Più natura che movida
Minorca è diversa rispetto alle sue sorelle delle Baleari. Per la strenua opposizione alla dittatura del Generale Franco l’isola fu tagliata fuori per quarant’anni da investimenti statali e sviluppo turistico e questo atteggiamento da ribelle è stato la sua fortuna visto che è diventata per l’Unesco Riserva della Biosfera. Di certo ha anche lei delle zone con dei grandi alberghi o litorali da movida ma proprio per il suo spirito e il suo carattere ancora oggi quasi metà del suo territorio non può essere toccato e la fiera popolazione minorchina ha bloccato con un referendum la costruzione della strada litoranea che avrebbe dovuto fare il giro completo dell’isola alterando delicati equilibri naturali.

La scelta orgogliosa di affidarsi a un turismo sostenibile permette però ad abitanti e turisti di vivere la meraviglia di raggiungere e godersi molte spiagge e calette, scogliere e pinete e angoli di paradiso mediterraneo solo a piedi, a cavallo, in barca o in bicicletta, rinunciando con grande soddisfazione al caos dei fast food e all’inquinamento delle auto. Minorca è una scoperta deliziosa per tutti questi fortunati motivi.

La rivalità con Maiorca e Ibiza
Per i cugini più conservatori di Maiorca, isola per storia e cultura molto più tradizionale, i minorchini sono per antonomasia tipi ruvidi, testardi, originali e battaglieri e quindi esiste la classica rivalità tra “vicini” proprio per le scelte compiute in seno al turismo.
Per gli abitanti di Ibiza abituati invece alle discoteche più alla moda, ai giovani più ubriachi, alle ore più piccole e alle trasgressioni sessuali più diverse, Minorca appare fatalmente come un’isola ingenua e sonnolenta. Al massimo per famiglie: bugia, anche i giovani ci si divertono tanto!
E’ questo il senso del turismo per Minorca: avere un passo diverso, un respiro diverso, una natura più intatta, delle comunità cittadine e rurali e marinare più autentiche, più preservate. Inoltre il relativo isolamento ha favorito a Minorca lo sviluppo di attività sorprendenti e alternative come l’allevamento di bellissimi cavalli neri, la produzione di formaggio e di gin, la creazione di sandali e di piccola bigiotteria che oggi, guarda un po’, sono diventate comunque tutte fonti di buon reddito. Alternativo a quello dei bar, dei casinò, dei templi della techno, dei palazzoni turistici.

La cultura della pietra
Camminando tra le campagne di Minorca sembra spesso di trovarsi in Irlanda per la presenza degli infiniti muretti a secco. Si è calcolato che se tutte le pietre usate e incastrate in modo perfetto per delimitare territori, proprietà e zone coltivabili si posassero una affianco all’altra raggiungerebbero la straordinaria lunghezza di 15.000 km! Quindi dopo una rilassante giornata al mare non provate a seguirli all’infinito questi muretti, perché potrebbe essere una scommessa stancante!
Minorca è l’isola della pietra anche per le affascinanti rovine della civiltà dei Talayot che ancora si scoprono tra gli ulivi (1 sec. a.c.) quali tombe collettive che ricordano i nuraghi sardi o enigmatici templi a forma di T dedicati al dio toro che per le antiche civiltà mediterranee era il simbolo del potere e della fertilità.

Maionese e non solo
In cucina Minorca sa ingolosire: lo sapevate che… la maionese arriva proprio da Minorca e che di preciso fu inventata da uno sconosciuto cuoco o da una contadina della città di Mahon? Si narra che nel 1756, durante la dominazione francese, un nativo di Mahon offrì a una tavola di militari la saporita salsa creata con olio, uova e limone. I minorchini amano tramandare l’episodio come una specie di “vendetta simbolica”: i conquistatori furono conquistati almeno nel gusto! E la salsa di Mahon fu chiamata appunto Mahonesa, francesizzata in mayonnaise! Un menu isolano doc maionese a parte comincia con la zuppa di pomodoro per poi avere il piatto forte nella zuppa di aragoste o nel capretto al forno con peperoni e finire col dessert a base di albicocche o fichi che durante l’estate si stendono a quintali sotto il sole. Il consiglio è quello di provarlo nelle frazioni di campagna, in taverne con pergole e silenzi.
La sfida dei due capoluoghi
Una delle bellezze di Minorca risiede nel contrasto architettonico e sociale dei due centri principali Mahon e Ciudadela. Mahon, la capitale attuale, risente ancora di uno stile inglese presente nelle case georgiane, nei pub e nei prati curati, si nutre di uno spirito mercantile, commerciale e cosmopolita, offre vita dinamica e notturna stupisce per la sua ubicazione lungo un profondo fiordo lungo 6 km e largo 1 che le permette di avere il secondo porto naturale più grande del mondo dopo quello di Pearl Harbour.

Ciudadela invece è la capitale storica, ricorda di più un pueblo blanco dell’Andalusia, si rifugia volentieri nel suo spirito spagnolo, nel suo placido vivere mediterraneo, in forme di vita più eleganti e raffinate che si attuano tra vicoli pittoreschi, un porticciolo romantico, le chiese cattoliche e i portici dei palazzi nobiliari. Più nel solco delle tradizioni, delle feste, dei costumi di un tempo insomma.

Festa a cavallo
E proprio a Ciudadela succede ogni anno qualcosa di incredibile: segnatevi la data, parliamo del 23 e il 24 giugno, quando sull’isola si festeggia San Giovanni coi minorchini che tornano dall’America o dall’Australia per non mancare l’appuntamento, sentitissimo. Due giornate indimenticabili rendono omaggio alla migliore tradizione della fiesta spagnola dove si mischiano tutti insieme riti religiosi, sole, bevute, balli, cortei in costumi storici, notti di follia e di fede, di giostra pagana e devozione per il santo.
La Feira de San Juan di Minorca per gli stessi spagnoli è famosa, esplosiva, entusiasmante almeno quanto quella di San Firmin di Pamplona solo che al posto dei tori i grandi protagonisti sono i cavalli neri portati nelle Baleari dagli arabi. Durante la Fiesta la gente di Minorca dopo aver portato San Juan in processione al santuario celebra per 36 ore consecutive i suoi cavalieri neri (nero il vestito, nero il cappello dalle larghe tese) accogliendoli nelle viuzze e nelle piazze di Ciudadela, perfino nei cortili delle case, con lanci di tonnellate di nocciole e bicchieri di gin lemon per omaggiarli e ammirarli nelle loro evoluzioni artistiche della “doma a la minorquina” che anche agli occhi dei profani e dei turisti risulta essere una vera forma di arte equestre. E dopo tante sfide, corse, tornei, giravolte, giostre, rumori di zoccoli e nitriti, giovani che si buttano davanti ai cavalli come tra le corna dei tori di Pamplona, gavettoni, sbornie, il 25 giugno in questo angolo di Minorca tutto dorme e tace, cerca riposo e tregua e l’isola sembra vuota, senza abitanti né turisti, senza cavalli né cavalieri, senza pane, senza pesce, col vino e la paella finiti in ogni bar! Sembra di stare nel paesaggio della Bella Addormentata nel Bosco!!

Oltre cento spiagge
Il senso del turismo per Minorca ovviamente non può prescindere dalle sue numerose e bellissime spiagge. Ce ne sono circa 120 e davvero per tutti i gusti. Cala Macarella dalle trasparenze caraibiche e Cala Mitjorn adagiata tra pini centenari, Cala Turqueta che è la più fotografata e Punta Prima con la sua spettacolare sabbia fine, Cala Rata che ospitò gli incontri d’amore clandestini tra l’ammiraglio Nelson e Lady Hamilton… e ancora Son Bou e Sant Tomas, la spiaggia dove si trova uno dei villaggi turistici italiani più apprezzati dell’isola, il Veraclub Menorca.

Poi abbiamo Cala Binibeca scelta dai giovani alla moda, Son Saura tra le dune e Cala Caldana tra le bianche falesie, la roccia rossa di Cala Pregonda e quella nera di Cap de Favaritx… Un caleidoscopio di emozioni, che può comprendere anche la riserva naturale di Albufera d’es Grau, una grande e vergine area lagunosa dove fanno tappa migliaia di uccelli. A ripensarle tutte insieme, magari da un patio di Ciudadela con sangrìa y tapas, si fa fatica a credere che per tanti malviventi Minorca sia stata in passato un famigerato bagno penale. Oggi qui regnano il sole, il mare, la tranquillità. L’unico brivido lo può regalare la bellezza della natura o al massimo la Notte di San Giovanni.

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