La frontiera dei giovani

Cosa accade nella mente e nel cuore di un gruppo di ragazzi la prima volta che varcano una frontiera? Che effetti lampo o duraturi lascia il primo viaggio di scoperta in un paese straniero? Quale ingenuo disincanto dentro al cuore, quale idea di libertà?
E se il paese in questione fosse la Spagna avreste qualcosa da ricordare anche voi? Probabilmente sì.
Un giorno e una notte in viaggio, qualche tappa idraulica, qualche spuntino, la sgranchita alle gambe, il cambio alla guida, qualche sguardo (colpevolmente) distratto alla Francia del Sud, ma la meta finale ben chiara: le spiagge della Costa Brava, l’incontro coi giovani di tutto il mondo, la movida senza orario nelle mecche del divertimento, i paesini magici posati nel blu del Mediterraneo.

Per molti ragazzi italiani l’estate indimenticabile è capitata qui, tra le discoteche e i litorali di Lloret de Mar e Tossa de Mar, per quelli più in vena di poesia a Cadaquès e in giro per il promontorio di Roses. Se guardo indietro alla prima avventura spagnola la Costa Brava è il titolo e il sottotitolo e Barcellona l’inizio di tante cose.
La costa selvaggia
Brava in catalano significa “selvaggia” e appena superato il confine francese la costa presenta queste caratteristiche, favorite da una natura bellissima e romantica dove si susseguono promontori, piccole baie, scogliere, un mare limpidissimo e tanto verde. Prima del turismo di massa qui si spingevano solo i veri viaggiatori perché tanti tratti di costa erano davvero inaccessibili e selvaggi, servivano i piedi, le barche, le scalate tra macchia mediterranea e scogliere, oppure lente navigazioni per percorrere le mille incantevoli insenature. Secondo una leggenda il paesaggio della Costa Brava fu segnato dal matrimonio tra una sirena e un pastore, lei donò in dote il mare trasparente, lui le pianure fertili delle campagne.

La baia poetica che apre la vacanza è quella di Port Bou, con la sua spiaggia a mezzaluna e il suo vecchio borgo proprio a ridosso della catena dei Pirenei: da qui comincia un percorso che dopo 200 km di guida non sempre agevoli nel seguire il profilo tormentato della costa, arriva a Blanes. Durante il primo viaggio spagnolo fu questo il nostro fulminante esordio: fermarsi nelle baie deserte, tuffarsi a ripetizione, brindare ai tramonti e alla vita giovane, gustarsi le prime tapas di prosciutto o sardine in osterie scelte a caso lungo la strada. Una notte a ballare, l’altra a dormire su una spiaggia, l’altra ancora a inseguire la spagnola o l’olandese di turno. Più le immancabili sfide a pallone contro “avversari” che parlavano un’altra lingua rispetto alla nostra.
Cadaquès la bella

Cadaquès si raggiunge dopo vari tornanti, pinete, villaggi di pescatori, panorami verdi e azzurri, piccoli monasteri che guardano il mare. Questa cittadina baciata dal sole rappresenta da sempre il benvenuto e la cartolina della Costa Brava, col suo grappolo di case bianche raccolte intorno alla Chiesa di Santa Maria, le sue vie scavate quasi nella roccia e piene di negozietti, taverne, gallerie artistiche, Caffè e locali alla moda. Sarebbe un grave errore saltarla per puntare subito all’anima edonista e casinista della Costa Brava, perché è qui che si apprezza di più la bellezza autentica della regione, il ritmo semplice della natura, il sapore delle tradizioni, l’atmosfera bohèmien creata dai tanti pittori che l’hanno scelta per viverci. La stessa scelta che fece Salvador Dalì, per esempio.

L’eco surrealista del pittore coi baffetti all’insù, ospite fisso di queste spiagge, di questo borgo, è risvegliato dalla sua statua carismatica che sorveglia ancora la piazza centrale e dalla Casa-Museo di Portlligat, un omaggio al genio e alle meraviglie architettoniche. L’amore per il paesino coinvolse anche Pablo Picasso, Federico Garcìa Lorca e Luis Bunuel, come dire… tutte le arti insieme, fuse nella luminosità unica e speciale di Cadaquès!

Evidentemente il genius loci di Cadaquès ha sempre attratto intellettuali, poeti ed artisti, innamorati anche del paesaggio aspro e sferzato dal vento del promontorio di Cap de Creus, luogo adatto per dipingere e per guardare le onde e le notti stellate. Appena ti guardi in giro tra il borgo e il mare ti accorgi che ci sono numerosi pittori dilettanti col cavalletto e i colori sotto il braccio, ecco il paesaggio umano di Cadaquès, che prova a cogliere con passeggiate e ritratti solitari i riflessi della luna, la poesia dei vicoli con le piante rampicanti sui muri e i balconcini in ferro battuto, la schiuma o le tonalità azzurre del mare, la luce del sole sulla macchia bianca del borgo, il ritorno serale delle barche da pesca.

Cadaquès è un invito all’arte.
Cadaquès è la memoria di Dalì, così omaggiato ai piedi della statua da Garcia Lorca: “Non elogio Te, imperfetto pittore adolescente, né il tuo colore che avvolge il colore del tuo tempo, ma lodo le tue ansie di eterna limitazione”.


Le rovine di Empuries
Dopo due giorni incantevoli riprendiamo il percorso, qualche curva dopo Cadaquès si arriva a Roses, molto più turistica, sinceramente evitabile. Degli acquitrini paludosi abitati da tante specie di uccelli anticipano Empuries, il sito archeologico più importante della Catalogna, l’antica Emporion, fondata da commercianti greci intorno al 550 a. C e occupata poi dai romani. Si passeggia tra rovine silenziose, statue e colonne, i pini marittimi e le spiagge pulite. Là vicino si visita il borgo di Castello d’Empuries dove un salto nelle tradizioni e nelle atmosfere del passato è assicurato. La Costa Brava da queste parti si mostra con magnifiche calette rocciose nascoste nelle varie anse del promontorio e raggiungibili solo con le barche. La raccomandazione è almeno un lungo e tranquillo bagno, scegliendo una caletta a caso.
Più all’interno si sviluppa un itinerario vario e interessante che prima raggiunge Figueres, città natale dello stravagante pittore, tornato in voga oggi per le maschere indossate dai protagonisti della serie “La Casa di Carta”. Molte sue opere si trovano nel Teatro Museo Dalì, vero tempio della corrente artistica del surrealismo. Ancora oltre il giro tocca Girona, case colorate sul lungofiume, città vivace, intrisa di catalanità, coi resti di varie epoche storiche: mura romane, cattedrale gotica, bagni arabi, quartiere ebraico. Ci dormiamo una notte, una calda e divertente notte catalana.

I villaggi sul mare
Tornando sul mare ecco il villaggio di Begur, il rifugio preferito dalla borghesia barcellonese, le cui ville si sviluppano sotto le pendici del castello. Spiagge bellissime, come Sa Riera, Sa Tuna, Aiguafreda e Aiguablava, locali parecchio costosi: un confronto con l’Italia? Portofino, Capalbio, Sorrento.
A due passi la cittadina medievale di Palls per passeggiate tra torri, mura, vicoli e botteghe artigiane. Una sosta la merita anche il litorale di Palafrugell coi suoi edifici moreschi che si trovano proprio sulla battigia, a ricordare che gli Arabi si spinsero ben oltre l’Andalusia. Altro bagno, altra cerveza y gambas, altro riposino sulla spiaggia.


La baia di Palamòs ci fa conoscere il paese centrale del commercio del sughero spagnolo e anche un porto nautico animato e carino. Palamòs ha un’anima marinara e si incontrano le scene tipiche del paziente mondo della pesca: barche tirate a secco, vecchi pescatori, reti messe ad asciugare. E pesce alla brace gustato in riva al mare, nella veranda della pensioncina scelta per la notte.
Vacanza a Tossa de Mar

Alberghi, locali, bar, stabilimenti, disco e poco più in alto la pittoresca città vecchia di origini medievali: secondo noi il connubio perfetto della Costa Brava, la città dove fare l’altra tappa importante dopo Cadaquès. Le sue torri romaniche guardano i giovani ballare e divertirsi, a tutte le ore, in tutte le lingue, con varie bottiglie in mano e con pochi vestiti addosso. Nei dintorni stupende baie e calette rocciose, isolette verdi con acque turchesi, in città i resti di una villa romana con preziosi mosaici e un quadro di Chagall che definì la “sua” Tossa “paradiso azzurro”.
Altre tre notti le passiamo qui, stiamo bene a Tossa, ci sentiamo insieme latini e mediterranei, consapevoli della bellezza della natura, invincibili nella gioventù. Il bello di Tossa de Mar è il suo ambiente cosmopolita, una sera parli inglese, il mattino dopo conosci dei coetanei francesi o tedeschi, sulla spiaggia ti scambi l’indirizzo con gruppi di scandinavi che vorrai assolutamente visitare col tuo prossimo interrail è ovvio, oppure organizzi una gita in barca con dei ragazzi portoghesi. Un Erasmus balneare in pratica, un sorriso e un inno alla vita.
Follia a Lloret de Mar
Era un villaggio di pescatori: azzerato. Oggi è il delirio, un susseguirsi caotico di discoteche, grattacieli, hotel a prezzi modici, casinò, ristoranti turistici dove si mangia piuttosto male, anzi dove soprattutto si beve: fiumi di birra e sangria, prima della notte, dentro la sua pazza notte. Scegliamo di venire qui una sola notte e francamente ci basta, meglio Tossa per come siamo fatti noi.

Sul lungomare di palme all’alba vagano degli spettri: le bande di giovani che escono da un pub, da una rissa, da una sbornia. Eventi che purtroppo qui capitano spesso. Volendo trovare uno spunto poetico a Lloret de Mar, se il tasso alcolico permette di individuarlo, è la sfumatura rosa che all’alba e al tramonto ricopre la sua lunga spiaggia.
Verso Blanes e Montserrat
A Blanes ci si va per un aperitivo serale, dopo aver visitato la fontana gotica, le rovine di una fortezza, un paio di chiese antiche, l’acquario e il giardino botanico panoramico. Sul mare la lunga e dorata spiaggia cittadina, poco fuori le scogliere a picco, il verde intenso della vegetazione e acque bellissime. A Calella si rivedono mare azzurro, spiagge molto belle e paesi più tranquilli. Vita serena, stile Cadaquès. Concerti all’aperto e sul mare di habaneras, complessini in stile cubano. E’ il saluto alla Costa Brava. Anzi no, il saluto lo decidiamo dall’alto, da Montserrat.

La “montagna segata” di oltre 1.200 metri ospita un monastero costruito intorno all’Anno Mille, con panorama su tutta la Catalogna. Ci si arriva in funicolare ed è meta di pellegrinaggi per la presenza della Vergine Nera venerata come patrona dai catalani. Ci arrivano anche gli appassionati di scalate perché le guglie modellate dal vento e dalla pioggia, che fanno da quinta teatrale al monastero abitato un tempo da monaci ed eremiti, assomigliano a certe vette dolomitiche o alla Meteore greche, come nel caso della famosa parete del Cavall Bernat.
Più che per l’atmosfera religiosa e l’arte sacra, la sensazione è che Montserrat sia tanto amata dai catalani perché emana un altro valore: siamo nel centro spirituale di una regione che da sempre anela all’indipendenza, lo sguardo dai boschi di leccio e di pini d’Aleppo e dalle vette rocciose spazia libero e sognante, raggiunge i Pirenei, Barcellona e il Mediterraneo, quasi a disegnare e a custodire il perimetro completo e l’ambizione di una terra orgogliosissima delle sue radici.

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