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Made in Italy

Le vie dei trulli – seconda parte

In bici verso Locorotondo

Il paese perfetto, rotondo, dominato dalla sua cupola e dal suo campanile, con una pianta circolare che è un piacere girarci intorno. Terra, terra, terra tutta intorno.
Un piccolo cerchio bianco che si staglia nella pianura, un rifugio ideale, che ti seduce con le cantine del miglior vino bianco pugliese, che ti sorprende anche perché le casette coi tetti a punta (in passato erano dei granai) nella Valle d’Itria sono solo qui.
Un altro incanto dovuto tutto ai suoi abitanti è la sistemazione nei vicoli e sui balconi dei vasi colorati di fiori che contrastano col bianco accecante della calce. E’ facile immaginarsi artisti e poeti che hanno scelto di vivere a Locorotondo.

Un altro incanto dovuto tutto ai suoi abitanti è la sistemazione nei vicoli e sui balconi
vasi colorati di fiori che contrastano col bianco accecante della calce

Locorotondo merita una bella sosta, è un balcone naturale sul paesaggio e la gente semplice si fa avvicinare, si fa conoscere. Da non perdere anche il giardino storico della Masseria Ferragnano con le statue barocche che rappresentano i mesi, le stagioni, le virtù e le dee.

Un po’ barocca, un po’ civettuola: ecco il salotto di Martina Franca

Palazzo Ducale, Palazzo Maggi e quello dell’Università sono il pretesto per percorrere due-trecento metri di magnifica passeggiata barocca. Passato l’Arco di Santo Stefano si passa per piazzette incantate, Caffè eleganti, eventi musicali, un corso sempre tirato a lucido come i lastroni di pietra che lo pavimentano. Lampioncini e fiori che creano particolari atmosfere, i colori pastello, l’eleganza dei balconi in ferro battuto, i portici di Piazza Maria Immacolata, qualche chiesa dove raccogliersi in preghiera come la Basilica di San Martino. A Martina Franca si vive davvero nel salotto più bello della Valle d’Itria e quindi la visita va nobilitata con un dolcetto o un gelato seduti comodamente al tavolino di un bar di una piazza barocca. Anche per osservare la borghesia e la gioventù locale che abita in un bel posto, il più popolato della Valle, e lo sa benissimo.

Una sera a Cisternino

Arriviamo verso sera in questo paesino affascinante e l’accostamento che ci viene in mente è quello coi segnali di fumo nei grandi spazi americani. Solo che qui le nuvolette di fumo sono quelle delle griglie e delle braci all’aperto dove specie d’estate si arrostiscono ottime carni scelte direttamente dal banco delle macellerie. Una menzione particolare la meritano le bombette che sono dei fagottini di maiale ripieni di formaggio canestrato che si abbrustoliscono magistralmente sul fuoco. Da leccarsi le dita, una ad una. Vanno però bilanciate con qualcosa di dolce ed ecco quindi capitare a fagiolo gli Sporcamussi, le delizie locali a base di crema e zucchero a velo.
La scena diventa perfetta se qualcuno comincia a suonare una chitarra, se si capita in una festa del paese, se il tramonto indovina i colori.
Il giorno dopo comincia invece nel migliore dei modi se ci si avventura sul percorso di 10 km della Ciclovia dell’Acqua che seguendo il camminamento del canale principale di un antico acquedotto collega il paese delle bombette a Ceglie Messapica tra campi coltivati e macchia mediterranea. A Ceglie si visita nel Museo locale una raccolta di reperti che vanno dal paleolitico al periodo ellenistico, tanto per capire una volta in più la lunga e varia storia di queste terre.

Ostuni, il borgo più bianco

Sembra che su Ostuni abbiano riversato autocisterne piene di latte, per quanto è bianca, per quanto è candida. E che ci siano intinti dei grandi biscotti color ocra che sono poi le sue chiese principali, costruite col suggestivo tufo salentino.

Si lega la bici nella piazza bassa della Libertà, quella con l’obelisco dedicato a Sant’Oronzo e si procede a caso, in salita, scegliendo i vicoli, gli archi, le deviazioni, le prospettive.
Ostuni è uno di quei posti dove il viaggiatore si ferma volentieri, indugia, pensa, ritrova la sua dimensione di uomo che sogna e che scopre. Davanti alla facciata di una chiesa come in un patio nascosto nella città bianca.

Davanti alla facciata di una chiesa come in un patio nascosto nella città bianca.

Dalla sommità del borgo le mura aragonesi abbacinanti contrastano perfettamente col blu assoluto del cielo, il panorama si fa largo, aperto, guarda migliaia di ulivi e i profili delle vicine spiagge e fa respirare tutta l’essenza della Puglia.

C’era una volta la masseria…

In sella alla bici per le campagne di Ostuni ci avvicinavamo ai portali di splendide masserie, posti davvero magici, di relax assoluto, di piscine a sfioro, di corti bianche e silenziose, di delizie gastronomiche, di cicale che accompagnano la siesta.

Le masserie in Puglia si sono sviluppate come residenze padronali verso il 1600, nell’epoca in cui fiorirono la coltura della vite e dell’olivo e i signorotti locali vivevano nel palazzetto elegante e avevano intorno la loro piccola comunità agreste che si interessava del campo, degli alberi da frutto, del frantoio, della cantina, del caseificio, del forno. Alcune di esse sono ville favolose che hanno conservato torri merlate, ampi loggiati eleganti, terrazzi panoramici e scenografiche scalinate di ingresso, oltre che archetti e colonne: stile mediterraneo e spagnoleggiante insieme, tra palme, ulivi, mandorli, orti.

Di certo lo spirito dell’aia è stato spesso contaminato da quello del relais ma una pausa in masseria è ancora un’esperienza davvero unica. In posti come questi si può rinascere.

Rotta verso il mare: da Torre Canne a Polignano

Dopo i km nel sole e le file di ulivi e di trulli ci andiamo a cercare un po’ di fresco al mare e la prima vista dell’Adriatico è quella della Costa Merlata, una serie di calette vicino Ostuni. Più avanti la prima spiaggia che infiliamo con le bici è la lunga striscia di sabbia fine di Torre Canne.
Che bellezza quelle corse sulle dune col tuffo finale, l’acqua che dà sollievo, l’acqua da ringraziare. Colori turchesi indimenticabili. Le friselle più buone del mondo con mozzarella, pomodoro e basilico. Quella sensazione di libertà e di allegria che mi fa tornare in mente la scena di “Mine vaganti” di Ozpetek, anche se girato più a sud, nell’altra zona magica della Puglia, il Salento.
Qualche pausa blu lungo la strada provinciale numero 90 la meritano pure le zone di Torre Egnazia con i resti dell’acropoli e i lidi di Savelletri di Fasano ma la nostra nuova, vera meta, è più a nord, oltre la bella cittadina di Monopoli. Quando arriviamo anche le biciclette sembrano inchinarsi in una sosta ammirata davanti al panorama di ingresso di Polignano.

Polignano a Mare ha parecchi luoghi-simbolo: il Belvedere con la statua di Modugno che a braccia aperte oltre a volare sembra abbracciare tutto il mare e la luce meravigliosa del luogo; l’insenatura di Lama Monachile per un bagno sotto le rupi del borgo; il ponte borbonico lungo la Via Traiana per vedere lo stesso spettacolo dall’alto, magari anche quello dei tuffatori; l’insieme di vicoli e piazzette raccontati benissimo nel libro e nel film “Io che amo solo Te”; Grotta Palazzese che nelle sue viscere ospita un ristorante e un albergo di lusso con le finestre inondate di azzurro; il Palazzo dell’Orologio e l’insieme di muri bianchi, colorati da vasi di gerani e resi ancora più romantici da versi di poesie.

Polignano a Mare ha parecchi luoghi-simbolo

Un salto a Bari

L’arrivo a Bari è chiaramente caotico per il traffico ma con le bici riusciamo a svicolare bene e a puntare dritti sul lungomare che termina a Bari Vecchia.
Più sicuro che in passato il cuore di Bari va visto assolutamente per l’atmosfera da paese coi panni stesi e i ragazzini che giocano a pallone nei vicoli, per gli assaggi di tarallucci e focacce nei forni ma soprattutto per quelli del piatto cult barese: le orecchiette alle cime di rapa, seguite da un colossale crudo di pesce dove ricci e gamberi, fasolari, scampi e filetti di triglia sono presentati in forma trionfale.
Per farci perdonare di tanta golosità visita seria alla bella Cattedrale di San Nicola e omaggio alla statua nera del santo, patrono della città e amato da tutti i forestieri.

Verso sera è bello camminare a caso per la kasbah di Bari Vecchia, fermarsi davanti alle edicole votive, osservare le signore che chiacchierano in dialetto stretto sugli usci, giocano a carte o preparano la pasta per il pranzo in famiglia. Nella città moderna sfrecciano invece macchine e moto, tanti giovani affollano i locali e Bari come sempre cattura con la sua energia.

Il pomo di Giovinazzo

Il vero viaggio più raccolto e poetico ricomincia la mattina dopo con l’aria di mare di Giovinazzo dove ci si ferma volentieri per un aperitivo al porticciolo o a comprare la ceramica del pomo che portafortuna. Molto bello il giro delle mura sul lungomare, per sbirciare a caso nelle botteghe d’arte o indovinare le locations di “Tutto l’amore che c’è” girato nel borgo da Sergio Rubini.

L’eleganza di Trani

Di altra grandezza e respiro il grande golfo di Trani dove a bordo delle amate bici passiamo in rassegna tutti i tipi di barche, da pesca e da diporto, scegliendo le nostre preferite, prima di arrivare al capolavoro proteso sul mare, la chiesa di Santa Maria Assunta. Lo stile della Cattedrale di Trani, la più famosa della regione, è il romanico-pugliese, risale all’epoca normanna e la sua pietra è il tufo calcareo della zona, venato da delicate sfumature di bianco e di rosa. Una chiesa bella e nobile quella di Trani, anche perché accompagnata da un elegante campanile cui è collegata da un arco a sesto acuto. Non gli togli lo sguardo di dosso mentre arriva un guazzetto di scorfano in tavola!

Lo stile della Cattedrale di Trani, la più famosa della regione

Il castello perfetto

Con Trani lasciamo il mare e il gruppetto di bici curva verso l’interno: altre vie di campagna, altri ulivi, altra terra, masserie più spartane, vecchietti che ti salutano sui bordi delle strade.
Poi in fondo alla campagna, su una leggera altura, spunta una costruzione a perfetta pianta ottagonale, un simbolo di pietra robusta e severa, una fortezza difensiva, per alcuni studiosi addirittura il rifugio segreto del Santo Graal, per altri un luogo dei sogni, di riti magici o alchemici o più probabilmente un castello di caccia o di vacanza, quello di Federico II di Svevia nel cuore delle Murge: Castel del Monte.

un castello di caccia o di vacanza, quello di Federico II di Svevia nel cuore delle Murge: Castel del Monte
Molto si è discusso a proposito della sua pianta ottagonale

L’austero maniero fu voluto intorno al 1240 da questo raro esempio di Imperatore-intellettuale, una sorta di Adriano dei tempi medievali, colui che fondò l’Università di Napoli, curioso e aperto al mondo, amante delle arti, della filosofia, della matematica, degli astri, dei falconi e delle pianure pugliesi per andarvi a caccia.
Molto si è discusso a proposito della sua pianta ottagonale, sormontata da otto torri: otto erano le lamine dorate della corona imperiale e nell’architettura medievale l’ottagono era l’intersezione del quadrato e del cerchio, le due figure che rappresentavano la perfezione umana e divina. Uomo e Dio insieme era stato solo Gesù Cristo e quindi Federico II mandava al mondo il suo messaggio: quel castello avrebbe ricordato per sempre e in modo simbolico la figura di un nuovo Cristo, l’Imperatore stesso.
Castel del Monte rimasto solitario nel cuore delle Murge fa pensare proprio a questo, a una prova di grandezza e di eternità.
E siccome il sovrano amava girovagare per la regione con la sua bizzarra e variopinta corte di scienziati, di saraceni e di odalische, lasciò sparse nelle campagne altre piccole fortezze, residenze estive e casini di caccia. Potrebbe essere questo il pretesto di un altro viaggio tematico in sella a una bicicletta!

Castel del Monte rimasto solitario nel cuore delle Murge

Il saluto alle Murge

Manca poco alla fine del nostro ciclotour, visitiamo prima velocemente Ruvo di Puglia famosa per la sua splendida cattedrale e le vie bianche del centro storico, poi un’altra città a pianta rotonda, Putignano, nota per i suoi carri del Carnevale e per la produzione di un abito da sposa italiano su due. Piccola città poetica, anch’essa ovviamente tutta bianca e ocra, raccolta, molto adatta ai sospiri delle spose che scelgono i loro vestiti!

E dopo tanta luce il nostro viaggio prima di tornare ad Alberobello finisce al centro della terra perché compiamo una breve deviazione per ammirare le Grotte di Castellana, capolavori fragili ed eterni di alabastro, cresciute seguendo il corso di un letto antico di un fiume sotterraneo.

Che opera colossale creata dal tempo… basti pensare che le gocce lente che cadono sulle stalattiti le fanno crescere di un centimetro ogni 50 anni! Nei 3 km di percorso si susseguono i nomi più evocativi come la Sala della Colonna, la Caverna del Precipizio, il Cavernone dei Monumenti, il Corridoio del Deserto e infine quella che molti definiscono la grotta più bella del mondo, la Grotta Bianca, che dopo alcuni scenari tenebrosi da romanzo gotico stupisce e commuove col suo colore avorio.

Bianchi i trulli e i paesi fuori, bianche addirittura le viscere della terra. Poco è cambiato a livello ottico, molto invece nelle nostre emozioni. Con queste diverse forme di luce nel cuore, al tramonto facciamo ritorno ad Alberobello.

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