso assaggio 😉
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