Il prezzo dei mondiali
Dei Mondiali di calcio del Qatar ancora prima del loro svolgimento fa impressione un dato, terrificante: nel paese degli sceicchi, dei grattacieli, del petrolio, della nuova tecnologia e della sfacciata opulenza, circa 7.000 operai arrivati soprattutto dal subcontinente indiano (Bangladesh, Nepal, Pakistan, Sri Lanka) o dal Kenya o dalle lontane Filippine sono morti (la fonte è del Guardian)per colpa del caldo torrido, per elevare una curva, per la caduta da una torre, per un incidente in cantiere, di auto, di gru. Per edificare alla svelta quanto serviva per intrattenere squadre nazionali e gruppi di tifosi. Lavoratori migranti, sfruttatissimi, schiacciati sotto il peso delle loro poche residue speranze, quelle di trovare fortuna con la costruzione a tempo di record di sette stadi avveniristici in un territorio grande quanto il nostro Abruzzo. Rimasti là, sotto il cemento, con l’ultima immagine delle loro vette, delle loro risaie o delle loro spiagge vergini nella testa. Scappati da povertà, fame, carestie, inondazioni per non morire e morti invece per celebrare l’effimera gloria sportiva e commerciale di potenti e prepotenti sceicchi.

Questa cifra drammatica probabilmente ci rimbalzerà in testa, fino al giorno in cui la squadra vincitrice di questo calcio di plastica, basato molto sui diritti tv e poco sui diritti umani alzerà al cielo la Coppa.
Faro sul Qatar, dunque.
Cosa è, tra sabbie e futuro. Cosa ha, oltre i petrodollari. E cosa è diventato.


Qatar, cenni storici e culturali
Il Qatar è uno dei vari Emirati Arabi sorti nel XX secolo nella penisola arabica. Con una storia poco significativa è stato dominato con le sue sabbie da persiani, ottomani e britannici, prima di diventare indipendente nel 1971.
Nelle sue relazioni internazionali aleggia un’ombra che quando non è ambivalente (il Qatar appoggiò l’Iraq nella guerra contro l’Iran ma fu dal suo territorio che partirono gli aerei Usa per la guerra in Iraq!) è parecchio oscura, perché nel giugno del 2017 paesi come l’Arabia Saudita, l’Egitto, il Bahrein, le Maldive e gli altri Emirati Arabi hanno rotto ogni rapporto col Qatar accusandolo del sostegno di gruppi islamici integralisti come Hamas e come in Fratelli Musulmani in Egitto. Solo di recente (per affari di petrolio o per il business dei Mondiali di calcio…?) si è registrato qualche segnale di “scongelamento”. Scongelamento a 50 gradi, esattamente!
Per la cultura si segnalano quattro o cinque cose: le moschee, da quelle più tradizionali a quelle più moderne, il sito archeologico di Al Zubarah, patrimonio Unesco, le torri del vento che rinfrescano le abitazioni tradizionali, la folkloristica danza della spada e le seguitissime corse dei dromedari. La cucina si basa sulle tradizioni beduine del deserto e sul pesce, proibiti assolutamente l’alcool (almeno così sembra…) e la carne di maiale. Vietati pure i cioccolatini col liquore dentro!


Qatar, cenni geografici
Parliamo di un piccolo stato, di una piccola penisola, di una regione assolutamente brulla, desertica e solo pianeggiante, che si disseta quando si affaccia sul mare. Quel mare che gli ha regalato ogni fortuna, con gli immensi giacimenti petroliferi presenti sui fondali del Golfo Persico, quel mare che prova a dominare anche con le architetture e i complessi residenziali di lusso, costruiti sopra isole galleggianti.

Tutti concentrati sulle isole, come nella vicina Dubai, i grattacieli, i casinò, gli alberghi, i divertimenti, le marine, gli sfarzi degli sceicchi e i quartieri per gli abitanti più ricchi.
Tutto quello che arriva in Qatar dipende dall’importazione, la terra secca non permette colture agricole importanti, il processo di desalinizzazione del mare assolve alle necessità domestiche. Il clima estivo è bollente, umidissimo, con frequenti tempeste di sabbia, d’inverno invece le sere regalano un po’ di sollievo, scendendo la temperatura finalmente ai 15-20 gradi: ecco il perché del primo mondiale di calcio della storia giocato tra novembre e dicembre.
Per la pastorizia le risorse non mancano, così come per la pesca. Ma come noto la vera ricchezza risiede nei pozzi di petrolio, scoperti in soluzione crescente dal 1940 in poi. Inoltre il Qatar possiede i più grandi depositi del mondo di gas naturale e con tutti questi miracolosi proventi sta provando ad avviare una enorme industria turistica sul modello di Dubai e Abu Dhabi. I dollari scorrono a fiumi tra le mani degli sceicchi, non a caso le due squadre di calcio tra le tre più ricche del pianeta sono in mano loro: il Paris Saint German e il Manchester City.
A livello di comunicazioni la Qatar Airways è probabilmente insieme alla Emirates la miglior compagnia aerea del mondo, nella penisola si stanno costruendo autostrade a sei corsie dove sfrecciano veloci le macchine di lusso, mentre uno strano controcanto è quello determinato dalla linee ferroviarie appena cominciate.

Una passeggiata per Doha
Doha è l’avveniristica capitale del Qatar, la città dove vive metà della popolazione del paese (tre milioni di persone), costituita per il 70% circa da immigrati. Era un antico villaggio di pescatori di perle…
La sua scena più tipica, che riesce a far pensare ancora un po’ ai tempi passati, è quella delle tipiche barche arabe in legno a poppa alta, i dhow, che servivano ai trasporti e ai commerci, sistemate lì sulla baia con dietro la silhouette di imponenti grattacieli in vetro e cemento. Un po’ di tradizione è conservata anche nel Suk e nel Museo Feriq, un bel palazzo di argilla dove a fianco dei reperti mesopotamici si mostrano e raccontano usi e costumi dei beduini, dei pirati e dei navigatori che vivevano sulle coste e dei pescatori di perle che prima del petrolio avevano scoperto un altro tesoro.
Per il resto i grandi palazzi e alberghi di Doha scintillano sul mare della Corniche come lingotti d’oro, hanno forme di missili o di piramidi tronche, di cilindri, archi o vele, i rubinetti in alcune suites sono letteralmente d’oro, teatri, ospedali e TV nazionale sono ospitati dentro edifici ultra-moderni e tecnologici. Nei vicoli più tipici della sua parte vecchia si trovano negozietti che vendono prorotti artigianali e spezie, mentre nei grandi negozi e magazzini si trovano facilmente tutte le firme e i beni occidentali, oltre che l’immancabile trionfo di elettronica giapponese e l’orgoglio nazionale, le gioiellerie che trattano oro e perle.

Per la sua ubicazione sul mare Doha ha un esclusivo circolo velico e vi si possono praticare sport marini.
Poco distante una delle Università più belle e moderne del mondo, progettata dall’archistar palestinese Al Kaddumi: gli studenti sono circondati da gigantesche vetrate e verdi e profumati giardini. E’ qui che si progetta e si prepara con le menti più brillanti il futuro della Nazione.
Nei palazzi e nelle ville più eleganti di Doha ovviamente vivono gli emiri, serviti e riveriti, in saloni magnificenti, nei loro harem privati probabilmente, coi loro banchetti con montoni allo spiedo e datteri freschi consumati sopra tappeti pregiati, tra piscine e parchi privati. Tra i parchi pubblici bello quello al centro di Doha, Montazah Park e quello zoologico che preserva gli ultimi esemplari delle orici, le antilopi del deserto.
Al porto, nei cantieri dei Mondiali, nelle periferie, l’altro volto di Doha: gli abitanti del subcontinente indiano che sbarcano il lunario come possono.
Quali diritti umani?
In Qatar c’è poco da dire e da fare, comanda l’Emiro. E’ insieme Capo dello Stato e Primo Ministro e appartiene alla famiglia degli Al Thani, la stessa dal 1825. A Doha e dintorni non esistono parlamenti e partiti politici, vige la legge islamica della Shari’a e se un ladro viene sorpreso a rubare gli vengono tagliate le mani, come 500 anni fa. Le donne sono coperte dal velo, partecipano pochissimo alla vita pubblica. La morale del paese è la più conservatrice e retrograda del Golfo Persico, nonostante il petrolio, il lusso e lo sguardo perenne rivolto al futuro.
Per esempio la blasfemia può essere punita con sette anni di carcere e il proselitismo che cerca seguaci fuori l’Islam può causarne dieci! Per esempio molti lavoratori stranieri, di nazioni e religioni ritenute inferiori, vengono duramente sfruttati, sottopagati, privati dei documenti, delle garanzie sindacali, di un’assistenza sanitaria decente, costretti a orari e mansioni di semi-schiavi e nei casi delle donne molto spesso alla prostituzione (ma qui cala il buio delle versioni ufficiali…). Per esempio gli alcolisti e gli omosessuali vengono fustigati, incarcerati o espatriati e gli adulteri possono essere condannati a morte, per esempio le testimonianze delle donne nei tribunali valgono la metà di quelle degli uomini, per esempio nelle feste di matrimonio uomini e donne sono separati. Le donne, almeno, possono votare, lavorare, partecipare alle Olimpiadi.
Per azioni di spionaggio, omicidio e condotte contro la sicurezza nazionale può essere prevista la pena di morte. Leggi cibernetiche impediscono produzione e divulgazioni di contenuti danneggianti il paese. Altre religioni rispetto all’Islam sono ammesse ma vanno coltivate in modo discreto. L’apostasia è appena tollerata. E solo in casi eccezionali si può concedere la cittadinanza del Qatar a cittadini stranieri.
Lo stesso turismo in entrata è un fenomeno ancora soltanto accennato: gli emiri faranno vedere a tutti le loro residenze, le loro oasi nel deserto e le loro spiagge di sabbia fine, “quando saranno pronti”. A stupire tutti con le loro costruzioni e organizzazioni, o anche solo ad accettare le donne occidentali in bikini o minigonna e gli uomini in bermuda.
Quanto tempo servirà? Basterà un Mondiale di Calcio per aprirsi davvero al mondo?

L’attuale Emiro del Qatar, Tamim Bin Hamad (foto da wikipedia)
P.S
“Il Grillo Viaggiante” prova solo per accettare il grande gioco a lanciarsi in un pronostico coraggioso: vincerà la Spagna in finale sul Brasile, terza e quarta Belgio e Francia. Squadra rivelazione il Marocco. Non prendeteci in giro se le sbagliamo tutte!
Buono spettacolo, che nonostante l’assenza degli Azzurri, come sempre ci sarà.
E buona Coppa del Mondo, a chi riuscirà a pensare solo a quella.
Che si inaugura allo stadio Al Bayt, “La casa dell’aria”, 30 km fuori la capitale, una cattedrale nel deserto, una delle 8 astronavi dei Mondiali, con una copertura che fa pensare a una colossale tenda beduina.
Che finisce allo stadio Iconico di Lusail, costruito in un distretto della capitale, la cui forma ricorda una grande ciotola ricamata. E che dopo i mondiali ospiterà scuole, servizi, negozi e altri impianti sportivi, evitando il destino di rimanere isolato nel deserto come un elefante bianco.
Magari alla fine il Qatar e la FIFA, ma proprio alla fine, contando i soldi raggranellati, riusciranno a risarcire pure qualcuna delle 7.000 famiglie che hanno perso un congiunto.
In questo modo, l’unico possibile, l’unico nobile, il ricchissimo paese arabo potrà cominciare a comunicare al mondo di non essere dominato solo dalla logica degli idrocarburi (concorrono al 55% delle entrate statali, al 90% delle esportazioni e al 45% del PIL) e dei petrodollari. E a mostrare che la sua simpatica mascotte, il fantasmino volante con la kefiah, si sia ricordato di qualche poveraccio morto per innalzare i templi del calcio nel Golfo Persico.
Prova a cambiare, Doha.
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