Il primo a vederlo fu un monaco
Meticolose ricerche storiografiche hanno stabilito che la prima volta che il lungo collo di Nessie o di un suo lontano parente fuoriuscì dalle grigie e placide acque del Loch Ness fu nei primi secoli dell’era cristiana. Parliamo precisamente del 565 d.c quando un monaco irlandese che viveva nella vicina isola di Iona raccontò nelle sue cronache del funerale di un uomo assalito e ucciso da una selvaggia bestia marina. All’epoca in Scozia non si bevevano ancora la birra e il whisky di oggi… e forse la visione del monaco dipendeva dall’entusiasmo con cui a Iona si celebravano le gesta di San Colombano, coraggioso sfidante dei draghi e dei mostri della mitologia celtica e grande protagonista dell’opera di evangelizzazione in quelle aride lande.

l boom di avvistamenti negli anni ‘30
Dopo una lunga fase di oblio il Dottor Mac Kenzie nel 1871 spiegò di aver visto uno strano oggetto contorcersi e agitare l’acqua del lago. Ma fu intorno al 1930 che la storia delle highlands scozzesi cambiò per sempre perché dal capoluogo della regione, Inverness, si costruì una strada che arrivo a circondare tutto il perimetro del lago, portando – come sempre accade in questi casi – civiltà, novità, sviluppo, vita sociale, testimonianze umane, gente, storie. Oltre ad un certo clima di entusiasmo, fantasia e disturbo tipico delle folle che amano credere in qualcosa.

Mille avvistamenti
Non si sa bene se rispuntarono gli appunti del monaco o le frasi del dottore appena citati fatto sta che intorno al Loch Ness si cominciò a sviluppare una serie di fenomeni e di apparizioni, una ridda di ipotesi e avvistamenti che fino al 2020 sono diventati circa un migliaio. Mica male!
La voce del serpentone misterioso imparentato ai dinosauri che spunta dalla nebbia si rincorre, si ripete, tanti uomini, esploratori, sognatori, furbacchioni o bevitori (?) pensano di vedere o vogliono vedere qualcosa di strano in quelle acque, il retaggio pauroso e orrido di un tempo primitivo.
Tutto ciò è stato una grande suggestione legata alle paure ancestrali dell’uomo? O la simpatica e abile costruzione a tavolino di un mito geografico ed economico? Avrete già capito che almeno in questa sede propendiamo per la seconda ipotesi, anche perché su Nessie di veramente scientifico non è mai stato provato nulla.

La foto storica: e falsa
Nel 1933 tale Spicer raccontò di aver visto un grande animale dall’aspetto preistorico attraversagli la strada. Poco dopo i coniugi MacKay, proprietari di un piccolo albergo-ristoro sulle sponde del lago dichiararono di aver notato dalla loro veranda due strane gobbe emergere dall’acqua. Seguirono le finte impronte fatte da un buontempone, con un portaombrelli con alla base una zampa essiccata di ippopotamo!!! Di certo la celebre foto sgranata di Wilson del 1934, una silhouette nera, magra, circondata da mulinelli d’acqua, confusa nella nebbia, creò un’atmosfera misteriosa ed eccitante ma poi nel 1994 proprio quella iconica foto venne definita un falso, si stabilì infatti – con un po’ di crudeltà per le speranze dei suoi numerosi fans – che Nessie fosse un sottomarino giocattolo al quale era stata attaccata una sagoma con la testa a forma di testa di serpente. Falsa o esagerata fu probabilmente pure la testimonianza di un gruppo di studenti forse un po’ alticci o impauriti da una passeggiata notturna sul lago:
“Eccola Nessie, eccola lì!”.

Lo sbarco sui media e la conquista della fantasia popolare
Le inquietanti e sorprendenti notizie cominciano ad arrivare all’Inverness Courier, la tv delle Highlands in quel momento, grazie a un guardiano del lago e il clamore mediatico diventò importante. C’era evidentemente una grande voglia di avventura o meno prosaicamente si iniziò a fiutare un bel business. Nel 1934 fu la volta di un tipo di nome Grant, che giurò di aver visto qualcosa che assomigliava a una foca o un plesiosauro di circa 6 metri, col collo lungo e gli occhi grandi, ma degli scienziati definirono quell’avvistamento semplicemente una grande lontra o foca. Fu poi la volta di Mrs Moir che nel 1936 raccontò di rimanere impalata davanti alla scena di tre gobbe e dieci metri di lunghezza di un mostro intento a immergere più volte la testa nell’acqua per divertimento o per la ricerca di cibo.
Piccola tregua.

Ma tra il 1951 e il 1955 vennero scattate altre foto, dal boscaiolo Stuart e da un Signor MacNab. E poi ancora gli avvistamenti dei guardiacoste o degli allievi dell’abbazia, o di solitari pescatori e i mostri diventano una coppia, anzi una piccola famiglia perché qualcuno ne vede addirittura tre e le gobbe aumentano e i colli si allungano. Nel 1960 un ingegnere dell’aeronautica, Dinsdale, filmò una gobba che anche a rilevamenti successivi sembrò essere parte di qualcosa di animato. L’equipaggio di un peschereccio tremò di spavento per un nuovo avvistamento del mostro nel 1964, fino a che un sonar dello scienziato Tucker registrò nel 1968 la presenza di un gigantesco corpo sul fondo del lago e in quell’occasione più di un brivido percorse i fan di Nessie. Ma purtroppo per loro la scienza ufficiale non riuscì mai a trovare dei resti, delle tracce.
Nel 1977 un artista e illusionista inglese, Tony Shiels, mostrò delle foto di una fantastica creatura dal collo ovviamente lungo, dal colore verdastro-marrone, con la pelle liscia e lucida, con delle pinne preistoriche. Fu visto anche lui come un millantatore. Tante versioni quindi sempre inesorabilmente bollate per false. O con più indulgenza, folkloristiche.
Il clamore intorno a Nessie


Ma l’ingenuità popolare e il senso pratico di chi sul Loch Ness e intorno ai suggestivi ruderi dell’Urquarth Castle aveva cominciato a costruire B&B e pub, strade e circuiti turistici, aveva un forte bisogno di tutto questo e quindi se non la realtà almeno la leggenda dell’amica Nessie, visto che cominciava a portare veri soldini, troupes cinematografiche, autori di romanzi gotici, folle di curiosi e di fotografi, i primi pullman di giapponesi… andava difesa a spada tratta! Ovviamente per questo motivo il circo continuò: nel 1990 Val Moffat vide il mostro alla guida della sua auto, tra il 2007 e il 2011 spuntarono altre foto di sagome che nuotano nel lago, ma anche le più nitide di un certo Bright vennero ritenute false. Si cercò quindi di documentare almeno la stranezza di onde misteriose e improvvise, lanciando ipotesi di misteriosi movimenti in fondo al lago.

Lo staff di Google nel 2015 compì vane, ulteriori ricerche. Al massimo però ogni volta veniva fuori l’ipotesi di enormi storioni o pesci gatto, di super anguille, di lumaconi marini spropositati, di labrador con bastoni in bocca, di cervi caduti in acqua, di carri bellici riaffioranti in superficie per via di strane correnti, di effetti ottici, di illusioni provocate dalla nebbia o da un whisky di troppo scolato in un pub.
La tecnologia sfida la leggenda
Negli ultimi anni per giustificare o demolire la leggenda di Nessie ci si è affidati a ogni sorta di tecnologia: nel 2016 un robot ha scattato foto a 180 metri di profondità, senza trovare nulla; nel 2018 un team neozelandese ha effettuato prove di dna ambientale esaminando minuziosamente ogni traccia di feci, urine, peli, piume, scaglie ritrovate nel Loch Ness. Tale campionatura avrebbe permesso la possibilità di identificare resti di materiale genetico lasciati da una qualsiasi forma di vita, anche la più strana, antica, mostruosa, giurassica! Il risultato? La dichiarazione del capo spedizione Neil Gemmel ha tolto ogni illusione al mito del plesiosauro: “nelle acque del lago c’è soltanto una significativa quantità di dna di grandi anguille”.
Inoltre la stessa comunità scientifica internazionale degli zoologi non ha mai trovato veri elementi per credere a Nessie: se il bestione era solo uno da un pezzo che sarebbe estinto, se si è riprodotto non si sono mai trovate sue tracce o suoi resti e la piramide alimentare del lago e la scarsa presenza di pesci non avrebbero mai soddisfatto l’appetito di una famigliola di plesiosauri predatori!


Il baraccone
Con le vendite dei souvenir che salivano e i soggiorni dei turisti che aumentavano, gli irriducibili hanno cominciato a parlare di canali sotterranei col Mare del Nord e di creature quindi arrivate e poi sparite negli abissi marini: creature sempre munite dell’elegante collo lungo, di tre gobbe, testa e coda da serpente, creature le cui visite si annunciano con cerchi perfetti nell’acqua, meglio all’alba o all’imbrunire magari… quando la luce o la nebbia possono contenere nascondere meglio la realtà!!
Cosa resta insomma di Nessie? Cosa potrebbe alla lontana paventare una sua presente o passata esistenza? Restano dei contatti stabiliti da alcuni sonar che per dimensioni e durata e movimento potrebbero alimentare qualche fantasia ma di scientifico e di organico e di davvero documentabile nulla. Proprio nulla. Ma non ditelo ai bambini scozzesi o agli abitanti del Loch Ness, non ditelo agli appassionati che hanno ritrovato allegramente Nessie nelle storie di Lupin, dei Simpsons, di Rat Man, dei Pokemon o nei videogames di Tomb Raider con Lara Croft!
In fondo c’è bisogno di Nessie, del suo mito, di immaginare il suo lungo collo, la sua millenaria vita preistorica. Grazie a questa forma di pubblicità ormai circa un milione di turisti l’anno sono arrivati in Scozia con la speranza di scattare la foto del mostro e sappiamo che Nessie ha ispirato film e documentari, esplorazioni, romanzi, battute di caccia, fumetti. E tanto, tanto divertente e colorato merchandising: il bavaglino di Nessie, il mestolo a forma di Nessie, le pantofole con Nessie, le tazze da latte, le magliette, Nessie sul berretto, Nessie sulle mutande, Nessie sui quaderni, Nessie ciondolo o sottobicchiere o pupazzone di pelouche o stampata sulla cover dei cellulari ovviamente. Nessie calamita. Nessi grande star di un recente parco tematico.

Quanti giri di soldi, quante gite in barca con la segreta speranza di un avvistamento o per filmare con goliardia un lungo bastone, quanto movimento di turisti nei B&B e nei pub, quante grida “That’s it !!” lanciate dalle magiche rovine del Castello di Urquarth! Nessie è davvero entrata di forza nella cultura e nell’immaginario moderno, accettiamolo, non fa male a nessuno.
Il viaggio che merita Nessie
E in ogni caso la storiella del mostro è un ottimo pretesto per compiere un viaggio meraviglioso, attraversare le suggestive “Terre Alte”, la sua capitale Inverness, esplorare in barca o in bici la fenditura del Loch Ness (il lago è lungo 40 km e largo 1,5), pescare i salmoni, incontrare il carismatico bue rosso muschiato o restare stupiti a scovare una cabina telefonica rossa nella campagna verde, passeggiare per le vie di Fort Augustus e Fort William, Foyers e Dores, rifugiarsi la sera in un pub a sentire le storie e le canzoni su Nessie e fermarsi a piacere, sulle sponde del lago, da solo, in una notte nebbiosa a immaginare e sperare di vedere qualcosa spuntare da quei 250 metri di profondità.

Perché in Scozia impari comunque qualcosa: che il cardo spinoso è diventato il fiore nazionale per aver punto i piedi di un vikingo invasore e aver allertato così i guerrieri di casa; che il vento e la pioggia qui fanno quasi bene; che il rugby è una religione; che Brave Heart compare ancora in sogno nelle brughiere o quando si sente il suono di una cornamusa; che i cieli sono inquieti come le speranze dei credenti di Nessie e che quindi anche solo un miraggio è sempre possibile.

P.S
Tanto per confondere le acque…
P.S numero 1
Febbraio 2020, dopo una furiosa tempesta sulla spiaggia di Aberdeen, distante 200 Km dal Loch Ness si è ritrovato un enorme scheletro che ha fatto subito pensare ai resti di un dinosauro e alla storia del canale sotterraneo che collega il lago con l’Oceano. In realtà pare che si tratti dei resti di una balena.

P.S numero 2
Giugno 2020, il turista inglese Challice scatta l’ennesima, enigmatica fotografia, ma freddo e razionale poi vuole solo ammettere “Magari era solo un enorme pesce gatto!”.
Che facciamo Nessie, giochiamo ancora a nascondino?
Non ci sono Commenti