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Storie dal mondo

Nel paese del Vudù

Quella idea del Vudù

Il vudù per gli stereotipi tipici di noi occidentali: qualche immagine pittoresca scavata nella memoria, magari basata sulla visione di un film, di un documentario o sulla lettura di un fumetto di Tex o Zagor. Atmosfere eccitanti o tenebrose, la consapevolezza di osservare qualcosa senza poterne o saperne fare parte. Un mondo primordiale che esce fuori attraverso riti e formule crude, estranianti. Una sottile sensazione di paura, mista al rispetto, mista alla curiosità.

Nel paese deI Vudù, Un mondo primordiale che esce fuori attraverso riti e formule crude, estranianti

Il vudù che al nostro cospetto al massimo è una bamboletta di pezza trafitta di spilli, una maledizione sotto forma di cantilena, uno stregone invasato coperto di stracci colorati, una donna posseduta che si dimena accanto a un fuoco. Il mondo straordinario e inquietante dei guaritori e dei feticci. Il pentolone che bolle e una qualche forma di sevizia e di sortilegio che dai pupazzetti si trasferisce al “nemico”.
Il vudù che arriva dai bassifondi di New Orleans dove nelle baracche sul fiume sono finiti a bere e a sperare gli eredi degli schiavi di qualche villaggio africano, il vudù che accende le speranze nella violentata terra di Haiti dove terremoti, colera, disastri sociali e guerre civili dovevano per forza trovare rifugio in qualcosa di forte, di primitivo, legato al mondo istintuale e ancestrale. Il vudù stretto parente della Santeria cubana o dei riti celebrati nel Brasile nero di Salvador de Bahia.
Ma alla fine bisogna saperlo: il paese del vudù è soprattutto il Benin, un lembo di Africa occidentale, schiacciato tra il Togo e la Nigeria. E’ solo qui che questa tradizione è diventata la forma di religione ufficiale, praticata dall’80% della popolazione.

Che paese è il Benin

il paese del vudù è soprattutto il Benin, un lembo di Africa occidentale

La geografia del Benin seguendo la mitologia del vudù, breve tentativo di viaggio.
A sud la cittadina costiera di Ouidah pare che sia soggetta al controllo di forze soprannaturali. Qui ogni 10 gennaio si celebra il Festival del Vudù tra danze, preghiere, esagerazioni e folklore.
Nella stessa località si percorre la tristemente famosa “Via degli schiavi”, un percorso tra la piazza dove erano venduti all’asta, l’albero attorno al quale giravano in catene e “la Porta del non ritorno” che significava il viaggio definitivo verso le Americhe.
Riti vudù anche ad Abomey, l’antica città reale a 100 km dal mare, oggi piena dei colori dei mercati, dei suoni dei tamburi e di tanti poveri e affamati analfabeti spesso attaccati a una bottiglia di whisky scadente. Durante questi riti vengono sacrificate le capre o i galli, il loro sangue scorre sui tappeti, tra i cuscini, sporca la terra, si mischia alle foglie, pittura la pelle o viene anche bevuto…
Riti sulla spiaggia e nelle notti di Grand Popo dove si vive quasi esclusivamente di pesca.

Riti sulla spiaggia e nelle notti di Grand Popo dove si vive quasi esclusivamente di pesca.

Riti nel centro principale del Benin, Cotonou, l’altra città-mercato, porto sempre vibrante, puzzolente, affollato, affogato nella sua spazzatura. Dove la musica rasta è legge.
Riti nel villaggio di palafitte di Ganviè, riti a Possotomè sulle sponde del lago Ahèmè.
Appena si lascia la costa che procura almeno un po’ di sollievo col suo vento e il suo mare ecco succedersi all’interno del paese le umili capanne di argilla dove non arriva l’elettricità ma dove si alzano antenne per far funzionare qualche cellulare di seconda o terza mano; i camini che fumano nei villaggi polverosi, dove le vecchie rugose ti fissano trapassando il tuo sguardo e dove dentro grandi pentoloni si cucinano la polenta di manioca, lo spezzatino di bufalo e addirittura i piccoli caimani per pasto; i bambini che corrono mezzi nudi anzi leviamo il “mezzi”, i pozzi della speranza che spuntano nelle campagne più aride, le scuole di fango, le chiese che provano a far convivere riti e preghiere, qualche dio e qualche spirito…

le chiese che provano a far convivere riti e preghiere, qualche dio e qualche spirito

La luce biancastra dell’aria che si mischia alla sabbia del deserto, il terribile sole africano, poi l’orizzonte che si trasforma, la natura selvaggia rinfrescata dai grandi alberi di papaya, mango e manioca, dalle foreste piene di rocce granitiche e infine verso il nord del paese ecco che rispunta la terra rossa, tanta terra nuda e rossa, con gli ultimi bufali e antilopi e facoceri cacciati nel Parco del Pendjari. Coi treni che quassù arrivano solo quando si riempiono, in una tabella di partenze e arrivi così provvisoria che può essere solo africana, con le locomotive che sbuffano faticosamente su binari vecchi di oltre un secolo, guardate poco lontano dagli elefanti.
Pochissimi turisti, l’immensa e problematica e violenta Nigeria accanto, un passato di dolore per l’esportazione di migliaia di schiavi.
Cosa allora poteva accendere il piccolo e insignificante Benin, rimasto per oltre 60 anni una sfruttatissima colonia francese…?
La religione del vudù probabilmente, solo lei, col suo fascino, il suo mistero tenebroso.
Con le sue stranezze raccapriccianti, i suoi sacrifici di sangue.
Il Vudù coi suoi potenti sacerdoti che arrivano anche a risolvere le liti delle comunità, a curare in qualche modo le malattie e i pesi dell’anima, a proteggere la natura (sia essa una foresta, una spiaggia, un altopiano deserto o un lago) e ad amministrare la giustizia.

Dentro il Vudù

Il vudù è una religione africana e afroamericana dai caratteri sincretici, nata tra il ‘600 e il ‘700 e legata non solo ad elementi di magia nera ma anche ad una sua particolare cosmologia.
La parola secondo wikipedia deriva dal termine africano vodu, che letteralmente significa “spirito”, “divinità”, o ancor più letteralmente “segno del profondo”. E di profondità veramente si tratta perché i riti del vudù hanno avuto origine negli elementi ancestrali dell’animismo dell’Africa nord occidentale, per poi espandersi, con la tratta degli schiavi a fare da veicolo, nelle Americhe e nei Caraibi.

deriva dal termine africano vodu, che letteralmente significa "spirito", "divinità"

Un po’ ovunque il vudù rappresentò per gli schiavi africani uno spiraglio di luce nella miseria della schiavitù, una fede comune, forte, atavica, che poteva farli sentire parte di una cultura valorizzata e anche parte di una comunità.
La sua storia parla di una chiara ostilità sempre mostrata dalla religione cattolica ufficiale che nonostante mischiasse con essa elementi, dottrine, santi, non poteva mai assimilare fino in fondo la sua componente evidente di oscurantismo, superstizione e magia.
In Benin il Vudù è riconosciuto come “la religione” dal 1996, ad Haiti compare accanto al cristianesimo nel 2003. In entrambi i paesi, priva di testi sacri, affidata solo alle tradizioni orali e ai suoi rituali, si è talmente diffusa da occupare lo spazio tradizionalmente occupato dal linguaggio, dalla filosofia, dalla musica e dalla medicina.

Il Pantheon

Il vudù afferma l’esistenza di una divinità suprema, che nella tradizione africana sarebbe indicato col termine di Gran Met (dal francese Grand Maître, ovvero “Grande Maestro”), ma questa divinità suprema resta lontana e inconoscibile. Gli abitanti dei villaggi del Benin allora “comunicano” con i Loa, degli spiriti collettivi presenti in natura, per chiedere loro dei favori tramite le preghiere e i sacrifici di animali. E rispettando essi rispettano la natura, spesso l’unica fonte di sostentamento.
Esempio: se si crede a una divinità Loa che vive nel centro di un lago, quel tratto di acqua diventa sacro, le barche non ci passano mai, neppure per la pesca e la conseguenza è che i pesci si riproducono più facilmente e diventano cibo per la comunità quando vengono pescati nelle altre zone.
Altro esempio: su qualche enciclopedia scopro che il Loa Papa Legba è raffigurato come un vecchio ad un crocevia e la sua sfera di dominio sono le strade, i passaggi e la comunicazione. Per questo motivo viene invocato sempre per primo durante i riti vudù, perché accolga la preghiera di aprire i canali di comunicazione attraverso cui gli altri loa, specifici per ogni problema, potranno recepire le preghiere dei fedeli.
Mentre Papa Ghede è la somma collettiva degli spiriti dei morti e il mezzo principale per entrare in contatto col mondo dell’oltretomba in cui risiedono gli stessi spiriti dei morti, che possono essere interrogati attraverso di lui.
Poi ci sono Erzulie, legata alla fertilità e simile alla Madonna cristiana, Ogoun, associato al denaro e al potere terreno, Damballa, il serpente del cielo, Xevioso che è una specie di fulmine pronto a punire i ladri e i bugiardi, Gou che rappresenta la divinità di fabbri e cacciatori.
Tutti loro durante gli intensi rituali celebrati in templi scuri pieni di candele e presieduti da potenti sacerdoti (gli oungan) e sacerdotesse (le mambo) possono possedere i fedeli, che vanno in trance, che imitano fattezze, voci e gesta del Loa e che alla fine dello stato ipnotico sembrano come svuotati e liberati e non ricordano nulla.

Zombie!

Cosa è accaduto?
Che nel momento della possessione divina e dell’estasi il Loa sia entrato nel corpo e in una delle due anime del posseduto, chiamato per questo “Zombie”.
Credenza diffusa in Benin è che gli uomini abbiano due anime, due angeli guardiani, una più grande e pesante, destinata a lasciare il corpo solo con la morte, l’altra più piccola, penetrabile, leggera, dove il Loa alberga per la durata del rito, per la soluzione del problema, per i minuti necessari al contatto col mondo delle ombre.

Credenza diffusa in Benin è che gli uomini abbiano due anime, due angeli guardiani

Altra credenza del Vudù è quella legata alla forza distruttiva della magia nera, guarda caso utilizzata per quindici anni da Duvalier ad Haiti per terrorizzare e soggiogare il suo popolo. Il sanguinario dittatore si proclamò come la reincarnazione del pauroso Baron Samedi e arrivò a dire che JFK era morto a Dallas per effetto di una sua maledizione.
Infine la superstizione che procura più brividi: ad Haiti come in Benin si crede nella possibilità che alcuni potenti stregoni possano resuscitare i morti, creando quelli che noi chiamiamo appunto gli Zombie.
La scienza ovviamente denuncia questa come una fantasia folle e identifica gli Zombie come dei poveracci drogati a tal punto da sembrare assenti, coi corpi ciondolanti e gli occhi capovolti.

La domanda

Nel Benin la Chiesa del vudù è un’istituzione molto importante nella società e nella vita dei cittadini, essa gestisce infatti parecchi servizi pubblici, quali ospedali, scuole ed enti benefici.
La Chiesa quindi arriva a determinare, migliorare, controllare la vita delle persone.
Resta sul tavolo una domanda.
Quanta magia, quanta religione e quanto potere servono per salvare un paese disperato?
Per guarire un malato, per omaggiare un defunto?
Per alleviare le pene di un popolo poverissimo?
O meglio: quale di queste cose serve di più?

Sul terriccio di un qualunque villaggio del Benin restano mescolati nella polvere il sangue, le ossa e le piume di un animale

Sul terriccio di un qualunque villaggio del Benin restano mescolati nella polvere il sangue, le ossa e le piume di un animale, la sua carcassa, un po’ di farina, le gocce di un liquore di palma, i frammenti di un bicchiere, i foglietti con su scritta una preghiera, una invocazione.
La divinità (un uomo saggio coperto di strisce di paglia colorata) riceve il tutto in omaggio.
Un pollo scappa negli orti dietro le capanne, per non essere il prossimo sacrificato.
Dentro il tempio si accendono le candele, si tracciano quei segni esoterici chiamati Veve, si adorano le statue di legno col fallo più grande.
Suonano i tamburi, sfilano i costumi, comincia la danza, arriva lo stato di trance.
Tutto si ferma, il posseduto si ferma.
Diventa possibile il contatto con gli antenati, coi morti, col mondo degli spiriti invocati per la protezione, l’aiuto, la saluta, la fortuna. E ora finalmente presenti.
Nel finale augurato di ogni rituale Vudù.

Nel finale augurato di ogni rituale Vudù

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