Una strana oasi nel fiume
Molti abitanti della capitale ucraina amano un luogo del genere.
Prima delle Olimpiadi e prima delle palestre, al posto delle mode, dei completini aderenti color acido, delle bevande energetiche, delle sale coi macchinari più moderni, con la musica sparata, i vetri, i neon. Un posto che potrebbe sembrare il cortile esterno di un carcere, un campo di lavoro forzato, una malinconica colonia penale. In realtà è una semplice isoletta che era stata abbandonata in mezzo al fiume di Kiev, il Dnepr, caratterizzata da sabbiette scure, sterpaglie, rifiuti portate dalle torbide acque, rottami di acciaio lasciati là da qualche camion o chiatta che l’ha eletta a sua discarica abusiva.

E se fosse il vero sport?
In questo cimitero di ruggine e metallo, di resti di macchinari industriali, qualcuno fin dagli anni ’70 ha cominciato ad allenarsi per caso o per gioco: pesi da sollevare, barre a cui appendersi per un volteggio, catene, cavi o molle da tirare, torri di pneumatici da saltare o da abbattere a pugni, bilancieri da alzare, attrezzi ginnici costruiti con pezzi di alberi motore, di ruote dentate, di gru arrugginite o di cingoli di carrarmati. Prove di forza inaudita, di abilità sportiva da energumeni.

Il contrario del look
Protagonisti degli uomini muscolosi, così muscolosi da straripare dalle canotte, dai pantaloncini strappati, dalle tutacce senza logo comprate in qualche grande magazzino dell’est, ne hanno fatto il loro ritrovo: sano, rude, basico. A loro non importa di maglie firmate, integratori arancioni, tessere club, credono solo nello sport essenziale, primitivo e nei loro grugniti da bestie. Nel sudore che schizza, nelle vene si gonfiano, nelle fibre del corpo che si impegnano allo spasimo.

Culturismo e metallo
A sole tre fermate di metro dalla collina che ospita la città vecchia di Kiev va in scena ogni giorno questa Disneyland del culturismo, l’attività di fitness più povera del mondo, in un “parco sportivo” dove le lastre o i pali di metallo usato e buttato sono state trasformate da rozzi atleti, da operai e da saldatori in leve, panche, vogatori, pesi, reti, macchine da palestra. E che palestra. All’aperto, al freddo, coi moscerini, con l’odore putrido del fiume, delle fogne vicine, con l’aspetto di un cantiere devastato e maledetto. Eppure chi fa jogging o solleva 200 kg a Kiev passa prima o poi da qui.

Una brutale fisicità
Nel freddo della metropoli ucraina, coi primi grattacieli anonimi delle immense periferie sullo sfondo, si celebrano riti da guerrieri, impressionanti sedute di allenamento fatte da muscoli gonfi, teste rasate, colli taurini, denti digrignanti, piedi e mani nude, sporche, sudate. Sembra che questi uomini credano solo nella loro forza e nei loro addominali, da esercitare, irrobustire, far esplodere in un luogo volutamente imperfetto, dove l’acciaio esprime tutto quello di cui hanno bisogno: la brutale fisicità.

Come nella vecchia Urss
E così mentre la nazione grigia di Chernobyl, delle splendide modelle, delle chiese ortodosse e di un incerto sviluppo capitalistico prosegue la sua corsa e la sua rinascita, mentre certi pool di architetti o urbanisti o investitori provano a progettare sui 4,5 kmq dell’isola di Dolobetskyj invasi dal metallo di scarto color blu un futuro fatto di diporti nautici e locali alla moda, questi reduci del body building più rudimentale che esiste continuano a venire qui.
Continuano a spogliarsi nei container, a portarsi una pagnotta per pranzo, una canottiera di ricambio e un succo di betulla in una busta, continuano a praticare sport sulla terra, in riva al fiume, utilizzando questi pesanti manubri incatenati al suolo per evitare i furti. Continuano a sbuffare, ad allenarsi, a sfidarsi dove la modernità è vista come un inutile orpello.
Continuano soprattutto ad amare e a difendere e a frequentare Kachalka, la palestra rattoppata, frutto di una gigantesca operazione di materiali da recupero e di una visione dello sforzo atletico molto tipiche delle nostalgie della vecchia Urss.

Non ci sono Commenti