Un patrimonio culturale che confina col mistero

Dal profondo del continente, dai villaggi sperduti nella polvere della savana, dalle capanne di fango, dal fitto delle foreste equatoriali, dagli avamposti di remote frontiere, dalla natura dominata dai deserti o dai vulcani ci arriva la grande tradizione artistica delle maschere africani tribali, simbolo di un patrimonio culturale tanto immenso quanto per molti versi ancora sconosciuto e disperso.
Iconiche, affascinanti, oggetti sacri, strumenti di comunicazione tra il mondo dei morti e quello dei vivi, che siano di bronzo, di legno, di ottone, di rame, di cuoio, di terracotta, di tessuto, di minerali preziosi o composte dei materiali più poveri e grezzi esse rappresentano la testimonianza viscerale di credi religiosi animisti, la memoria storica di popoli minori e l’orgoglio di interi ceppi etnici.
L’anima del legno
Di certo il materiale preferito risulta essere il legno e per motivi che possiamo ben comprendere: in tutte le culture africane gli alberi possiedono un’anima spirituale e le tribù spesso sacrificano un animale per chiedere il permesso agli alberi di inciderli … quale migliore materia artistica potrebbe esistere per entrare in contatto con gli spiriti?

Diventare come gli spiriti
Sotto il Sahara, nell’Africa equatoriale come in quella del Sud, nei paesi secchissimi dove non piove mai come in quelli umidissimi affacciati sul golfo di Guinea o negli altopiani dove è cominciata la storia dell’uomo le maschere vengono indossate da uomini di medicina e da stregoni, da sacerdoti o da capi tribù anziani che assumono funzioni di intermediari nel rapporto coi loro dei, coi loro antenati e con gli spiriti adorati o temuti dalla comunità locali. In qualche caso con le forze soprannaturali. Di queste figure incarnano quindi l’essenza e il mito, il corpo e la mente, le forze maligne o benigne e le riversano nella vita della tribù con balli, urla, gemiti e stati di trance.
In fondo chi indossa una maschera nel mondo delle tribù e dei riti e dei sottoboschi africani abbandona per un attimo, per una sera, per una festa, per una cerimonia la sua identità e assume quella dello spirito o dell’avo. Si erge a medium con altri mondi, misteriosi, lontani.

I momenti sociali
Dietro ogni maschera c’è davvero un piccolo mondo di simboli, di tradizioni, di significati. Esse sono forme d’arte particolarmente care ai popoli africani perché le usano nei canti e nelle danze, durante i matrimoni o i funerali, per festeggiare un raccolto o una pioggia o una nascita.
Spesso le maschere presiedono a cerimonie ma anche a riti di iniziazione, accompagnano i ragazzi che diventano adulti, che magari imparano a cacciare o nei casi più gravi ad andare in guerra con la tribù nemica.

Tutti gli addobbi delle maschere (le ossa, le perline, i diversi colori tratti da terra, semi, piante, insetti, i ciuffi di paglia, i pezzetti di legno, di denti, di corna, le conchiglie, le fibre vegetali) e anche i loro disegni geometrici compongono un unico insieme iconografico, la Maschera appunto, che ha origine nella notte dei tempi e rappresenta un rituale, un credo, una cultura da manifestare o da ricordare o da proteggere, oppure un potere magico e religioso da rispettare. Che gli africani si mettono davanti al volto o si poggiano sul petto o sul capo, come elmi.
Animali o donne?
Tantissime volte le fattezze delle maschere in Africa richiamano quelle delle animali e ogni animale porta con sè ed esprime un significato, una metafora, un esempio, una virtù: l’elefante è collegato alla grandezza, alla saggezza, il leone alla regalità, il leopardo al mondo della notte e dei misteri, la scimmia ai dispetti, ai capricci e alle cattiverie, il bufalo alla forza, l’ippopotamo alla simpatia, l’antilope al mondo dell’agricoltura. Ma non mancano pesci, uccelli, serpenti, tartarughe, giraffe, rinoceronti, coccodrilli, facoceri e tanti motivi floreali. Molte maschere celebrano invece la bellezza delle donne e sono dei capolavori di estetica, geometria e di raffinatezza stilistica, puntando sulla raffigurazione fedele di occhi sensuali, a mandorla, di menti sottili, di acconciature particolari e gioielli ornamentali.

Una mappa del continente “mascherato”
Ecco alcuni pregevoli esempi di popoli e paesi dove le maschere hanno una grandissima tradizione: i Baulè e i Senefou della Costa d’Avorio, i Biombo e i Pende in Congo, gli Zanna e i Punu in Gabon, gli Yoruba e gli Edo in Nigeria, i Bwa e i Buna del Burkina Faso, i Chokwe e gli Yaka dell’Angola, i Makonde in Tanzania e probabilmente davanti a tutti i Dogon del Mali che hanno il pantheon dei record con oltre 70 maschere rappresentanti varie divinità. Tutte queste forme d’arte hanno anche ispirato Picasso, Modigliani e il cubismo.
Souvenir responsabile
Qualcosa dai viaggi africani si può riportare a casa, le maschere (chissà quanto autentiche) si possono trovare in giro per mercatini o sul web e sono sicuramente degli oggetti belli ed evocativi per creare una parete in una casa di vacanza. Sperando di non disturbare nessuno spirito, di non urtare nessuna sensibilità e di non ridurre mai nessuna cultura a un feticcio.
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