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Diario di Spagna / I grandi reportages

Il mito di San Firmino

Il racconto di Hemingway

Il grande scrittore americano amava molto Pamplona e i Paesi Baschi e, partecipò, correndo, addirittura a nove edizioni della Fiesta, la sua prima volta fu nel 1923.

Alloggiava nell’Hotel La Perla, a quei tempi un albergo spartano a 1 stella, oggi diventato per ovvie ragioni di marketing un lussuoso 5 stelle con due teste di tori che ti fissano nell’elegante reception. A pochi passi c’era e c’è ancora oggi il Cafè Iruna, in stile liberty, coi suoi tavolini di marmo, i lampadari a nuvoletta, le decorazioni floreali sulle cornici lignee, gli specchi smerigliati, l’angolo della lettura, quello del caffè. Qui il tormentato e vitalissimo Ernest amava consumare la sua “cerveza y gambas”, un bicchiere di buona birra accompagnata dai gamberi in salsa aglio e olio.

Il grande scrittore americano amava molto Pamplona e i Paesi Baschi

(foto di Hemingway presa da wikipedia e copertina del romanzo ambientato a Pamplona)

Sia l’Hotel che il Caffè si trovano nel cuore di Pamplona, a Plaza del Castillo, bella per gli alberi, i portici, gli altri Caffè e gli antichi palazzi. Tra la piazza e le mura ecco la Cattedrale e tutte le strette vie del Casco Viejo, del centro storico, quelle con le taverne tipiche dove si gustano il sidro e i pinchos (le tapas locali), l’agnello alla brace e lo stufato di toro, la saporita selvaggina e il baccalà, i funghi e i carciofi preparati in cento modi, i peperoni secchi o ripieni, i golosi cannoli alla crema e i deliziosi frutti di bosco. Le stesse vie dove si corre lo scatenato Encierro e dove si trova la chiesa di San Lorenzo che conserva le reliquie del Santo.

Tra la piazza e le mura ecco la Cattedrale e tutte le strette vie del Casco Viejo, del centro storico

A memoria di Hemingway, l’intellettuale moderno che più di tutti è stato capace di eternare il mito di Pamplona e dei tori, e che allo stesso modo amava pescare nei torrenti della Navarra vicino Burguete e Yesa o rilassarsi sulla spiaggia di San Sebastian, mangiare tapas basche e gustare i vini rossi de La Rioja, rimangono due statue, una in bronzo all’angolo del Cafè Iruna, l’altra in granito appena fuori della arena cittadina della Plaza de Toros. Un’altra elaborata composizione artistica celebra i coraggiosi sanfermines e guardandola capisci qualcosa in più dello spirito della Fiesta: non solo lo slancio atletico in avanti ma anche lo spirito di fratellanza nell’aiutare il compagno caduto a terra e minacciato dall’arrivo del toro.

lo spirito di fratellanza nell’aiutare il compagno caduto a terra e minacciato dall’arrivo del toro

Così Hemingway descriveva i giorni di San Firmino: “A mezzogiorno di domenica 6 luglio la Fiesta esplose. Non c’è altro modo di descrivere la cosa. Gente era arrivata dalla campagna tutti i giorni ma una volta nella città veniva assimilata e non ci si accorgeva di essa… La Fiesta continuò giorno e notte per sette giorni. Continuarono le danze, si continuò a bere, e per una settimana il chiasso non cessò. Le cose che accadevano potevano solo accadere durante una Fiesta… Tutti i balconi erano gremiti di persone. A un tratto gente cominciò a venir giù per la strada. Correvano vicini… poi i tori venivano al galoppo e roteando le corna… tutti uniti correvano… Dopo che furono usciti di vista un gran clamore si levò dall’arena… i tori erano stati rinchiusi nei recinti…Provavamo il senso di emozionato malessere che sempre segue a una corrida, assieme al senso di esaltazione che segue a una corrida buona”. (Ernest Hemingway – “Fiesta”, 1926).

La verità dell’Encierro

Difficile trovare una cronaca più dettagliata dell’Encierro, che è davvero tutto qui: nella prova di coraggio e spavalderia di tanti ragazzi che osano correre davanti ai tori, per giunta dopo una notte di danze e bevute. La follia è proprio questa, che l’Encierro comincia ogni mattina alle 8 in punto, quando si ha al massimo il tempo di bagnarsi la faccia con dell’acqua fresca per cacciare gli stordimenti della notte e prima di sfidare il destino, perché di destino si tratta.

La verità dell’Encierro

La cosa che infatti mi ha impressionato di più nelle mie due visite a Pamplona è che i 3.000 sanfermines che in media ogni giorno decidono di correre, hanno (?) una glaciale consapevolezza: che durante gli 875 metri del tragitto che separano le stalle dei giganti neri dalla grande Plaza de Toros dove finiscono la loro potente e pericolosa corsa alla media di 25km/h e in meno di 4 minuti, se decidono di corrergli davanti sanno perfettamente che almeno per un momento, per un secondo, un grande toro gli passerà accanto. Perché l’Encierro è appunto un lungo recinto, i palazzi medievali di Pamplona cadono a filo sui marciapiedi e su tu coraggioso o folle, ubriaco o agile, decidi di farti trovare lungo il percorso non hai scampo, se non saltare su qualche tratto di staccionata invasa dalla folla o aggrapparti alle braccia di chi guarda la corsa da finestre e balconi. E se inciampi, scivoli sul selciato bagnato o sulla paglia, e rovinosamente cadi, devi solo pregare perché uno dei 12 Miura di 500 kg, con le corna possenti, col fumo che gli esce dalle narici, in quel momento ti sta passando accanto e per istinto animale, puro fastidio o malcelata vendetta potrebbe decidere di puntarti.

E come va a finire…?

Che se sei navarro, basco, spagnolo, europeo anche, un minimo esperto della corsa, capita che i tuoi amici sappiano aiutarti, fare cerchio intorno a te, distrarre il toro con dei bastoni o con dei colpi di giornale, ma se sei un americano solitario che vuole sentirsi come Hemingway, che ha bevuto tutta la notte e non capisce la lingua, non conosce le curve, le tattiche, non ha né conoscenze né protezioni, capita che puoi finire tragicamente infilzato… E tornare in patria, se va bene, con un organo in meno.

La cronaca ufficiale della Fiesta racconta di 16 morti nell’età chiamiamola moderna, ovvero dal 1911, ma in realtà in 600 anni di tradizione saranno stati molti di più… I tori passati come killer alla storia di San Firmino sono due: il 10 luglio del 1947 Semillero e il 13 luglio del 1980 Antioquio uccisero due uomini a testa nello stesso Encierro!! Il record di feriti in quella che rischiò di diventare una mattanza di attacchi, cornate, zoccoli e sangue fu di 107 nell’epica giornata del 9 luglio 1994.

Al netto dei momenti più drammatici la corsa dei tori finisce sempre nella Plaza de Toros dove la sera stessa si celebrerà la Corrida.

la corsa dei tori finisce sempre nella Plaza de Toros dove la sera stessa si celebrerà la Corrida

Qui la gente si accalca, si scatena, si improvvisa torero con le vaquilas, le giovani vacche, che nel frattempo sono state liberate perché ritenute più docili e innocue, fino a quando tutti i tori vengono chiusi nei recinti e la stessa gente, coi pantaloni e la maglietta bianchi, coi fazzoletti rossi, si riversa per le strade di Pamplona, cerca il vino, il ballo, la compagnia e tutta l’allegria del vivere.

Uno ti passa una tromba, un altro una bottiglia, una ragazza ti seduce in un attimo, un’altra di più di quella di prima ma passa veloce e non la rivedrai mai. Un americano col barbone e col pancione ha “Fiesta” di Hemingway che gli spunta dalla tasca dei jeans, un altro ancora sa di alcol a tre metri di distanza, dai balconi la gente di casa osserva, urla, ride.

Non c’è limite, non c’è orario e non c’è peccato: nel legame ancestrale che lega l’uomo al toro nella Pamplona di Hemingway tutto è permesso e quindi la Fiesta procede instancabile tra tentazioni e processioni, vespri e bevute, sfilate di giganti di cartapesta e cortei di persone che non si reggono in piedi. E allora per provare a capire tutto ciò vale la pena, agli inizi di luglio, raggiungere almeno una volta nella vita la placida terra Navarra che arde al fuoco della sua primitiva sfida e passione.

E’ questo che bisogna fare. Viaggiare finchè si è giovani” fa dire a un suo personaggio di “Fiesta” l’avventuroso scrittore Premio Nobel. Gli do ragione: un viaggio a Pamplona non si dimentica, anche perché poi basta scavalcare l’altopiano di Navarra per seguire la via del mare nei Paesi Baschi o la rotta segnata dalla conchiglia gialla sul Camino de Santiago.

basta scavalcare l’altopiano di Navarra per seguire la via del mare nei Paesi Baschi o la rotta segnata dalla conchiglia gialla sul Camino de Santiago

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