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Cultura da Viaggio

Lanzarote per Saramago

L’isola per riflettere

Lanzarote per Saramago

L’uomo vecchio, stanco, malinconico, ma sempre saggio e curioso che era il Saramago ottantenne scelse la più bella e selvaggia isola delle Canarie per trascorrere a puro contatto con gli elementi della natura l’ultima fase della sua vita.

Lui che amava più di tutte la realtà cruda della terra e della pietra, lui che era stato così capace di viaggiare dentro i misteri della religione e di immaginare una vita e una morale alternativa riferita allo stesso Gesù (vedi ad esempio con le opere “Il Vangelo secondo Gesù Cristo” e “Caino”), lui che amava a dismisura il nativo Portogallo, specie le sue province silenziose descritte benissimo in “Viaggio in Portogallo”, Memoriale del convento”, “Una terra chiamata Alentejo”, “Storia dell’assedio di Lisbona”, lui che sognava di staccarsi su una zattera con sopra la penisola iberica dal resto dell’Europa (vedi l’allegoria de “La zattera di pietra”), lui che con lo sguardo sempre più serio dietro i suoi grandi occhiali, col suo corpo sempre più curvo col passare degli anni scriveva opere capaci di cominciare con un episodio surreale e di analizzare poi profondamente e sempre l’aspetto e il fattore umano (vedi per esempio “La cecità”, “Saggio sulla lucidità”, “Le intermittenze della morte”, “L’anno della morte di Ricardo Reis”) si rifugiò in un’isola anarchica, che faceva poche domande, che bastava a se stessa con la sua natura primordiale e unica.

Un’isola simile a lui, senza bellezze moderne, senza eroi luccicanti o competitivi, basata sul fuoco, sull’acqua, sull’aria e sulla terra bruna, nera e rossa dei vulcani. L’inizio e la fine di tutte le cose.

Un dono: l’isola, Saramago, la sua letteratura, i suoi ricordi. La sua casa di libri, i sentieri percorsi.

Un dono: l’isola, Saramago, la sua letteratura, i suoi ricordi. La sua casa di libri, i sentieri percorsi.

Josè Saramago dedicò a Lanzarote i suoi Quaderni più intimi e filosofici, forse è vero che quando un uomo sta per finire il suo viaggio guarda tutto con più semplicità e con più nudità.

Lanzarote è proprio un posto del genere, un’isola definitiva, nuda e primitiva, da fotografie in bianco e nero, benché i suoi colori siano bellissimi e netti, come la sua luce.

Un posto per conoscersi, per trovarsi o per ritrovarsi. Uno specchio dell’anima.

Andiamo a scoprirla coi pensieri e i versi del poeta, per compiere invece un itinerario turistico vi rimandiamo al pezzo già uscito nel topic “Isole” de “Il Grillo Viaggiante”, intitolato, “Lanzarote, gli elementi raccontano”.

Josè Saramago dedicò a Lanzarote i suoi Quaderni più intimi e filosofici

Dentro il cratere sfilacciato di El Cuervo, senza che ce accorgiamo, molte cose diventano insignificanti. Un vulcano spento, silenzioso, è una lezione di filosofia.

Ora capisco perché nei miei libri quasi non ci sono paesaggi: dovendo scegliere tra la pietra che sta lì a fianco e la montagna che ostruisce l’orizzonte, preferisco la pietra.

Il Timanfaya è la miglior medicina per le preoccupazioni.

Dentro il cratere sfilacciato di El Cuervo, senza che ce accorgiamo, molte cose diventano insignificanti.

Sono di una razza ambulante, la razza di quelli che sono nati per girare con le radici sulle spalle e passano la vita in cerca di una nuova terra.

Lanzarote anche quando ci sembra inquietante, minacciosa, mostra una certa aria di dolcezza femminile, la stessa che, malgrado tutto, avrebbe avuto Lady Macbeth mentre dormiva.

Quella luce con ancora qualche traccia di chiarore nell’aurora, il dondolio delle onde ampio come il respiro del mare, il vento freddo e costante che soffiava da nord, dai vulcani di Lanzarote… sono state impressioni che ho colto in profondità, secondo dopo secondo, come se io, pilota e orologiaio, dovessi governare il tempo e la barca…

il vento freddo e costante che soffiava da nord, dai vulcani di Lanzarote

Il peggio delle isole è quando si mettono a imitare il mare che le circonda. Accerchiate, accerchiano.

Lanzarote è così: o tutto o niente. Arriva una nuvola, sceglie un posto, rovescia quel che ha dentro, distrugge, trascina via tutto, senza alcuna compassione della terra assetata che sta proprio lì accanto.

Sento la sete e l’aridità di Lanzarote che mi chiamano da lontano: “non abbiamo niente, non ci abbandonare”

Il piacere profondo, ineffabile, che è camminare in questi campi deserti e spazzati dal vento, risalire un pendio difficile e guardare dall’alto il paesaggio nero, scorticato, togliersi la camicia per sentire direttamente sulla pelle l’agitarsi furioso dell’aria, e poi capire che non si può fare nient’altro, l’erba secca, rasente al suolo, freme, le nuvole sfiorano per un attimo le cime dei monti e si allontanano verso il mare, e lo spirito entra in una specie di trance, cresce, si dilata, manca poco che scoppi di felicità.

Che altro resta, allora, se non piangere?

Un’isola, pur non essendo deserta, è un buon posto per parlare, è come se ci stesse dicendo: “Non c’è altro mondo, approfittatene prima che quel che ne resta finisca”.

Lanzarote, ogni nuovo giorno mi appare come un immenso spazio in bianco e il tempo come un cammino che vi si snoda lentamente.

Quali buone stelle staranno coprendo i cieli di Lanzarote? La vita, questa vita che, inappellabilmente, petalo dopo petalo, va sfogliando il tempo, pare, in questi giorni, essersi fermata nel m’ama…

Sentire come una perdita irreparabile la conclusione di ogni giorno. E’ questa probabilmente, la vecchiaia.

Possono portarmi via quello che vogliono, ma nessuno potrà togliermi l’aria di Lanzarote.

Lanzarote non è la mia terra, ma è la mia terra.

Saramago decise di appartenere per sempre a quest’isola.

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