Menu
Album

Nel paese delle aquile – prima parte

Il paese delle aquile

Il paese delle aquile

Il portiere ecuadoriano del mio palazzo mi vede per l’ennesima volta con il trolley in mano: “Dove vai stavolta? “Albania”, rispondo. – “Ah, le Albanesi. Gran belle donne. Che corpo…!” Mi sorprende il suo ben diverso immaginario. Quando da noi dici Albania, saltano fuori tremila pregiudizi, e la risposta più comune è “attento al portafoglio”. Forse i paesi di qualunque sud del mondo sanno guardarsi meglio, senza filtri agli occhi, con più naturalezza. O semplicemente sanno ancora guardarsi?

Io, appartenente a un popolo che ha ormai dimenticato di essere stato emigrante nel Novecento e nomade dei dopoguerra, volo allora verso il paese dei pregiudizi, che se va bene viene ancora identificato coi barconi straboccanti visti nel film “Lamerica” di Gianni Amelio, se va male ti tocca sentire tutto il corollario legato a bande di mafie, ladruncoli e puttane.

La mia non sarà una vacanza di piacere ma di lavoro quindi viene da sé che mi sto ficcando in uno di quei viaggi che più che altro serve a conoscere, a capire. E’ anche primavera quindi vedrò la costa albanese ma non mi godrò esattamente il sole, il mare, gli alberghi lussuosi e i ristoranti rinomati di Saranda che pare siano sempre più attraenti e moderni oltre che a buon mercato se paragonati ai nostri cinque stelle.

Atterro nel buio fitto e basta poco per scoprire che l’inglese è merce rara e che, se non vuoi comunicare alla latina, a gesti, muovendo vorticosamente le braccia nel vuoto, è meglio, e più facile, utilizzare l’italiano quaggiù, imparato grazie a Mamma Rai, nel paese delle aquile. Sono proprio le aquile ad accoglierti. Sono ovunque: su un’enorme scritta di benvenuto all’aeroporto (“Welcome to the eagles country”), sulla bandiera nazionale, da cui è scomparsa la falce e martello e la stella a cinque punte e consiste ora di un’aquila nera bicipite su sfondo rosso sullo stesso stemma che noto sulla spalla della divisa della pigra doganiera. Dopotutto lo stesso nome del paese, Shquipëria in Albanese, vuol dire, nell’accezione più popolare, Paese delle Aquile.

L’eroe nazionale

Il principe Alessandro, eroe nazionale, lottò a lungo contro i Turchi

La bandiera albanese fu riadattata nel 1912, dopo secoli di dominio turco, ed è il vessillo della famiglia Skanderberg. Il principe Alessandro, eroe nazionale, lottò a lungo contro i Turchi.

Cresciuto militarmente sotto i sultani ottomani, si rivoltò contro di loro, dedicandosi alla causa del popolo albanese. Pare usasse la cavalleria leggera come Giulio Cesare, in attacchi a sorpresa rapidissimi, e l’astuzia come Ulisse, e che per 25 anni inflisse perdite gravissime e cocenti sconfitte a un esercito mille volte più numeroso. Venne definito difensore impavido della civiltà occidentale e atleta di Cristo. Resistette a lunghissimi assedi arroccato nella fortezza Kruje e lo sconfisse solo la malaria.

Il tassista ci porta in centro attraverso strade poco illuminate e palazzi rovinati, le luci al neon non funzionano tutte ma fanno scorgere migliaia di condizionatori e antenne paraboliche. Mi viene in mente la Istanbul più popolare e decadente.

Lamerica e il suo contrario

Lamerica e il suo contrario

Eppure parecchie cose a Tirana sono cambiate: anni fa migliaia di albanesi tentavano lo sbarco sulle coste pugliesi, con gommoni colmi all’inverosimile, improbabili carrette del mare, abbagliati dalla luce emanata dai nostri splendidi programmi (?) televisivi. E’ così che molti albanesi di oggi hanno imparato, di nascosto, l’italiano. Perché guardare quella televisione era illegale, ci si collegava, da pirati, per poche ore ogni sera. Oggi invece se accendi la televisione è un’overdose di programmazione albanese, in hotel la accendo e intravedo presentatrici con abiti quasi seicenteschi, video che sembrano fatti in Turchia, musica orientale ripetitiva, ma anche ragazze in abiti discinti. Occorre invece adesso un decoder per accedere al mondo dei sogni, della tv italiana ed occidentale. Siamo diventati un sogno a pagamento anche se si sono resi conto che non sempre la nostra accoglienza è stata delle migliori e conoscendo qualche albanese nei locali il discorso va subito e con orgoglio al piccolo contro-esodo iniziato nell’ultimo periodo con l’azienda italiana che sceglie il paese delle aquile per impiantare un call center, aprire una start up o col turista che va ben contento a crogiolarsi al mare e al sole di Salandra.

E al posto dei barconi oggi si vedono palazzoni sempre più alti.

Piccola storia

Questo paese ha una storia recente che rasenta l’assurdo, un masochismo che ha dell’incredibile. Dopo mezzo millennio di dominio turco, nonostante sia invasa da Grecia e Serbia in vena di ingrandimento ai danni di un impero ottomano morente, dichiara l’indipendenza durante le guerre balcaniche di inizio XX secolo. Ridotta a una piccolissima striscia di terra, riceve in dono dalle grandi potenze i confini attuali nel 1913. Da queste linee ideali restano fuori molti albanesi, relegati nelle attuali Serbia, Kosovo, Montenegro, Grecia e Macedonia.

Inizia da lì il mito della Grande Albania, oggi tornato di moda…

La sua rappresentazione più ironica, e meno veritiera, è stata quella imposta dalla pazzesca cartografia cinese, nel periodo di Mao Tse Tung. Per dimostrare di avere almeno un alleato importante in Europa, si disegnavano, nella rossa Cina, mappe con un’Albania enorme, che si mangiava gran parte del mondo balcanico ed era circondata da minuscole Germania e Francia. D’altra parte, Enver Hoxha uno dei dittatori più longevi e crudeli che l’Europa abbia mai conosciuto, si vantava dicendo: noi e i cinesi insieme siamo un miliardo di persone!!

Negli anni Venti, dopo un colpo di stato ai danni della neonata democrazia progressista, si erge a protagonista il primo e ultimo re d’Albania. Zog, si fa chiamare. In albanese vuol dire uccello. Le ali sono simboli che funzionano in questo paese. A me solo il nome incuriosisce, mi ricorda i personaggi cattivi di Flash Gordon, degli extraterrestri malefici o dei maghi demenziali da fumetti di quarto d’ordine. Il buon Zog, che sembra sopravvisse a un clima abbastanza teso, reagendo anche di suo pugno con una pistola che portava sempre con sé, a ben 55 attentati, consentì all’Italia mussoliniana dalle smanie imperiali una penetrazione economica che precederà di pochi anni l’occupazione militare, conclusa in solo tre giorni. Lui fuggirà nottetempo in Grecia con i massimi dirigenti del regime e con le casse dello stato, anziché organizzare la resistenza.

Gli anni fascisti e quelli comunisti

Le Zeta, simboli del potere che potevano trovarsi ovunque, cedettero il passo ai fasci littori. I fascisti erano spinti da due ordini di ragioni, al di là dei desideri espansionistici: un territorio dove, come in Libia e in Etiopia, riversare la popolazione in eccesso, portando ovviamente civiltà, e la sicurezza di accaparrarsi un sottosuolo ricco di risorse minerarie. All’inizio non trovarono praticamente nessuna resistenza da parte dell’esercito, solo più tardi si formarono nuclei partigiani. Tantomeno trovarono il petrolio dei loro sogni. A Tirana e nel paese lasciarono un’impronta indelebile. Furono sostituiti dai nazisti, cruentemente, dopo l’8 settembre. Questi ultimi furono cacciati un anno dopo dalla guerra partigiana, senza alcun aiuto da parte dell’Armata Rossa ma con lo zampino degli inglesi.

Il paese, per quaranta anni, sarebbe stato nelle mani di Enver Hoxha, “illuminato” capo del partito comunista albanese. Di cosa avrebbe dovuto avere paura un’Albania indipendente, riconosciuta dalle grandi potenze, nella sfera comunista del secondo dopoguerra? Chi l’avrebbe potuta invadere? Non so, eppure con Hoxha si vive una tipica sindrome da accerchiamento e vengono costruiti 700.000 solidissimi bunker, uno ogni quattro abitanti (!), elemento tipico, ancora oggi, del paesaggio albanese. Paura degli Americani? Avevano altro a cui pensare direi. Dei Russi? Strana storia, questa.

Il comportamento di Hoxha è, infatti, paradossale. Tutto ti aspetteresti dalla piccola Albania, tranne quello che accade nei successivi quaranta anni. Hoxha si allinea prima a Tito, è comodo, confinano, creano anche un’unione doganale e monetaria: poi quando scopre che da rosso il maresciallo slavo sta deviando pericolosamente verso il rosa e il non-allineamento e che vorrebbe fare dell’Albania una settima provincia yugoslava, il nostro caro dittatore albanese decide di abbandonarlo e di gettarsi nelle braccia dell’Unione Sovietica. Questo amore funziona fino alla svolta “riformista” di Kruschev (rispetto a Stalin tutto è riformista). Non appena un barlume di cambiamento e qualche riforma appare tra le mura del Cremlino, il nostro coerente dittatore lascia anche l’Unione Sovietica, esce dal Patto di Varsavia, abbraccia il maoismo, che rimaneva molto più tosto, abbracciando l’ateismo di stato. Fino alla morte di Mao, dopodiché pure la Cina si ammorbidisce troppo per i suoi gusti e si decide di abbandonarla, accusandola di revisionismo ed infami attività controrivoluzionarie, e di abbandonarsi al nulla. Fu così che gli Gli Yugoslavi e i Cinesi vennero definiti revisionisti, i Sovietici socialimperialisti e quindi gli Albanesi rimasero soli contro il mondo, un mondo che dopotutto, neanche ci faceva troppo caso. Furono quindici anni di isolamento totale, aiuti economici che non arrivavano più da nessuno. Una sorta di buco nero d’Europa. Un paese piccolissimo, con pochissime risorse, condannato a morte. Fu coerenza o follia? Masochismo politico o suicidio economico?

gli Albanesi rimasero soli contro il mondo, un mondo che dopotutto, neanche ci faceva troppo caso

Sicuramente l’Albania di allora non fu un regno delle fiabe ma uno stato di polizia, caratterizzato dal potere assoluto e dal culto della personalità. Una dittatura testimoniata da torture, internamenti e 50.000 uccisioni. Leggo che attorno alle case non erano permessi cancelli, né persiane sulle finestre. Tutti all’occorrenza dovevano potersi farsi spiare!

La Guida Blu del Touring che mi accompagna in questo viaggio insieme a “Bad Lands” di Tony Wheeler, “A Est” di Capitani e Coen e “In Alto Mare” di Caiazza riporta una stima allucinante, affermando che metà della popolazione era coinvolta in attività di spionaggio.

Nel 1985 Hoxha muore, gli succede Berisha, suo medico personale. Nel finto parlamento tutti vestiti uguali battono all’unisono le mani, come robot. Ai funerali una lunga fila di automi, di burocrati come di operai o studenti, probabilmente tutti costretti a essere lì. Gigantografie del defunto occupano Tirana, manco fosse la Corea del Nord.

Poco dopo neanche la caduta del muro di Berlino scuote un paese che va sempre più a rotoli.

La gente inizia a rifugiarsi nelle ambasciate occidentali, prima tra tutte quella italiana. Le sedi diplomatiche accettano di buon grado, essendo favorevoli al cambiamento: ospitano e aiutano chi cercava asilo o rifugio…

Gli albanesi festeggiano il giorno dell’arrivo della democrazia alla fine del 1990 quando gli studenti scesero in piazza per la prima volta cantando le canzoni di John Lennon.

Anche qui, come nei paesi baltici, la gente marcia, protesta e vince cantando. Pochi mesi dopo un fiume di gente abbatte la statua enorme di Hoxha.

Ma in un paese arretrato e isolato la povertà morde: tra la primavera e l’estate del 1991 sbarcano in Puglia circa 20.000 albanesi in cerca di fortuna. «Per la prima volta, in tempo di pace, l’Italia aprì una finestra sul mondo povero, e la potenza dei media portò nelle case degli italiani le immagini di una migrazione di massa», ha scritto sulla rivista del Mulino Massimo Livi Bacci, esperto di demografia. I cittadini di Brindisi brillarono per generosità, offrendo cibo, coperte e riparo a molti di loro.

(continua…)

Offerte e prezzi

Non ci sono Commenti

    Lascia un commento

    Iscriviti al Grillo Viaggiante e Caesar Tour Clicca qui

    Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Maggiori informazioni

    Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

    Chiudi