Scene di Vestvagoy
Questa isola si può vedere semplicemente di passaggio un giorno.
Da nord a sud ecco in mattinata la spiaggia selvaggia di Eggum, il museo vikingo Lofotr di Borg (in genere dal 3 al 7 agosto va in scena il viking festival), la cittadina di Stamsund col suo ampio golfo, coi suoi rorbuer sul porto e dietro le montagne; nel pomeriggio i villaggi di Steine e Leknes con la sua chiesa rossa e la spiaggia selvaggia di Haukland e la salita al punto panoramico di Himmeltinden che ricorda le Dolomiti sul mare, con sabbia bianca circondata da prati, rocce e vette. Per il tramonto si può scegliere la baia panoramica di Ballstad.

Collegata all’isola successiva con un tunnel sottomarino Vestvagoy è l’area agricola più importante delle Lofoten, piena di prati meravigliosi e di laboriose fattorie: da qui arrivano il burro, il formaggio e l’agnello, le patate, l’orzo, da questi spazi verdi che sanno di infinito, dove il sole squarcia le nuvole, dove il vento soffia forte.
La magia del fiordo
Il primo impatto con l’isola di Flakstadoy sono la bella chiesa e i grossi maglioni del capoluogo Flakstad, poi ecco la lunga e chiara spiaggia di Ramber dove si vedono vele e surf, ma soprattutto il giorno e la notte (tanto sono la stessa cosa…) prendono una piega diversa quando si imbocca la deviazione per il Nusfjord, caratteristico e piccolissimo villaggio dentro un fiordo, protetto dall’Unesco, con le sue casine rosse di legno che si specchiano come le alte vette nel mare azzurro.

Un luogo incantevole, uno scrigno prezioso, incastonato tra bracci di mare e rocce, forse il più raccolto e fiabesco tra i villaggi delle Lofoten, un vero archetipo del villaggio silenzioso del Nord. Anche qui bisogna fermarsi minimo un paio di giorni.
Le Lofoten vanno infatti scelte e percorse lentamente, lentamente vissute, non può bastare uno scalo del battello postale dei fiordi o peggio ancora una visita veloce dai bestioni da crociera.
Di un posto come Nusfjord ti resta dentro tutto, l’aria tersa e pulita, i colori accesi, il lieve rumore delle canoe sull’acqua, il verde brillante dei dintorni, le scene di vita quotidiana, le taverne per le pause serali.
Reine, un quadro

Moskenoy è un’isola stupenda, ci si arriva con la solita suggestiva E10 dopo aver passato il pittoresco paesino sull’isolotto di Hamnoy e la cartolina di Sakrisoy. Centro della vacanza in questa isola è la panoramica Reine, altra meta di artisti, eletta più volte luogo più bello della Norvegia, con la sua vista strepitosa sul Kirkefjord e i piccoli villaggi di rorbuer dove passare obbligatoriamente altri due o tre giorni. Per le escursioni che sono stupende: in battello al fiordo di Reine e alla favolosa spiaggia di Bunes (percorso di 40’ a piedi da Vinstad) sui kayak in mare, il birdwatching, le battute di pesca, i trekking più panoramici.
Dalla cima del Monte Navaren si ammira lo straordinario panorama del Bunesfjorden, prati fioriti e spiagge bianche come ai Caraibi! Reine quindi merita la sosta più lunga e più dolce, e dopo il pieno di natura si può gustare una cena tipica al ristorante Gammel Bua.
Protagonista principale della cucina di Reine è sicuramente il pesce, il merluzzo con mille ricette, bollito, alle erbe, ai legumi, con salsette, fritto in tranci e poi il salmone, le polpette di luccio, le aringhe, ma anche gli stufati di renna e di agnello, i formaggi, le more artiche, i lamponi, i mirtilli, le fragole con la panna, la birra artica, l’acquavite… Slurp!!!

A
Dopo una breve sosta al museo delle bambole e dei giocattoli di Sakrisoy e delle belle foto al villaggio di Tind la meta finale e poetica raggiungibile via terra col tragitto della E10 è il piccolo e delizioso villaggio di A (scritto col pallino sopra, ma non ho il carattere sulla tastiera del mio pc per descrivere bene questo punto nel mondo, che si chiama con l’ultima lettera dell’alfabeto norvegese!).
A è proprio un posto ultimo, sperduto, immaginario quasi, sede del museo del merluzzo e paesino col nome più breve del mondo! Tra i vicoli scarni e freddi di A si percepisce la fine del mondo abitato, la grandezza, la paura e il rispetto per l’Oceano, come l’importanza delle tradizioni che tengono pescatori e ragazzi e ragazze dalle guance rosse aggrappati a queste scogliere.
Per esempio ad A si impara che con la salatura dei merluzzi più grandi si fa il baccalà, mentre facendo essiccare i pesci al vento sui tipici tralicci si ottiene lo stoccafisso (da stock-fisk, ovvero pesce sul bastone) che è il vero oro delle Lofoten, basti pensare che una cattiva annata di pesca al merluzzo nelle Lofoten si ripercuote pesantemente sulla Borsa valori di Oslo!! Mi piace immaginarmelo con la neve questo posto, con il manto bianco e con l’aurora boreale che questo viaggio non mi concede.

La fine del Nautilus
Curiosità: tra i gorghi dello stretto di Moskenesoy Jules Verne fa inghiottire il Nautilus del Capitano Nemo nel libro “Ventimila leghe sotto i mari”. Proprio una spirale che rappresenta la temibile corrente dell’isola, il Maelstrom, descritto nei Racconti Fantastici di Edgar Allan Poe come “una voce spaventosa, metà urlo e metà ruggito…un rombo sonoro che cresce gradualmente, simile al muggito di una sterminata mandria di bisonti” è lo stemma di Moskenesoy…
Ad A si può decidere di fermarsi per l’ultima notte, in un rorbu con la stufetta e il pontile ovviamente, prima di compiere il tragitto di ritorno col traghetto Moskenes-Bodo.
Dove finisce il mondo
Le piccole isole meridionali di Varoy e Rost, le meno visitate ma raggiungibili con battelli o mini aerei, sono il regno del birdwatching vista la presenza delle pulcinelle di mare (che sono anche cibo per gli abitanti, essendo l’isola davvero fredda e inospitale…), delle sule, dei cormorani e dei gabbiani. A Varoy si cammina sulle spiagge selvagge a Nordlandhagen e Sanden, Rost invece è il regno delle aquile di mare. Nelle isole più estreme si fa largo una strana sensazione: come avevo letto prima di partire su una rivista tra queste onde e questi minuscoli villaggi sbattuti dal vento riecheggia il ricordo degli scambi commerciali con le Repubbliche marinare italiane, iniziati col naufragio di una nave veneziana. Alcuni abitanti hanno infatti capelli mori e nomi italiani!
Lo spettacolo degli uccelli specie a Rost e negli isolotti vicini è incredibile, essi si gettano a capofitto lungo le pareti di granito, sono loro oppure le orche i veri protagonisti della natura alla fine del mondo.


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