Un reportage a puntate sul meraviglioso paese maghrebino mi sembra giusto cominciarlo proprio adesso, adesso che la natura lo ha drammaticamente ferito.
Il disastroso terremoto di settembre 2023 che ha fatto cadere le mura e i minareti di Marrakech, chissà se le torri di fango della Via delle Kasbah e che ha soprattutto ridotto in polvere e spezzato nel dolore la vita di tanti piccoli e umili villaggi sui Monti dell’Atlante, ha risvegliato in me le memorie di un viaggio indimenticabile, durato circa un mese e svolto dal Mediterraneo di Tangeri al Deserto del Sahara.

Ora per affetto, per memoria, per riconoscenza e per solidarietà voglio parlarne su questa rivista che avete imparato a seguire, nella speranza che appena possibile sia possibile ritornare a viaggiare da quelle parti che davvero tolgono il fiato.
Il Marocco lo merita.
Il Marocco ha mille volti: la sua porta di ingresso in genere è appunto la bianca Tangeri, bianca e adagiata tra porto e colline, il luogo dove tanti intellettuali e pittori europei hanno cominciato a sentire il cosiddetto “Mal d’Africa” o dell’Africa hanno comunque colto per la prima volta la luce e quel senso estraniante di esotico che ci coglie ad altre latitudini.

Da un colore all’altro, dal bianco all’azzurro: ecco Chefchaouen, pronta a stupire per i suoi vicoli, le sue scalinate, i suoi angoli che sembrano uscire da un quadro.

Poi in genere si visitano le famose Città Imperiali, la storica capitale Rabat, l’arabeggiante Meknes, la caotica e pittoresca Medina di Fès che ti inebria coi suoi profumi di spezie e che ti stende con l’odore del suo suk delle concerie a cielo aperto, fino a Marrakech, Marrakech la rossa, la città-mercato, la pace dei Ryad, Marrakech bella come una favola orientale.





Più a sud comincia il grande paesaggio del sud marocchino, per quella via di kasbah (cittadelle di argilla fortificate che si trovano lungo corsi d’acqua e palmeti) che fa venire in mente tanti ricordi cinematografici e per quelle dune ondulate e magiche di sabbia che annunciano il grande vuoto. Ouarzazate, Erfoud, Zagora, Merzouga, eccoli i nomi della frontiera, che arriva al bollente Sahara.


Il ritorno del viaggio fatto con la mia fidanzata, a tratti da soli, a tratti con un simpatico gruppo in jeep, è stato senz’altro più fresco perché diretto verso l’Oceano.
Essaouira è una cittadina incantevole e dagli spalti dei suoi bastioni portoghesi offre scene di pesca, di arte e di surf. Il mondo moderno arriva alla fine con Casablanca, grande, inquinata, caotica, vibrante, che trova pace solo all’ombra della sua enorme moschea.


In mezzo a tutto questo una cucina varia e saporita da scoprire soprattutto sollevando il coperchio a punta dei taghinè, cercando di individuare tutti gli aromi delle spezie o dei thè; una musica etnica che a volte ti accompagna in stati di trance, specie quando sei in riva al mare, fra i vicoli di un suk o nell’ultima oasi prima di annullarti nel Sahara; l’eco di film diventati icone di stile, come “Marrakech Express” di Gabriele Salvatores o “Il Tè nel deserto” di Bernardo Bertolucci che hanno esplorato come pochi altri il senso del viaggio, dell’amicizia, dello smarrimento, dell’amore, come il “Casablanca” che ha reso immortali Humprey Bogart e Ingrid Bergman, “Lawrence d’Arabia” che ha significato la stessa gloria per Peter O’Toole o i più moderni “Babel” e “The Forgiven” sempre con protagonista l’estraniante deserto, fino alle scene di sequenze de “Il Gladiatore”, “La Mummia” o “Le quattro piume”. Tutti girati nello spazio marocchino, uno dei più affascianti dell’Africa.

La letteratura in aggiunta, che tanto può ispirare ed accompagnare un viaggio in Marocco e tra le tappe di questo viaggio nelle pagine mi sento assolutamente di consigliare parecchie opere: “Le voci di Marrakech” di Elias Canetti che come pochi altri libri al mondo ha saputo raccontare i colori, i profumi e gli umori dei suk, “La rosa del deserto” per scoprire tutta la poesia di Pep Subiros, “La terrazza proibita” per provare ad affacciarsi con Fatima Mernessi nel mondo degli harem, “Creatura di sabbia” e “Un giorno di silenzio a Tangeri” per avvicinarsi al più grande scrittore moderno, Ben Jelloun, e ovviamente “il Tè nel deserto” di Paul Bowles che ha ispirato l’omonimo film.
Il Marocco è anche un paese pieno d’arte perché nei suoi suk l’arte è onnipresente, semplice, povera magari, frutto delle fatiche di artigiani, perché nelle moschee, nelle madrase, si esibisce ricca e gloriosa, negli eleganti ryad si esprime anche con un semplice portico, fontana o giardino. Fino farti trepidare il cuore alla vista delle imponenti e fragili Kasbah. O a emozionarti negli acquerelli di Essaouira e Tangeri.

Viaggiare in Marocco è una di quelle esperienze che in una vita va fatta, chi ha fortuna come noi può dedicarci un mese, chi lo ama perché è la sua idea di esotico, di sud, spesso ci torna anche di più, visto che ormai oltre al Tour delle Città Imperiali e ai paesaggi di Kasbah e Sahara si sono affiancati i pratici voli low cost per vivere long weekend pieni di emozioni a Marrakech, a Fes, a Tangeri.
Importante è tornarci, aiutare questa gente a uscire dalle rovine, con un viaggio responsabile, curato, attento. Il dolore del sisma può e deve scomparire nel sorriso di un bambino nella medina o sulla duna più alta e più bella che aspetta soltanto Voi.
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