Il mio primo viaggio con Caesar Tour è stato in Kenya a Malindi.

Esperienza di grande emozione, non soltanto per i safari, ma sotto il profilo umano.
Oltre a fare delle donazioni in una scuola da li e dalla visita ad alcuni villaggi è nata la mia idea di richiedere le quote di immigrazione per aiutare un ragazzo molto giovane (22 anni) che lavorava come animatore nell’albergo dove risiedevo, che faceva da padre (morti i suoi genitori) a 2 fratellini piccoli un maschio ed una femmina.

Le pratiche per venire in Italia con il visto regolare furono molto lunghe (parliamo del 2004) ma alla mia richiesta se volesse essere aiutato economicamente in loco o aiutato a venire con regolari documenti a lavorare in Italia portando successivamente i fratellini mi aveva risposto “preferisco dare a loro e a me e un futuro in Italia”.
Furono fatti passaporto per lui con iscritti sullo stesso i due fratelli poiché minorenni. Con lo stipendio ridicolo che prendeva, faceva tutto per i fratelli: scuole private, mangiare e vestire. Li ho conosciuti ovviamente e l’anno che finalmente avevamo in mano il visto sono tornata a Malindi e ho passato il Natale con loro nel villaggio.
Esperienza davvero toccante.

Il ragazzo parlava correttamente 3 lingue sapeva usare il pc, aveva preso la patente di guida. Mi decisi a fare questa azione di aiuto a loro vedendo un ragazzo, benché così giovane, quanto fosse giudizioso e dotato di molto senso di responsabilità. Arrivato finalmente in Italia (1 anno e mezzo di pratiche) dopo 6 mesi di permanenza provvisoriamente all’inizio alloggiando da noi e di lavoro come magazziniere da miei amici che lo avevano assunto, una telefonata di una donna del villaggio lo avvisa che il fratello più piccolo non stava bene ed era stato ricoverato in Ospedale.
Tanta la sua preoccupazione che pur sapendo che rientrare in Kenya non gli avrebbe più consentito di ritornare in Italia (il visto annuale è unico e se si rientra nel proprio paese scade) con nostro e suo enorme dispiacere gli comprammo un biglietto aereo per tornare a casa.
Continuo ogni tanto a chiamarlo pur passati ormai molti anni, ma so che sta bene. Alcune persone tedesche conosciute al lavoro lo hanno aiutato a comprarsi una piccola casa con il tetto, ha una compagna di vita. E’ sereno io credo e spero.

Il suo primo ed unico pensiero erano i ragazzi e la sua missione era aiutarli finche non fossero stati in grado di pensare a se stessi. Mi auguro che il Signore li aiuti!
Per me è stata una esperienza conoscere quella realtà estremamente toccante.
Con il lavoro che faccio nella sanità ho pensato più volte di tornare in africa, ma l’età e una salute un po’ cagionevole mi ha fatto fino ad ora rinunciare all’invito di un collega ex primario chirurgo ortopedico ad andare in Mozambico per aiutarlo in sala operatoria.
Chissà che non ritrovi magari più in là lo spunto, e l’energia… tra qualche mese quando sarò in pensione 🙂
Una operatrice sanitaria di 66 anni .


Matilde D. viaggiatrice da Viterbo
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