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Metropolis

Quei quattro ragazzi di Liverpool

Il delirio che è stato

La loro città natale, questo grigio porto del nord inglese, l’Inghilterra tutta e anche il resto del mondo per una decina d’anni sono stati attraversati dalla cosiddetta Beatlesmania: grida e svenimenti, adunate oceaniche agli aeroporti o sotto i tetti dei palazzi dove suonavano a sorpresa, gli alberghi dove li scovavano che venivano letteralmente presi d’assalto, perché c’era il bisogno irrazionale di nuovi idoli, perché vinceva l’amore senza confini per quella musica pop leggera, leggerissima.

Quei quattro ragazzi di Liverpool

Tutto il merchandising e il marketing collegato, i milioni di dischi venduti, alcune delle ballate più belle mai scritte (da “Yesterday” concepita in sogno a “Michelle”, Hey Jude” e “Let it Be”), i motivetti d’amore (“All you need is love”, “Love me do”, “Can’t buy my love”, “And i love her”, “She loves you”), l’amore alla massima espressione (“If i fell”, “Something”, “I’ve just seen a face”, “I will”, “In my life” – e ci fermiamo qui sennò serve un altro articolo!), i viaggi di ogni tipo, fisici, sentimentali e allucinogeni (“Ticket to ride”, “Strawberry fields forever” “Lucy in the sky with Diamonds”) i ritornelli giocosi anche (“Ob la di Ob la da”, “Yellow submarine”): una produzione incredibile e tanti mesi vissuti inesorabilmente da primi in classifica. (Tre link nostalgici: https://youtu.be/wXTJBr9tt8Qhttps://youtu.be/MZ3Vh8jZFdEhttps://youtu.be/VuseJbd2dms)

Capitò così, per quei fenomeni tipici delle mode e della freschezza giovanile che i quattro ragazzi col caschetto e col sorriso, tutti di umili origini, di famiglie appartenenti alla Liverpool operaia, vennero catapultati sui media di tutto il mondo, trasformati in cuscini, adesivi, t-shirt, agende, tazze per l’immancabile thè delle cinque o anche nelle statue di cera del Museo londinese di Madame Tussaud.

Tutto quello che toccavano diventava oro. Le loro strade, i loro luoghi, da Abbey Road a Penny Lane, dai fumosi pub musicali come il Cavern Club dove tennero i primi concerti ai teatri e agli stadi della consacrazione. Aste, reliquie, canzoni immortali, un rapporto strettissimo coi propri fans.

il Cavern Club dove tennero i primi concerti

Ecco l’inevitabile appartenenza alla categoria del Mito. L’immaginazione al potere. Una cavalcata unica nella storia della musica.

E tutto questo è nato e cresciuto a Liverpool. La culla, il vertice e la tomba dei Beatles.

La sky line del lungofiume

La sky line del lungofiume

Le chiamano le tre grazie, sono i palazzi che disegnano da più di un secolo il volto di Liverpool lungo il fiume. Il Royal Liver Building, il primo grattacielo della città costruito nel 1911, l’elegante Cunard Building, sede dal 1914 dell’omonima compagnia di navigazione e il Port of Liverpool, centro degli affari e dell’economia passata, risalente al 1907. Poco più lontano si erge l’avveniristica costruzione del Museum of Liverpool. Grattacieli, torri, guglie, cupole neoclassiche, edifici neobarocchi, parallelepipedi bianchi e modernisti che si rispecchiano tutti dentro le acque limacciose del Mersey.

Tra New York e l’Irlanda

La ricchezza, la gloria, la potenza della città erano tutte riunite in pochi metri sullo scenografico Pier Head, quel molo che nell’anno 1851 vide partire per New York la bellezza di 455 navi!! O arrivare mezza Irlanda sulle sue banchine, in fuga dalla carestia che colpì tremendamente l’isola di smeraldo.

Legame forte quello tra Liverpool e gli irlandesi: dalle campagne d’oltremare l’ondata di sbarchi caratterizzò molto la città, riempiendola di allegri pub e di fervente fede cattolica. E a Dublino ancora oggi la squadra più tifata in Premier League sono assolutamente i Reds che giocano a mille all’ora nel mitico ventre di Anfield Road, sostenuti dal canto più bello delle curve del calcio “You’’ll never walk alone”. (vedi le due versioni… https://youtu.be/OV5_LQArLa0https://youtu.be/dCEk1CDzvzE).

(lo confesso, provo invidia per un calciatore che ha potuto giocare a Anfield…)

L’epoca d’oro e quella di fango

Quando nacquero i Beatles Liverpool però era una città portuale e industriale in piena crisi, quasi quel “bacino di acqua fangosa” che significa il suo ruvido nome. Tramontata l’era dei grandi commerci e delle navigazioni (sia verso l’Irlanda e l’America che verso l’interno del paese, grazie a una fitta rete di canali fluviali), dei docks strapieni di merci (liquori e tabacco, seta, tè, zucchero) che l’avevano portata ad essere con la sua borghesia mercantile uno dei porti più importanti del mondo nell’età della Rivoluzione Industriale, Liverpool si trovò in eredità a metà ‘900 solo il cielo grigio e pesante, il vento freddo e gli stenti della classe operaia, resi più gravi dal violento bombardamento subito dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. La stessa economia del porto crollò a favore di quella di porti più moderni e attrezzati, come Rotterdam in Olanda. Tante fabbriche chiusero, tanti manovali in mano tenevano ormai solo una pinta di birra. Fu recessione, lunga e dura.

Un periodo assai difficile che continuò negli anni ‘80 con la Thatcher che non ebbe pietà della testarda working class di Liverpool, della città laburista per eccellenza…

Un abitante su due alla fine degli anni ’80 era ridotto in miseria.

Quando nacquero i Beatles Liverpool però era una città portuale e industriale in piena crisi, quasi quel “bacino di acqua fangosa” che significa il suo ruvido nome

I luoghi dei Beatles

In mezzo a tutto questo sfacelo ecco il genio artistico e il lampo creativo dei Fab Four: la città si attacca in modo spasmodico ai suoi nuovi idoli e con essi ricomincia ad alzare la testa. I loro segni, passi, tracce sono davvero ovunque: dal Pier Head partiva il padre di Lennon come steward sulle navi da crociera; in Mathew Street è più volte rinato lo storico Cavern Club ed è questa la stessa strada dove si raccolsero in lacrime i fans alla notizia della morte di John Lennon; nella Cattedrale Anglicana Paul Mc Cartney ha fatto eseguire il suo Liverpool Oratorio; Penny Lane era vicino alla casa e alla scuola del piccolo John che continuò ad attraversarla ogni giorno ai tempi della frequentazione del College of Art; Strawberry Field era un orfanotrofio in stile vittoriano dell’Esercito della Salvezza e oggi resta a memoria un vecchio cancello arrugginito; oppure la londinese via alberata di Abbey Road, la sede degli studi Emi, quelli degli 8 anni di sogni, liti e successi, passata alla storia della discografia mondiale per la foto dell’album scattata sulle strisce pedonali attraversate dai quattro artisti in fila indiana. Da allora quelle strisce sono sempre, religiosamente, amorevolmente, verniciate di fresco.

Da allora quelle strisce sono sempre, religiosamente, amorevolmente, verniciate di fresco.

La rinascita

La grandissima forza di attrazione dei Beatles ha donato sicuramente coraggio a Liverpool, gli ha fatto riscoprire la sua vocazione artistica, i suoi eventi e la vita notturna degli storici club. La città sul Mersey dal 2000 in poi ha vissuto una specie di Rinascimento culturale e turistico, accogliendo molti fans di Lennon e Mc Cartney certamente, ma anche i tifosi di calcio, i croceristi europei e gli stessi londinesi contenti di navigare sui canali fino a Manchester o di scoprire le numerose mostre ed eventi e di respirare la nuova e vibrante atmosfera portuale.

l’Albert Dock un tempo frequentato da velieri, cargo e mercantili

Oltre alle “Tre Grazie” sono state apprezzate le altre attrazioni di questa metropoli marinara e popolare: i numerosi edifici in mattoni rossi, come l’Albert Dock un tempo frequentato da velieri, cargo e mercantili e la Pump House, oggi sede di un famoso ristorante, o come la sede delle Prudential Assurance o i tanti caseggiati fuori e dentro il centro, quelli completati dalle tegole e dalle finestre scure; il grande Arco cinese, decorato con 200 dragoni, a testimonianza del ritrovato carattere cosmopolita e multietnico della città; la Palm House, una specie di serra gigante, un dono a queste latitudini; le tante vie dello shopping e, adorata e immancabile, la Mostra permanente “The Beatles Story” che racconta nei dettagli la genesi del miracolo musicale che vide protagonista la città.

I negozi di souvenir e i bus del Magical Mistery Tour completano il quadro, conducendo i turisti alla scoperta dei luoghi natali, delle scuole e dei quartieri abitati dai magnifici quattro: Walton dove c’è lo stadio dell’Everton, Allerton, la decrepita zona di Dingle e Speke, vie decadenti, al massimo medio-borghesi, delle grigie e monotone periferie.

Ecco quindi che la visita di Liverpool finisce coi pellegrinaggi più classici, l’Empire Theatre, la Philarmonic Hall, l’Institute for Performing Arts, il pub scalcinato “The Grapes” ancora oggetto di devote visite e pinte e i club più tipici dove cantarono e suonarono i Fab Four, dal Jacaranda in poi, e dove fecero svenire più di una ragazza fra gridolini di isteria e sospiri d’amore.

Ultime le strade, le targhe: Penny Lane, Strawberry Fields. Segni indimenticabili di un’epopea musicale, forse la più luminosa di tutte. Perché quelle canzoni le cantavano veramente tutti.

le targhe: Penny Lane, Strawberry Fields. Segni indimenticabili di un’epopea musicale

Lascio Liverpool con la pioggia che cade fitta e umida sul cancello di Strawberry Field, cade sul porto, sullo stesso porto dove negli anni’50 arrivavano le navi coi dischi degli americani e i marinai e i musicisti di diverse razze e colori. E’ sempre stata qui la linfa vitale della città, il luogo del destino di Liverpool, degli incontri, della mescolanza, la palestra artistica degli stessi Beatles.

Cade la pioggia su tutti i ricordi, come ad abbracciare i vivi e i morti. Ogni tanto tocca ormai solo a Paul e Ringo far rivivere piccoli assaggi del grande mito. John e George da lassù forse ringraziano.

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