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Fiesta!

Feste della Martinica

Il pensiero agli schiavi

Come nel caso di Guadalupa ci troviamo nel dipartimento d’oltremare francese, in pieno Mar dei Caraibi e anche qui il folklore e le feste locali sono basate su un riuscito mix di cultura francese e tradizioni creole per difendere le quali in questa bellissima isola si sviluppò a inizio ‘900 il movimento letterario e filosofico “Negritude”, a opera di Aimè Cesaire.

Il pensiero agli schiavi

Una delle feste più sentite del paese si celebra il 22 maggio quando con danze e cibi locali si ricorda l’abolizione della schiavitù avvenuta nel 1848.

Il monumento più commovente dell’isola dedicato a un gruppo di schiavi annegati nelle stive di una nave distrutta una tempesta è il Memorial Anse Cafard, otto statue bianche e muscolose, con lo sguardo basso e cupo, che guardano il mare, a memoria delle sofferenze subite e del viaggio della disperazione avvenuto dalle coste africane. Rimanere lì a fissarle per una mezz’ora dopo giornate dedicate alle spiagge, ai balli e al rhum spiega probabilmente meglio il senso di questa ferita, da cui nacque però la moderna nazione.

Le statue ricordano dei piccoli Moai dell’Isola di Pasqua ma sono chiaramente in una posa più triste, più dolente e per questo vanno viste in silenzio e con rispetto, magari all’alba o al tramonto.

Il monumento più commovente dell’isola dedicato a un gruppo di schiavi annegati nelle stive di una nave

Il Carnevale della Martinica

Come per l’isola gemella di Guadalupa anche qui il Carnevale è sentito come l’evento principale del paese, un inno alla vita e alla libertà.

Dura circa due mesi tra febbraio e marzo e ha il suo culmine nelle sfilate di carri e costumi del Mardì Gras a Fort de France, quando tutto il resto si ferma e diventano protagonisti assoluti i balli ereditati dagli schiavi neri a suon di musica zouk e biguine, dal ritmo sincopato, simile a quello di un bolero, gli strumenti come i tamburi e i bastoncini di bambù, i carri variopinti e le maschere di creta.

Gli abiti coloratissimi degli abitanti locali ricordano a volte burattini di legno (i Bwabwa), o gli schiavi imbiancati di sciroppo di canna da zucchero (gli ewo Siwo), o i travestiti (i Macoumè) o i Diavoli rossi ispirati alle maschere africane.

anche qui il Carnevale è sentito come l’evento principale del paese, un inno alla vita e alla libertà

Fiori, Banane & Sapori

Ci troviamo nell’isola dei mille fiori tropicali, variopinti e profumati

Ci troviamo nell’isola dei mille fiori tropicali, variopinti e profumati, nascosti nella selva o cresciuti vicini al mare, pronti a adornare le case, i vestiti, i mercati e le donne.

Ogni primo maggio una particolare usanza, uno stelo di mughetto viene regalato alle persone care.

A tavola e non solo un frutto della Martinica domina su tutti gli altri: la banana.

Probabilmente si trova qui l’unico Museo del mondo dedicato alla banana, alla sua storia, ai suoi benefici, ai gustosi frullati, cocktail e ricette culinarie che se ne ricavano così come agli oggetti di artigianato o ai tessuti che si creano col suo albero e le sue foglie intrecciate.

I sapori della Martinica si completano con tanta altra frutta e spezie locali, col pesce fresco pescato ogni giorno (tonno, polpo), con le aragoste rosse e i frutti di mare (lo strombo che si trova quasi solo in queste acque), i maialini selvatici, il riso, la vaniglia, le crepes in stile bretone con burro, zucchero e caramello salato (dalla Bretagna arrivò la maggior parte dei coloni francesi), i cocktails e i T-Punch a base di squisito rhum bianco.

si trova qui l’unico Museo del mondo dedicato alla banana
i cocktails e i T-Punch a base di squisito rhum bianco

Il Dio-Vulcano

8 maggio del 1902, la data della tremenda eruzione del vulcano più pericoloso di Martinica, quello del Mont Pelee’.

Le cronache locali raccontano di una tragedia superiore a quella di Pompei: su 30.000 abitanti della cittadina di Saint Pierre ne rimasero vivi soltanto due, un calzolaio evidentemente molto fortunato e altrettanto abile nella corsa, e un detenuto, Auguste Ciparis, salvato dalle spesse mura di una prigione! In seguito fu graziato e col suo corpo pieno di cicatrici fu messo a lavorare in un circo Barnum dove veniva esibito come l’unico sopravvissuto di quella specie di Apocalisse.

L’esplosione fece letteralmente a pezzi la montagna e pare che in soli tre minuti una gigantesca nuvola nera incandescente, dalla temperatura di circa 1000 gradi, seppellì il borgo sul mare, la sua gente, le sue case, le sue storie. Non rimase più nulla in giro per un raggio di una decina di chilometri, quello che sembrava fino ad allora un vulcano maestoso e gentile si era svegliato con una potenza mai vista prima e il fenomeno non fu prevedibile da una scienza, la vulcanologia, che era ancora agli albori.

L’evento fu la più letale eruzione del XIX secolo…

Il Dio-Vulcano

Oggi Saint Pierre è rinata, è un grazioso centro balneare, le palme, le chiesette, la sabbia un po’ scura, le barche dei pescatori, le taverne con la musica sensuale, i sapori agrodolci della cucina…

Ma sullo sfondo, con la sua mole severa, il dio vulcano domina ancora la scena e incute ancora paura. Per esorcizzarla, probabilmente, ogni 8 maggio si celebra una Festa in suo onore, tra street food, concerti di musica jazz e processioni religiose. E i più coraggiosi e allenati praticano l’ascesa alla temibile montagna, alta 1397 metri.

L’esplosione fece letteralmente a pezzi la montagna

(immagini di oggi)

(un fumetto…)

Leggendo le cronache del tempo fa sensazione il misto di fatalismo e rassegnazione che pervase gli abitanti dell’epoca: sopra la testa dei cittadini di Saint Pierre, che allora veniva definita piacevole ed elegante come “una piccola Parigi” i segnali premonitori non mancavano nei giorni precedenti la catastrofe… Sbuffi di fumo, odore di zolfo, nubi minacciose, piante avvizzite, uccelli morti, lampi in serie, torrenti di fango che calavano giù sulla costa, il paese invaso da massi, da formiche, scolopendre e serpenti e velenose vipere in fuga… ma loro accettarono quasi il destino in arrivo anche perché erano i giorni di una importante votazione sull’isola. Qualcuno riuscì addirittura a scherzare: “se è giunta la nostra ora moriremo in numerosa compagnia”. Ma il vulcano, appunto, non scherzava affatto…

Bruciò tutto, alimentato dalla nube e anche dalle migliaia di barili di rhum riposti nei magazzini. Bruciarono pure le navi nella baia. Seguirono aiuti da tutti il mondo alla Saint Pierre che ora piangeva, da Vittorio Emanuele III a Roosvelt si mossero i grandi della Terra.

Sport, Musica e Natale

Chiudiamo il racconto delle feste e del folklore di Martinica con qualcosa di più sereno…

L’estate tra fine luglio e inizio agosto si organizzano ogni anno una grande gara in bicicletta e la regata velica Tour des Yales, l’occasione per godere di tutta la bellezza selvaggia della Martinica dalla terra e dal mare.

Quando arriva la fine dell’anno è molto sentita la tradizione dei Chante Nwel, ispirati dalla tradizione rurale francese e basati su storie di amore e speranza, con ritornelli creoli. La tavola del Natale viene imbandita con stufato di maiale, patè salees (mini poaste sfoglie farcite di spezie e carne macinata), dolcetti alla crema e al cioccolato e sciroppo simile al ribes.

Ogni dicembre degli anni dispari si organizza un Festival di musica Jazz, mentre negli anni pari sempre a dicembre è la volta del Festival della chitarra.

Tra le palme con gli addobbi natalizi e dei quartieri che diventano somiglianti a piccoli presepi moderni. Se cercate bene in qualche casupola dimessa andrà in scena anche il cruento combattimento tra galli.

la regata velica Tour des Yales, l’occasione per godere di tutta la bellezza selvaggia della Martinica dalla terra e dal mare

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