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Isole

Seychelles, le spiagge del paradiso

I segni dell’Eden

Chiudiamo un attimo gli occhi e proviamo a immaginarci quali sono gli elementi classici di quello che in genere chiamiamo “il paradiso in terra”: spiagge bianche, soffici e coralline bagnate da un mare così celeste da sembrare trasparente. Fino a qui ci siamo.
Giardini lussureggianti e succosi frutti tropicali che penzolano dalle palme mosse dagli alisei. Anche sulla vegetazione siamo a posto.
Un clima dolce, gente che vive tranquilla, che sorride sempre. Non manca nulla alle Seychelles di questa armonia, di questa serenità.
Ma in tali isole c’è qualcosa in più a farci credere per davvero di aver trovato un Eden puro e meraviglioso, precisamente c’è una testimonianza storica.

Seychelles, le spiagge del paradiso

Nel 1872 un generale inglese, osservando lo strano frutto del coco de mer che ricordava, allora come oggi e in modo piuttosto evidente, il richiamo sensuale di generosi fianchi e genitali femminili, si applicò a studiare mappe geografiche e navali del mondo antico, foci di fiumi, vento che spostava i pollini e identificò nell’isola di Praslin il luogo dove Adamo ed Eva, incuriositi e attratti dal frutto proibito, avevano subito la cacciata dal Paradiso. Quale migliore introduzione al viaggio che credere in questa visione? Quale migliore immagine del giardino perduto?

coco de mer, il richiamo sensuale di generosi fianchi

Un sogno di granito

Le Seychelles per noi occidentali sono delle isole lontane e pure, sparse nell’Oceano Indiano, come una costellazione marina. Metà del loro territorio è occupato da riserve naturali e per fortuna sono ancora un ecosistema basato quasi ovunque su una natura vergine e incontaminata. Negli abissi marini, nei fondali pieni di coralli e di 300 specie diverse di pesci colorati. Nei cieli con migliaia di specie di uccelli, le fregate, le rondini di mare, i colombi azzurri, gli aironi e anche dei volatili acchiappamosche! Nelle foreste tropicali dove vivono insieme le rane più piccole e le tartarughe più pesanti del mondo, quasi a ricordare un’alba dell’umanità.

Sparsi ovunque alberi enormi, le palme del cocco di mare, orchidee selvatiche, fiori aromatici, piante carnivore. Un trionfo reale e appagante di natura e di verde. Un giardino botanico selvaggio e unico.

un ecosistema basato quasi ovunque su una natura vergine e incontaminata
le tartarughe più pesanti del mondo

Isole coralline con spiagge da paradiso, luoghi per vivere una vacanza senza tempo. Certamente senza fretta. Magari in barca a vela, per scoprire al meglio le baie più nascoste, gli atolli più deserti, i tramonti di fuoco e le rocce di granito grigio e rosa che assumono a seconda della luce magiche sfumature e diventano così la cornice ideale di tanti calendari Pirelli.

Un trionfo reale e appagante di natura e di verde
le rocce di granito grigio e rosa

Il richiamo delle spezie

Le Seychelles sono anche isole che custodiscono storie avventurose di pirati, di agguati a galeoni e bauli colmi di qualche enorme tesoro. Isole i cui mari chissà se sono abitati da calamari giganti o i cui villaggi chissà se ospitano rituali di magia nera che si perdono nei secoli.
Isole “scoperte” per la prima volta dagli abili navigatori e commercianti arabi che percorrevano questo mare da sogno conoscendo gli alisei e le coste come nessuno mai. Isole poi passate in mano francese intorno al 1770 (il loro nome deriva da un ispettore delle finanze di Luigi XV), colonia inglese nel 1814, stato del Commonwealth fino al 1976, data in cui ottennero finalmente l’indipendenza.
Ma la loro epoca d’oro fu quella delle grandi scoperte navali, della Compagnia delle Indie, delle rotte aperte da Bartolomeo Diaz nel 1487 e da Vasco de Gama dieci anni più tardi. Grandi velieri con grandi condottieri e grandi sogni a bordo circumnavigavano l’Africa e risalivano in questo oceano caldo e meraviglioso. I sensi e la cupidigia degli esploratori erano attratti da tanti aromi e da tanti tesori: il pepe e lo zenzero, la cannella e la vaniglia, il chiodo di garofano e la noce moscata, la frutta esotica, le sete delicate e le pietre preziose, i legni profumati. Erano terre ricche di acqua e di piante, senza animali pericolosi, senza indigeni feroci. “Per Nostra Signora e per le spezie!” – gridava Vasco de Gama approdando su queste spiagge e regalando al mondo cristiano e occidentale l’esotismo più ambito.

Erano terre ricche di acqua e di piante, senza animali pericolosi, senza indigeni feroci

Il miracolo della mescolanza

In mezzo all’Oceano sono cresciuti nei millenni dei piccoli mondi perfetti e proprio l’Oceano ha unito e mescolato senza alcuna fatica i popoli di tutte le sue coste. Pelli chiare e pelli scure, di marinai francesi e inglesi, antenati arabi, mercanti cinesi e indiani, schiavi africani: nel tropico sereno delle Seychelles, ma anche di Mauritius, di Reuniòn, tutto si è alternato, sovrapposto, mischiato, a partire dai connotati fisici degli abitanti, i cosiddetti creoli. Che sono stati sempre capaci di vivere in grande armonia, rispettando con la loro mentalità aperta ogni credo religioso, ogni cultura, ogni lingua e ogni razza. Fondando una società equilibrata, priva di tensioni, di rivalità o di pregiudizi.
Un melting pot che oltre al nuovo linguaggio creolo ha prodotto anche – li vedremo tra poco – interessanti incroci artistici, gastronomici e musicali.

“Le isole e il mare ci hanno resi diversi, liberi come nessuno altro popolo. Noi viviamo in armonia, siamo creoli e siamo unici. Siamo eclettici come il nostro folklore. E siamo variopinti come i nostri abiti, i nostri quadri e i nostri fiori”. Questa frase non l’ho ascoltata da un filosofo o da un politico locale ma dalla governante rotonda e sorridente che sistemava le stanze della nostra Guest House a Praslin.

tutto si è alternato, sovrapposto, mischiato, a partire dai connotati fisici degli abitanti, i cosiddetti creoli

Il frutto proibito

Praslin dunque, solo pronunciare il suo nome mi fa ancora sospirare: che isola ragazzi…!
Un posto da favola, il presagio del luogo ideale, un teatro di vita naturale.
Una sorta di laboratorio della natura per le migliaia di specie endemiche di flora e fauna che ospita.
Caratterizzata dalla sua foresta di milioni di anni della Vallee de Mai, sì, proprio la foresta dove cresce il frutto sensuale e proibito, una noce di cocco enorme che può arrivare a pesare 18-20 kg, che ricorda davvero le natiche di una donna, e il cui fiore invece sembra la riproduzione – proprio perché la natura è meravigliosa e bizzarra – di un lungo fallo maschile!

dove cresce il frutto sensuale e proibito, una noce di cocco enorme

“Sssshhhh”, camminate ora in silenzio per questa valle verde e misteriosa, così fitta di piante che in alcuni suoi tratti non riescono a filtrare neppure i raggi del sole. Piena di palmeti e di felci giganti, di ruscelli poetici e di maestosi graniti, di cedri, di boschetti rossi dove svolazzano i pappagalli, di grandi banani, di piante di vaniglia, di ananas e di mango… L’Eden si ammira con calma da una serie di punti panoramici, così le 4.000 palme del cocco che al tirare del vento fanno sbattere i rami e cadere i frutti a terra con un rumore secco. E non svelate a nessuno il suo segreto, non raccontate a nessuno la sua leggenda, secondo la quale, nelle notti di pioggia e tempesta, va in scena addirittura il sesso degli alberi con le noci del coco de mer che si accoppiano con le loro protuberanze fiorite! Ecco, tale incantesimo della natura va tenuto vivo, vietato ridere, vietato banalizzare! Anche perché il cocco più sensuale del mondo pare che funzioni davvero come afrodisiaco!!

Spiagge di Praslin

Spiagge di Praslin
granchio rosso

Dopo la Valle de Mai Praslin ti chiama con le sue spiagge da sogno, di cui tento una classifica personale: al terzo posto la lunga e vellutata Cote d’Or, con le palme perfette che donano ombra, il mare disegnato davanti e gli isolotti di Chave Souris e St. Pierre da scoprire con piccole gite in barca; al secondo posto Anse Lazio, coi colori bianchi e celesti della mia squadra del cuore (mi piace pensare che si chiami così per questo motivo!!) e le rocce granitiche sparse sulla battigia che ti permettono scatti fotografici davvero unici; e avanti a tutte Anse Georgette, una mezzaluna fuori dal mondo, coi riflessi rosati sui suoi graniti, con le splendide acque turchesi, con la foresta che dal Resort di lusso del Lemuria arriva fino al mare e la divide dalla selvaggia Anse Kerlan, location di “Cast Away” con Tom Hanks-Robinson!

le rocce granitiche sparse sulla battigia che ti permettono scatti fotografici davvero unici

Praslin a tavola

Manca una cosa da fare a questo punto, scoprire i sapori dell’isola, frutto della mescolanza creola di cui parlavamo poc’anzi. Nelle taverne sul mare vicino al piccolo capoluogo di Baie St. Anne (un porticciolo, una chiesa, una scuola, un mercato, le case fra i banani) oppure nei ristorantini sparsi nel verde o sulle spiagge più belle – Anse Georgette esclusa, qui serve il pic nic – vale la pena accomodarsi e ordinare i tranci dei grandi tonni pescati nel braccio di mare tra Praslin e La Digue, le zuppe di pesce vela, i pesci pappagallo in salsa di avocado, il curry delizioso di polpo e riso, il pescespada marinato allo zenzero, le banane cotte con la ventresca di tonno nel latte di cocco, le insalate esotiche con cuori di palma, crostacei e pezzetti di ananas, i cartocci speziati di pesce in foglie di banano e infine la polpa fritta dell’albero del pane che da queste parti equivale a un soldino lanciato nella Fontana di Trevi: gustatela in abbondanza e tornerete sicuramente alle Seychelles!

Praslin a tavola

Lo scrigno di La Digue

Difficile immaginare un tesoro più prezioso e più piccolo di questo tra le isole del mondo! Praslin non era grande, parliamo più o meno di 12 km di lunghezza per 5 di larghezza, ma La Digue sembra davvero una gemma incastonata nell’Oceano Indiano, 5 km per 3, come dire un tuffo al cuore, un paradiso dove il tempo sembra essersi fermato.
Si arriva con mezz’ora di barca da Praslin e la sorpresa più bella è non vedere auto, semafori, non sentire rumore. Tutti vanno a piedi o in bicicletta e i turisti si fanno portare volentieri dai carretti trainati da buoi. E dove vanno? Bella domanda! Ecco le splendide alternative: verso le meravigliose spiagge dai grandi graniti, a costeggiare le piantagioni, a scoprire le baie deserte, a mischiarsi coi contadini, i pescatori e i bambini creoli nel villaggio locale, a fotografare le casette di legno dipinto, l’unico campanile, l’unica aula, l’unica strada. E i panorami tra i più belli mai visti.

un paradiso dove il tempo sembra essersi fermato ... E i panorami tra i più belli mai visti

Il genius loci delle Seychelles

Il “luogo” speciale, quello delle vibrazioni, la calamita di La Digue, è sicuramente Anse Source d’Argent e qui si deve andare all’alba o al tramonto, non c’è scampo! Per vedere la luce migliore che si getta sui grandi massi di granito, che sembrano sculture, torte, denti di gigante.
Per scattare qui le foto che, fatalmente, diventeranno il tuo poster a casa, il tuo ricordo più bello. Per guardare a lungo il mare e se in quel momento la tua donna si distrae anche le modelle in bikini che finiranno sui calendari delle riviste patinate!

Per vedere la luce migliore che si getta sui grandi massi di granito, che sembrano sculture, torte, denti di gigante

L’avventura

Ma io ho un ricordo speciale di La Digue e voglio chiudere così il mio diario: con la mia futura moglie dormimmo tre notti in questo paradiso e vi giuro che lo abbiamo percorso in lungo e in largo, a piedi, in bicicletta o sul carretto, ciondolando ore liete in mare, cogliendo tutte le sfumature del granito, contando tutte le foglie delle piantagioni. Mancava una cosa: il giro completo dell’isola, partendo dalla spiaggetta dove si affacciava la nostra pensioncina… “Noi andiamo, l‘isola è piccola lo sapete, sarà facile percorrerla tutta, vogliamo fare il giro, ci sarà un percorso tra il mare e il verde, ci vediamo per il tè in veranda” – con queste parole, sarà stato mezzogiorno, salutammo i nostri cognati.
Bene, alle 9 di sera non eravamo ancora tornati, ma Pamela e Pino non potevano chiamare i pompieri o i cani da soccorso per cercare due giovani naufraghi in un posto del genere! Cos’era successo? Che la prima parte del giro diventò immensa perché alla fine della spiaggia la strada finiva subito e cominciavano le scogliere. E dopo uno scoglio ne seguivano altri dieci, altri venti. E fra gli scogli si infilavano lingue di mare oppure le mangrovie.

E fra gli scogli si infilavano lingue di mare oppure le mangrovie

Salirli e scenderli tutti quei massi di granito, all’inizio come se fosse un gioco, in più col privilegio di un paio di bagni completamente nudi in quell’eden deserto.

Poi pian piano col fiatone e con qualche brivido perché arrivavano le alte maree e le prime ombre della sera. Chiedo scusa a Lara almeno mille volte per l’idea pazza del giro dell’isola “sconosciuta” ma chi se lo poteva immaginare che la minuscola La Digue avesse una zona così impervia, senza un sentiero e senza un segnale? All’ennesima scalata mi sento Robert De Niro che guadagna la vetta della cascata nel film “The Mission”, con la sua corazza dietro, simbolo del cammino di penitenza. Io avevo addosso i nostri due zainetti, contenenti le bottigliette d’acqua, una maglia, una mappa e la Nikon minacciata dagli schizzi delle onde. A volte il loro peso mi faceva scivolare sugli scogli.

Dopo un’eternità ecco la strada.

Ma ecco anche la notte.

E il giro completo dell’isoletta da finire, a piedi, da soli, stanchi, senza una torcia, senza un panino. Per fortuna l’ultimo chilometro un ragazzo si impietosisce e ci carica sull’unico taxi che gira per La Digue. Magari era più pittoresco rientrare trainati da un grosso bue ma quello che conta e che dopo quasi dieci ore ritorniamo al punto di partenza, con gli amati cognati che già ci pensavano travolti da qualche marea. E chi se la scorda La Digue???

E chi se la scorda La Digue?

Mahè, un mondo verde

Ed eccoci all’isola più grande, più popolata, più turistica, in un certo senso più mondana.
Ci si arriva con un piccolo volo locale, 14 posti a planare sull’Oceano. Vediamo gli altri atolli lontani e dall’alto, chissà quanto sono belle Aldabra coi suoi fondali di corallo, le tartarughe giganti di Curieuse, le spiagge deserte di Fregate e Silhouette, o Bird Island con le sue colonie di uccelli e il milione di sterne migratrici che la scelgono per la nidificazione estiva! Peccato non poterle vedere tutte le isole…

Mahè, un mondo verde

Ma anche Mahè è bellissima, siamo solo più sfortunati perché specie il giro nella parte nord che ci doveva regalare il sole e il mare di Beau Vallon, la spiaggia icona dell’isola coi suoi resort, i suoi chioschi di frutta e di batik, i suoi divertenti sport acquatici, è rovinato da un clamoroso temporale.
Acqua a secchi! Pertanto il ricordo è più offuscato, il giro panoramico di Sans Souci Road non ce lo siamo davvero goduto: peccato per quelle vallate, quelle cascate, quel mondo umido, verde e lussureggiante sognato su tante guide.
Ma neanche qui poteva mancare un’emozione tipo La Digue perché un famelico ragno nero, approfittando dell’uragano e della nostra distrazione, aveva fatto la tela tra il tettuccio e i sedili della jeep, causando grida di spavento nella parte femminile della truppa e un paio di sbandate sull’asfalto bagnato!

anche Mahè è bellissima
quel mondo umido, verde e lussureggiante sognato su tante guide

La spiaggia del pirata

Decisamente meglio le tre giornate passate nel versante sud, con la nostra Guest House che stavolta si trovava nella selvaggia Anse Forbaine, una spiaggia bellissima che in passato fu rifugio di pirati. Chissà anche se di quel francese di Calais, Levasseur, pirata come suo padre, passato alle cronache storiche col soprannome di “La Poiana” per il flagello e la rapidità dei suoi attacchi. Il colpo della vita dell’audace corsaro fu il bottino immenso della Virgen de Cabo, una splendida nave che tornava da Goa a Lisbona, strapiena di diamanti, di spezie, di legni pregiati, di ori, di sculture, di barili di pietre preziose. In punto di morte, giustiziato da un boia a La Reuniòn per la sua vita di crimini e saccheggi La Poiana esclamò “Il mio tesoro a chi saprà trovarlo” facendo cadere a terra, prima della sua testa, un foglio con un crittogramma con caratteri dei templari che dal 1730 nessuno è mai riuscito a decifrare! Inutile dirvi che qualche resort di Mahè organizzi puntali cacce al tesoro per i suoi turisti…

La spiaggia del pirata
Mahè in un quadro

Mahè in un quadro

Ripensare a Mahè per me significa soprattutto rivedere le spiagge selvagge della sua zona meridionale: Intendance, Takamaka, Libertè, Lazare, La Moche, Anse Boileau.
Tutte visitate a bordo di una simpatica jeep scoperta, tutte godute al sole, alternate ai percorsi per le campagne, i villaggi pittoreschi e gli atelier degli artisti immersi in fantastici rifugi nella giungla tropicale.
Che meraviglia quei quadri colorati, quelle scene di barche e pescatori, di uccelli variopinti, di piante e piantagioni, di fogliame intricato, di case coloniali e di chiese in legno, di donne creole al lavoro nei campi o in piedi nelle loro verande. Uno stile etnico inconfondibile, un sogno esotico cercato oltretutto da tanti artisti europei che hanno scelto di fermarsi a dipingere qui, in questo pezzo di paradiso.
Tra un’amaca, un ventilatore a pale, una tavolozza piena di sgargianti colori, uno studio con vetrata sul verde e le foglie giganti di un banano. Il più famoso di loro è senz’altro il britannico Michael Adams, 83 anni oggi, amante indefesso delle Seychelles e della loro natura, al punto che un giorno ebbe a dire: “Le isole mi parevano così piene di magia che avevo la sensazione che dietro il prossimo angolo avrei incontrato un cavallo rosa”.

Le correnti del sud

Un’altra cosa che ricordo quasi a livello dello spavento causato dal ragno gigante e dall’avventura di La Digue sono le fortissime correnti marine di questa parte dell’isola. Forse eravamo a Anse Intendance o a Anse Takamaka, appena mangiato un pescione al sugo squisito, coperto da una montagna di spezie e patate e banane fritte, nella solita taverna dentro il mare.

Forse eravamo a Anse Intendance o a Anse Takamaka

E lì davanti le onde alte che mi chiamano. Un tuffo imprudente, un altro, un altro ancora. Fino a che un’onda dalla forza incredibile a momenti mi si ingoia, dentro la sua schiuma bianca e fragorosa. Come uno straccio vengo depositato dalla forza del mare sulla riva. Rimango un’ora a fissare il cielo, a abbrustolirmi e a riprendere fiato.

Rimango un’ora a fissare il cielo, a abbrustolirmi e a riprendere fiato

Finale a Victoria

L’ultimo giorno lo passiamo nella “capitale”, un sobborgo tropicale con due strade che si incrociano sotto una mini riproduzione del Big Ben londinese, la Clock Tower.

Chiamata così in onore della sovrana inglese ai tempi della colonia, Victoria va visitata soprattutto per il suo magnifico tempio indù, per il giardino botanico con le tartarughe giganti, per il porto vecchio, per il parco marino di St. Anne da girare in glass boat e per il mercato che ogni alba, da vari secoli a questa parte, ti permette di trovare gli ultimi tesori delle Seychelles come i cesti e i cappelli di paglia, i modellini di velieri in miniatura, le bancarelle colorate di frutta tropicale e di pareu fantastici e i ciondoli con l’immancabile dente di squalo.

Il finale più sensuale possibile Mahè e queste isole te lo regalano con le danze della moutia e della sega, ereditata quest’ultima da Mauritius, un intreccio di corpi e di ritmi che ti fanno ripartire con la cultura creola in un posto speciale del cuore.

Victoria va visitata soprattutto per il suo magnifico tempio indù
Il finale più sensuale possibile Mahè e queste isole te lo regalano con le danze della moutia e della sega

Un saluto a questo mare da sogno e a questa terra felice: che il viaggio alle Seychelles prima o poi sia con voi

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