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Isole

Così celeste

Il colore definitivo

Un mare così celeste io non l’ho mai visto, neppure in mari lontani e lontanissimi. Un celeste diafano dove bagnarsi, specchiarsi, purificarsi

Un mare così celeste io non l’ho mai visto, neppure in mari lontani e lontanissimi. Un celeste diafano dove bagnarsi, specchiarsi, purificarsi. Baie di acque cristalline che sanno di incantesimo, scorci di Eden nella nostra isola più a sud, dove arrivano in tanti per godersi le vacanze estive e altrettanti con barconi improvvisati per cercare un ritorno alla vita.

Lampedusa è così celeste quanto è bella, generosa, aperta, il suo colore è il suo benvenuto e dalle spiagge del lato meridionale spicca con meraviglia. Sole forte e mare celeste sono la sua carta di identità, il ritratto definitivo, arricchito purtroppo negli ultimi anni da una immensa componente di umanità e di accoglienza. La scegliamo come vacanza in famiglia, grati e consapevoli di questi due suoi volti.

Chi sogna Lampedusa?

Il celeste di Lampedusa per tutti è un sogno, una promessa

Il celeste di Lampedusa per tutti è un sogno, una promessa, anche se con connotati molto diversi. Per i fortunati è l’antidoto al grigio, all’inverno, alla pioggia, al traffico, al caos, alle città affollate e nevrotiche, per i disperati profughi del sud del mondo una terra d’arrivo, quando scafi e gommoni ce la fanno a superare i marosi e non spezzano prima tragicamente le loro vite.

Le due popolazioni in questione sono vicinissime ma soprattutto da giugno a settembre neppure si sfiorano: i primi li vedi con gli infradito, le creme solari, i teli mari e le dune buggies, percorrere l’isola a caso, scegliersi l’approdo giornaliero alla propria porzione di sogno, i secondi restano nascosti nel centro dei rifugiati quasi mimetizzato all’interno dell’isola ad aspettare il segnale del via, verso altri lidi e città verso nuove speranze.

I turisti come noi sono dei privilegiati che Lampedusa se la godono in catamarano, si divertono coi tuffi, si viziano con aperitivi e meravigliose cene di pesce, i profughi e i clandestini al massimo li incroci con lo sguardo basso e le mani in tasca, raccolti in piccoli capannelli, vestiti di abiti raccogliticci, proprio alla fine di Via Roma, il corso principale.

C’è chi sente naturale, libero, mondano o selvaggio alla fine dell’Europa e chi vede in Lampedusa l’inizio di un nuovo viaggio e di una sospirata avventura di libertà.

Lampedusa l’inizio di un nuovo viaggio e di una sospirata avventura di libertà

Loro

Il contatto con questa realtà o anche solo il pensiero e la consapevolezza di quello che accade continuamente in questo lembo di paradiso è inevitabile. E se per caso non incontri un uomo col sorriso triste e la pelle scura, un bambino con gli occhioni persi, una donna che ha perso tutto, ti accorgi di loro da altri segnali e soprattutto in due luoghi veramente speciali dell’isola.

Il primo è la Porta di Lampedusa anche chiamata la Porta d’Europa, un semplice monumento in ferro zincato e ceramica refrattaria costruito da una ONG che celebra l’entrata e l’accoglienza, l’unione con chi è più sfortunato di noi.

Se ne sta solitaria sul pianoro di una scogliera, a guardare il mare, quel mare che significa la fine di un viaggio assurdo per migliaia di africani in fuga dal loro continente difficile. Arrivarci al tramonto, rimanere assorti, leggere le frasi, le poesie, fissare le mani tese, i numeri indistinti della tragedia, le teste anonime, i pesci, le conchiglie, le ciabatte e le scodelle in rilievo, ringraziare l’isola per la sua immensa generosità: questo si deve e si può fare in una vacanza a Lampedusa.

La porta è attraversata solo dal vento, dalla luce e dai colori del mare e in fondo è per loro, per gli ultimi del mondo, per tutti i migranti deceduti e dispersi nei flutti. Guai a chiuderla, significherebbe chiudersi alla storia e al futuro.

la Porta di Lampedusa anche chiamata la Porta d’Europa

Il secondo luogo è più lontano, ci arrivi quasi per caso alla fine di una giornata in spiaggia, quando magari tenti di compiere il giro dell’isola sulle poche strade polverose e carrozzabili, verso Capo Ponente, quelle dove incontri i rari pastori, i muretti di pietra a delimitare orti e aride proprietà, i dammusi più umili. Nascosto quasi all’occhio del fortunato turista occidentale ecco un cimitero che non ha eguali al mondo, un luogo desolato e ventoso dove riposano per sempre le barche.

un cimitero che non ha eguali al mondo, un luogo desolato e ventoso dove riposano per sempre le barche

Sfasciate, rotte, sopravvissute per miracolo a un naufragio o a una tempesta, ecco i loro pezzi, le loro assi di legno putrefatte e dai colori sbiaditi, le ancore arrugginite, i timoni che non timonano più niente. Questo cimitero suscita una grande commozione ed è la memoria fisica, vivente, della più moderna tragedia europea, quella degli sbarchi clandestini, quella delle centinaia di annegati.

Proprio a loro va il nostro pensiero.

A Lampedusa secondo me oltre all’invasione dei veri naufraghi è andato in scena il naufragio di una certa umanità, che è diversa, minore, che non ce l’ha fatta, e di un’altra, che è a volte rimasta fredda, indifferente. Come la politica, come le dispute nate in merito a un dolore che non si può neanche immaginare. Nel porto della bellezza e delle lacrime. In questa grande zattera di pietra disadorna e mollata in mezzo al Mediterraneo.

Il paesino

Case basse, color bianco, color ocra. La metà di esse pare che siano abusive perché la gente non poteva aspettare le scartoffie e i piani regolatori dal “continente” per mettersi un tetto sopra la testa. Sui tetti squadrati, quindi sulle terrazze, i panni stesi ad asciugare, nello stesso luogo dove maturano i pomodori, i peperoni e i capperi. Una certa aria africana che pervade piazze e vicoli dai muri scrostati, specie intorno a mezzogiorno, quando la luce abbaglia, si sentono musiche arabeggianti dalle finestre, si notano vecchiette sugli usci e pescatori prendere la via del mare.

la visita al centro di altri esseri viventi stavolta salvati, le tartarughe

La pausa del meriggio è quasi irreale, rarefatta, sole e silenzio assoluto per le strade, qualche rosticceria animata per i take away di chi va in barca, le partite a carte dei vecchi ai pochi tavoli dei bar.

I passi verso il piccolo porto degli arrivi e degli affanni, la visita al centro di altri esseri viventi stavolta salvati, le tartarughe, che si curano in grandi vasche e sotto gli occhi amorevoli dei bravissimi volontari di WWF e Legambiente le ferite da eliche al capo o alle zampe o gli stomaci intasati dai rifiuti del mare.

Verso sera il rito della passeggiata sul corso e noto parecchi maschietti locali, di tutte le età, che si guardano sfilare davanti le turiste in bikini o minigonna e le guardano come nella scena di “Malena” dove Monica Bellucci attrae sguardi e cupidigia nella piazza del Duomo di Ortigia.

Poi arriva il momento della scelta del ristorante che ispira di più, tutto il mare e tutto il campo sapientemente messi in tavola. Ti capita anche di riflettere sull’economia locale quando senti tanti dialetti del nord tra ristoratori e albergatori, guide, skipper e commesse delle boutique: quanti soldi restano davvero nell’isola ai suoi abitanti? Il turismo arricchisce solo gli imprenditori del nord Italia?

Poi un’ultima chiacchiera in un bar e il sonno ristoratore, col corpo ancora cotto dal sole. Anche perché tv e internet si prendono a sbalzi, specie se l’atteso vento di scirocco distribuisce bene il segnale.

ti capita anche di riflettere sull’economia locale quando senti tanti dialetti del nord tra ristoratori e albergatori

Le spiagge delle meraviglie

Quando ti alzi la mattina il primo pensiero che ti coglie nell’ultimo lembo d’Europa è quello del mare: quale mare cercare, quale celeste meritarsi. L’isola siciliana di 20 kmq è una sorta di piano inclinato, il versante nord che guarda l’Italia è quello delle alte scogliere di calcare disabitate al largo delle quali in primavera passano anche le balenottere nelle loro migrazioni, il versante sud che guarda la Tunisia e l’Africa è quello dove sorgono il capoluogo e le bellissime spiagge.

l’insenatura profonda di Cala Francese,

Davvero una più bella dell’altra.

Proprio a due passi dalle prime case, ristoranti e alberghi del paese si apre la prima baia celeste, quella della Guitgia, da considerarsi a tutti gli effetti come il cortile azzurro di Lampedusa, come la spiaggia cittadina, quella dove i ragazzi compiono i primi e ultimi tuffi stagionali quando i turisti non sono ancora arrivati o se ne sono appena andati via.

Guardando l’isola da sud, sulla destra, verso Punta Sottile, vicina all’aeroporto ma non per questo meno incantevole e celeste, l’insenatura profonda di Cala Francese, con belle villette sul suo promontorio e punti ristoro dove gustare il pesce appena pescato o una granita di mandorla e gelso.

Verso sinistra comincia invece la serie di spiagge da cartolina, Cala Croce, Cala Madonna, Cala Galera, sabbie chiare, piccoli scogli, un fondale sempre limpidissimo, qualche bar di tendenza per gli aperitivi tanto amati dai turisti. Mi godo tutto il giorno le mie figlie col vento e il sale nei capelli, sono piccole ma sanno già che a Lampedusa arrivano anche bambini privi di questa immensa felicità.

sabbie chiare, piccoli scogli, un fondale sempre limpidissimo

E infine l’icona di Lampedusa, quella famosissima Spiaggia dei Conigli che ha il colore bianco e celeste di una laguna da sogno polinesiana, dei fondali incredibilmente trasparenti e costituisce l’habitat naturale delle tartarughe caretta caretta che vi vengono nottetempo a depositare le uova.

Lo sforzo dei ragazzi che restano a Lampedusa vari mesi l’anno per proteggerle è commovente: appostamenti notturni, binocoli a intensificazione di luce per individuare dal mare il loro arrivo, subito la costruzione di un recinto, di una zona protetta e l’attesa paziente fino alla schiusa, per un miracolo che ogni anno riesce a ripetersi. In piena estate per trovare un posto per sdraiarsi all’Isola dei Conigli conviene alzarsi presto, montare sul motorino o la macchinetta presa a noleggio, parcheggiare sopra sulla strada e poi incamminarsi verso il mare col breve sentiero panoramico dal quale si notano già tutte le sfumature meravigliose del celeste.

Sulla Spiaggia dei Conigli si affaccia la villa di Domenico Modugno

Sulla Spiaggia dei Conigli si affaccia la villa di Domenico Modugno, oggi parte di un lussuoso resort di dammusi mimetizzato nella natura.

Quell’acqua senza uguali gli ispirò probabilmente “Nel blu dipinto di blu” e proprio qui, davanti a quella che chiamava “la piscina di dio”, il cantante pugliese morì nell’estate del 1994.

L’ultima scoperta emozionante da compiere via terra a Lampedusa (inutile ricordare che tutte queste meraviglie si possono ammirare con le barche e le gite via mare che includono spaghettate e ritorno al tramonto con possibile incontro coi delfini!) è il trekking di un’oretta che serve per raggiungere la spiaggia più selvaggia, quella di Cala Pulcino. Scarpe chiuse, borraccia, cappellino, via dentro la macchia, sulle pietre, tra le pareti di terra rossa e poi in fondo il mare e la libertà di un bagno in mare senza uguali.

L’ultima scoperta emozionante da compiere via terra a Lampedusa
la spiaggia più selvaggia, quella di Cala Pulcino

Il saluto all’isola avviene però poco più in alto, sulla costa nord, in quel lounge-bar all’aperto dove almeno una volta tutti passano, l’“Oscià”, per fotografare il cartello con le distanze chilometriche di tutto il mondo, per ammirare le sculture e gli arredi particolari del locale o per salutare il sole che cade nel mare di Lampedusa con un ottimo aperitivo in mano.

quel lounge-bar all’aperto dove almeno una volta tutti passano
per fotografare il cartello con le distanze chilometriche di tutto il mondo
il sole che cade nel mare di Lampedusa con un ottimo aperitivo in mano

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