Il promontorio più bello
Nel paesaggio intorno a San Teodoro un promontorio si insinua nel mare dell’area protetta di Tavolara, presenta un paesaggio granitico e quasi vergine, stupendo e panoramico, caratterizzato da una serie di calette rocciose e piccole insenature di sabbia a nord e da pittoresche saline e lagune polinesiane a sud: è Capo Coda Cavallo. E lo abbiamo scelto per il nostro soggiorno, per questa magnifica aria di libertà che vi si respira.

Alla fine del promontorio c’è Punta Est, il luogo ideale per ammirare il tramonto che scende su Tavolara.
Proprio là sotto la spiaggia di Capo Coda Cavallo, una delle sorprese più belle del viaggio, una laguna assolutamente fresca, celeste, trasparente, una striscia si sabbia circondata ginepri e lentischi, mirti e tamerici, da scoprire lentamente, camminando fino alla su estremità, tra gli scogli e i piccoli sentieri aperti sulla grande scena del mare. Nei fondali tanti pesci, gorgonie, stelle marine, che a volte si vedono pure pagaiando dai comodi kayak che si noleggiano dai chioschi sulla spiaggia.
La spiaggetta dei sogni
La costa nord del promontorio si dispiega tra Cala delle Farfalle e Cala Purgatorio dove si nuota sempre in acque limpide e sempre con sua maestà Tavolara difronte.
Ma l’emozione più grande è la faticosa escursione a piedi che parte dal parcheggio di Cala Girgolu e ti permette in mezz’ora di raggiungere un posto da favola che ricorda alcuni scorci di La Digue alle Seychelles: la Spiaggia delle Vacche, così chiamata perché pare che i paciosi animali in passato amassero pascolare fino a questo spettacolare tratto di mare dove i massi granitici e i colori del tramonto ricordano appunto le atmosfere dell’isola dell’Oceano Indiano e dove un particolare pinnacolo di roccia verticale mi ha fatto tornare in mente l’originale forma dei camini di pietra costruiti da Gaudì sul tetto della Casa Pedreira a Barcellona.
Sarà questa una delle foto-ricordo della vacanza a San Teodoro che guarderete con più nostalgia.

Dove la Sardegna diventa Polinesia
Fino a che non arrivi a Cala Brandinchi e alla Spiaggia di Lu Impostu non te lo aspettavi: le lagune polinesiane esistono anche in Sardegna. Da quest’anno i due paradisi le cui gigantografie campeggiano nei corridoi dell’aeroporto di Olbia sono visitabili solo a numero chiuso, per preservarle dai troppi arrivi, gommoni, turisti, chiasso. Si prenotano il giorno prima tramite la comoda app santeodorospiagge.it, costano 1 euro a persona e 2,50 euro orari per il parcheggio nelle vicine radure e pinete.
Sulle spiagge c’è paradossalmente poco da dire… perché qui semplicemente trovi, vivi, respiri, ammiri, un vero pezzo di paradiso.

Sono due fantastiche baie a mezzaluna, di sabbia bianca, di fondali bassi, trasparenti e turchesi, con la pineta mediterranea dietro, con la sagoma di Tavolara che spunta ancora dietro. Sulla battigia dei piccoli stabilimenti ti propongono ombrellone e due lettini alla modica cifra di 60 euro ma noi siamo una famiglia che da sempre preferisce trovarsi il suo angolo di spiaggia libera, piantare l’ombrellone, rimanere sdraiata o in acqua per ore, a giocare a beach tennis, a gustarsi le focacce riempite da casa, a scattare le foto da riguardare l’inverno.
Brandinchi e Lu Imposti così diventano ancora più speciali, sono tutte per noi, da conquistare ancora meglio con piccoli trekking dalla spiaggia di Salina Bamba o cadendo mille volte da un Sup.
Cala Brandinchi la chiamano la Piccola Tahiti per i suoi fondali bassi e cristallini e i colori incredibili ma non da meno è Lu Impostu, circondata da una verde pineta come la spiaggia gemella ma anche da un grande stagno con gli uccelli, i gigli selvatici, le mimose. Pare che su queste meravigliose lagune interne, come a Porto Taverna, come dietro la spiaggia della Cinta, gli abitanti più attesi, i fenicotteri, arrivino a settembre, peccato per noi averli sfiorati di poco.
San Teodoro e La Cinta
Ed eccoci al centro turistico più rinomato della costa a sud di Olbia, il paese di San Teodoro. E’ qui che si finisce a spasso la sera, a fare shopping, gustarsi un aperitivo o un gelato, a visitare i numerosi mercatini artigianali, le piazzette piene di bar, di musica e di giovani, a finire le notti nelle discoteche sulle spiagge. Nella San Teodoro che ha visto negli anni crescere le villette in pietra con giardino e piscina, i locali ricercati dove si provano ostriche e champagne o anche i deliziosi churrascos brasiliani con gli spiedoni di carne che sono una pausa gradita dopo le tante cene di pesce.
Appena dietro le ultime case di San Teodoro si aprono i tre meravigliosi chilometri di nastro bianco della Cinta, una spiaggia cittadina così bella che è difficile raccontarla in una unica descrizione.

Perché la Cinta mette in fila più mondi, dai varchi in fondo a Viale Tirreno ecco la zona mondana, affollatissima, di ombrelloni, di giovani, di discobar, di pranzi serviti alle quattro di pomeriggio perché la notte di tanti ragazzi è stata davvero lunga. Ma piano piano, dal secondo chilometro in poi verso Tavolara, lo spazio della Cinta diventa bianco, solitario, immenso, pieno di poesia e di silenzio, di kite surfer che cercano l’onda e il vento perfetto, di ragazze o modelle che si fanno fotografare sexy sulla sabbia bianca perché questa parte di spiaggia invita a liberarsi, a fondersi quasi con la natura. Con mia moglie osserviamo tra qualche risatina un gruppo di bellissime ragazze che si mettono in posa coi costumi (?) succinti proprio davanti a noi: Instagram chiama inevitabilmente a nuove storie, a nuove esibizioni!! Fino a che la parte finale della Cinta è occupata dalle dune, dai ciuffi d’erba e dal più grande stagno di San Teodoro il cui periplo si può percorrere a cavallo, respirando ogni attimo e ogni sfumatura di luce dei meravigliosi tramonti che lo toccano.

Tento un ricordo anche qui: per come cinge in un abbraccio la sua città La Cinta mi ha ricordato la Playa de la Concha a San Sebastiàn, nei Paesi Baschi. Altre latitudini, colori e clima certo, ma quello stesso senso di palcoscenico naturale quasi fuso con quello urbano. Il mondo è bello per posti come questi.
L’ultima spiaggia e l’ultima cena


L’altra piccola spiaggia cittadina di San Teodoro, occupata in gran parte da un meraviglioso villaggio turistico in design, è quella di Cala d’Ambra, che ospita anche la discoteca più famosa della zona.
Poco oltre l’insenatura dell’Isuledda a rinnovare l’incanto e a ripetere uno schema e un ritratto di paesaggio ormai per noi molto noto da queste parti: l’arco di sabbia e di mare dai colori caraibici, la palude retrostante, la natura incontaminata da vivere soprattutto dalle cinque di sera in poi perché il cielo decide di colorarsi in maniera speciale.

Ci mancava un’esperienza in questa vacanza indimenticabile e ce la andiamo a cercare l’ultima sera nelle campagne selvagge di Padru, 15 km all’interno di San Teodoro. Niente lagune polinesiane quaggiù, né isole fantastiche, né promontori, ma solo tanta natura vera ed aspra, di rocce, di ulivi, di asinelli dietro i muretti di pietra, di umili casolari, di immense querce da sughero, e i primi contrafforti delle montagne.
In un boschetto ecco l’agriturismo dei sogni, quello dove senti l’odore del formaggio, della ricotta e del porceddu arrosto appena arrivi, quello dove la campagna ti mette serenità e ti incute rispetto, quello dove la vecchietta vestita di nero ti accoglie con un sorriso nel patio, quello dove i tavoli apparecchiati all’aperto sotto la luna e le querce da sughero vengono riempiti all’inverosimile da ogni ben di dio, le melanzane fritte e le fave, i salumi e i pecorini, il cinghiale in umido, lo gnocchetto o i ravioli al pomodoro, la zuppetta di pane gallurese, il mitico maialino, le golose seadas.

Quale avrebbe potuto essere un saluto migliore a San Teodoro?
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