
Minatore o ballerino
Da queste parti ci devi proprio arrivare: lontano da Londra, dai fiordi della Cornovaglia, da Stonehenge, dai college di Oxford e Cambridge, lontano dal Lake District e dai luoghi storici dell’Inghilterra, lontano dalla foresta di Robin Hood, dalle selvagge highland scozzesi e lontano pure dalle famose città del brumoso nord inglese rinate coi porti, con le aziende, col web e col grande calcio della Premier League.
Allora perché arrampicarsi quassù, nella semi-sconosciuta contea di Durham, nel Northumberland?
Forse perché un piccolo film ci ha regalato un grande sogno, quello che realizza un ragazzo povero, destinato a una vita da minatore, ad andare in giro con le scarpe vecchie, ad accontentarsi del suo grigio sobborgo operaio, ad andare al massimo a bere in un pub, a corteggiare la sua amichetta sulle scogliere che guardano l’Oceano o a lottare su un ring o su un campo da rugby.
Il sogno che coltiva un cuore puro, un talento enorme, peccato che lo scherniscano tutti, familiari e amici, perché lui è diverso, sensibile, artista, perché si immagina volteggiare in aria come un airone, con le scarpette a punta, con la calzamaglia stretta.
Vuole, infatti, diventare un ballerino.
Un viaggio sulle tracce di Billy Elliot è una bella scommessa nell’Inghilterra moderna, significa un viaggio in un paese minore, poco luccicante, poco alla moda.
Il Nord Est inglese è infatti un territorio a forte impronta operaia, uno di quelli che si vedono nei film di Ken Loach magari, coi sobborghi di mattoncini rossi, le casette a schiera coi comignoli, i panni stesi nel piccolo cortile, il lattaio e il giornalaio che passano per lasciare una bottiglia e le news davanti all’uscio di umili abitazioni. La vita è di provincia, abbastanza difficile, precaria, come i lavori degli uomini un po’ burberi e taciturni di queste parti: l’operaio, il minatore, il portuale, quello che parte per mesi su una piattaforma petrolifera nel Mare del Nord, quello che appunto va rassegnato sotto terra per far campare la sua modesta famiglia.
Easington è un piccolo puntino sulla mappa inglese, che guarda il mare per fortuna ma che ha ben poche attrazioni e un clima rigido. Pioggia e vento, vento e pioggia. Nuvoloni grigi, come i fumi delle fabbriche, come i visi dei minatori. Anche il destino grigio, di gente abituata ai sacrifici, alle sveglie all’alba, ai i turni massacranti, alle mani e alle tute sporche, alle gru, ai container.
Non certo al fascino glamour della City londinese, alla vita nei negozi di lusso, nei verdi giardini, nei circoli sportivi, nelle sale da thè. E neppure a quella multietnica e cosmopolita di tante città inglesi.
Easington però ha una cosa: è incredibilmente autentica.


Il contesto sociale del film
Forse il contesto sociale di questo ispirato lavoro cinematografico e la scelta di determinate location costituiscono il suo vero segreto. L’ambientazione infatti è a dir poco perfetta, un ritratto vero e crudo dell’Inghilterra minore negli anni della Thatcher, quella dello sciopero dei minatori, delle città impoverite di una low class proletaria davvero colta in un momento difficile. Siamo a metà degli anni ’80.
Proprio questo contrasto segna il successo di Billy Elliot, il voler a tutti costi coltivare un grande sogno nell’Inghilterra sbagliata, nella cittadina sbagliata, nella famiglia sbagliata. Quando società, economia, diritti, possibilità di emergere vengono mortificate, quando si sentono i morsi di una vita grama dove compaiono anche la fame e il freddo, il solo sognare e ballare ha un valore altissimo, assolutamente prezioso ed edificante. Ecco così che la danza, leggera, bellissima, eterea, assume il valore di una resistenza, si oppone agli scontri coi poliziotti, alle umiliazioni subite, ai problemi di una lontana e grigia periferia che non fa mai notizia.
Billy Elliot è un po’ una favola operaia, un percorso di formazione, ma soprattutto la difesa di una passione e la conquista di una dignità. Pare che la storia del bambino ballerino sia vera: si chiamava Philip Mosley e coi suoi teneri 11 anni davvero ad occhi sgranati confessava:
“Elettricità, sento come elettricità”.
Tutto il resto che compone un buon film è degno di menzione: la musica ovviamente, capace di accompagnare i momenti allegri e tristi, le corse strampalate per la cittadina del nord est inglese, le lotte degli operai, le audizioni emozionanti a Newcastle, il grande momento finale dell’entrata del cigno al Royal Ballet di Londra; la fotografia, davvero splendida, sia degli interni che degli esterni del film, che fa emergere un’Inghilterra industriale e combattiva, mai rassegnata, un nord grigio e autentico, delle case semplici dove purtroppo non c’è spazio per i sogni di tutta la famiglia.
Il film mi è piaciuto tanto anche se non privo di note sentimentali e anche perché si fa portatore di un messaggio delicato, sfumato, ma evidente: la danza è in primis una elegantissima forma d’arte, una grande passione, sia femminile che maschile, forse più pura se maschile, perché destinata a scontrarsi con certi tipici pregiudizi maschilisti. Il ballerino non è certo visto come il pugile, come l’operaio, come l’uomo rude, piuttosto come un ragazzo ambiguo, con dei “problemi” di personalità.
Ecco… vedere la gioia, l’elettricità sul viso di Billy, nelle sue gambe, nelle sue braccia fa bene davvero all’anima e fa venire voglia di ballare. Anche in mezzo a trenta ragazze, anche se i più bifolchi ti considerano più una ragazza. Qualche lacrimuccia esce inevitabilmente fuori, specie nel momento degli sfoghi, del distacco e dell’inevitabile partenza su quel bus che parte verso i teatri e la fama londinese.
Billy Elliot e il suo cuore pulito è appunto il motivo per vedere questi luoghi.


Da Easington a Durham
Se si vogliono proprio seguire i passi di danza di Billy ecco che dopo quattro ore di viaggio in treno da Londra, direzione l’industriale Middlesbrough, poco prima della piovosissima Newcastle, si approda in una zona abbastanza dimenticata e marginale dell’Inghilterra del Nord, definibile così se ragioniamo seguendo i classici parametri della notorietà culturale e turistica.
Raggiunta l’ex città della ghisa dove si nota il tipico ponte in ferro con una specie di chiatta mobile che i locali chiamano “Tranny”, con un’altra oretta di bus o treno locale si arriva al paesino di Billy Elliot, Easington Colliery: pianura grigetta, mare grigetto, fabbriche, porto, casette a schiera in mattoncini, il ricordo delle ultime miniere d’Inghilterra, i bambini che scorazzano in bici o dietro a un pallone come nei minuti iniziali di un altro film “operaio” il “The Commitments” di Alan Parker girato però a Dublino.
La casa del film è quella di Ashton Street, al civico numero 5.
Il resto della giornata si può impiegare passeggiando a caso tra le stradine di questo lembo tipico della working class inglese, entrando in un pub di quelli semplicissimi, provando a capire le sfumature dialettali tra una birra e un commento alla stagione calcistica del Newcastle: occhio che anche qui vicino sono arrivati gli sceicchi che hanno fatto grande il Manchester City.


Si arriva al mare con un maglioncino pesante perché l’aria è comunque fresca, si notano tante cose pure come i bambini che tornano da scuola, le coppie vestite in modo semplice, le vecchiette alle fermate dei bus, gli operai che entrano nei pub. Si chiude la (breve) scoperta dei luoghi di Billy percorrendo la Embleton Street di Dawdon, poco lontano da qui, dove il ragazzino balla per strada proclamando al mondo la sua libertà e la sua passione per la danza.

Per vedere qualcosa di più godibile in questa regione bisogna raggiungere la cittadina di Durham che ti aspetta con la sua bella cattedrale di pietra, uno dei più antichi insediamenti dell’Inghilterra, in riva al fiume e tra gli alberi. Ma sembra già un paesaggio troppo gentile per l’ascesa sociale di Billy, ex proletario, minatore mancato (non è un caso forse che il regista abbia scelto di ambientare il film nel villaggio dove nel 1951 morirono 83 uomini nell’esplosione di una miniera di carbone…) e futura star del balletto di Londra al Royal Theatre di Haymarket.
A Easington la vera miniera ha chiuso il suo ventre oscuro nel 1993, tante case presenti al momento del film sono state buttate giù e ora ci cresce l’erba inglese perennemente mossa dal vento, chi non è scappato fuori a ballare o inventarsi un nuovo mondo è rimasto qui a guardare le gru e il mare nuvoloso. Probabilmente le stesse 400 comparse utilizzate nel film.

Alcune scene e il trailer italiano del film:
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