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Le tappe della strada romantica

Un salto nel Medioevo

Lasciamo l’autostrada presto come ci piace fare, anche quando abbiamo poco tempo, ci infiliamo in stradine di campagna dove dominano casette dai tetti a punta, pannelli solari, enormi pale per l’energia eolica. Girano molti trattori. Siamo nel mezzo di una zona agricola, grazie a un meteorite caduto milioni di anni fa. Nella depressione si formò un lago gigantesco i cui sedimenti livellarono la depressione stessa rendendo la regione di confine tra Baden Wurttemberg e Baviera fertilissima. Nördlingen, il primo dei tre centri che visiteremo in questo breve vagabondaggio, si trova nel centro esatto del cratere, nella regione che oggi si chiama Ries.

Nördlingen, il primo dei tre centri che visiteremo in questo breve vagabondaggio

A Nördlingen i danni maggiori li hanno fatti due eventi. Un incendio che l’ha rasa al suolo nel 1228, e da lì è rinata, circondata da tre chilometri di mura che si ammirano ancora oggi. E l’unica volta che è stata invasa, durante la Guerra dei Trent’Anni, un vero massacro, seguito da un’epidemia di peste nera e da un periodo oscurantista di caccia alle streghe che ne falcidiò la popolazione e ne uccise per sempre le ambizioni. Neanche i bombardamenti americani anglo-americani le fecero così male, la sfiorarono solamente. I danni veri glieli fecero gli anni bui del Medioevo.

La cittadina è ancora bella, ha molto appunto di un borgo medievale, la pianta rotonda si vede dall’alto dei cammini di ronda costruiti sulle solide mura. Anche se i turisti e il traffico ormai la caratterizzano abbastanza spesso ci sono angoli pittoreschi e silenziosi, strade di soli ciottoli, case a graticcio di altissima fattura, alcune stortissime, altre con la pancia gonfia dove sembra quasi che il legno stia per scoppiare, altre ancora con il tetto a gradini. Ci godiamo il panorama dall’alta torre campanaria della chiesa, 365 gradini di sudata, che gli abitanti locali chiamano Daniel.

Incontriamo nelle botteghe e nelle vetrine una serie infinita di maialini colorati, di tutte le dimensioni. E’ grazie a uno di loro che la città si salvò nel 1440 dalle brame del Conte di Oettinger. L’animale scappando, si infilò in un pertugio che una guardia notturna traditrice aveva lasciato aperto per consentire la presa della città. La padrona lo inseguì, capì tutto, piombo sulla guardia urlando So G’sell so (ti ho beccato). Lo stesso urlo viene ripetuto ogni sera, da 600 anni, dai due guardiani serali, gli stessi cui paghi il biglietto in cima alla torre. Questa specie di beefeaters teutonici esclamano a gran voce, facendo la ronda notturna, quello che da noi verrebbe tradotto, con “sono le dieci, e tutto va bene!”.

le case a graticcio che si affacciano su un piccolo canale

Restiamo a Nördlingen mezza giornata, esploriamo i vicoli tranquilli del quartiere dei conciatori, le case a graticcio che si affacciano su un piccolo canale, camminiamo lungo le mura circolari, ne percorriamo l’esterno, ammirandone le porte e godendo della vista di un orto botanico spettacolare. Da vedere nel Museo cittadino una ricostruzione della battaglia vissuta in città durante la Guerra dei Trent’anni con l’utilizzo di 6.000 soldatini di piombo. La quiete della campagna unita al respiro della storia.

Mura e silenzio

Mura ancora più belle nella seconda cittadina. Quando Napoleone decise di farla diventare bavarese, il sovrano tedesco, che in genere abbatteva tutte le fortificazioni delle città conquistate, non ce la fece, e le lasciò intatte. Atto di omaggio alla loro potenza e bellezza. D’altronde questa delizia tedesca ha un che di Carcassonne: mura tutto intorno, con 18 torri a caratterizzarne il profilo da lontano. Ma dentro non è finta come la città francese e camminarvi è la gioia dei sensi. Ci sono un paio di strade silenziose e poetiche, scritte in caratteri gotici, meravigliose facciate colorate a graticcio delle case.

Una di queste, tutta rossa, porta disegnata la leggenda di Dinkelsbühl. Ovvero il gruppo di bambini che, durante la Guerra dei Trent’Anni, (1618-1648, cominciata per rivalità tra gli stati protestanti e cattolici dell’Europa di allora e terminata nel segno della rivalità franco-asburgica per il dominio del continente) andò a chinare il capo nella tenda del capo protestante nemico, che aveva dato un ultimatum alla città e la stava per radere al suolo. Commosso dalle creature, non lo fece.

Accanto a questa Casa si alza una bella cattedrale gotica. Di fronte, un gruppo di cinque case, una più bella dell’altra, occupano il Weinmarkt, la piazza dove si è sempre svolto il mercato del vino.

Tutta Dinkelsbühl (foto presa da wikipedia) è estremamente silenziosa

Tutta Dinkelsbühl (vedi sopra foto presa da wikipedia) è estremamente silenziosa, si cammina sui ciottoli e si sentono i propri passi. Le macchine sono talmente rare che sembra un’intera isola pedonale. E poi camminiamo nelle ore del mezzogiorno, quando i suoi abitanti sono a pranzo o riposano. Ci innamoriamo così della pace dei vicoli, delle salite, delle piazzette, delle fontane, dei balconcini coi fiori, delle mura e delle torri, degli uccelli che in questo idillio svevo o bavarese che sia non smettono un attimo di cantare.

Dormiamo in un gigantesco ex granaio, trasformato in un moderno ostello della gioventù, ci sentiamo di nuovo molto studenti e molto svevi per questa scelta.

Attorno alla cinta muraria c’è un dedalo di stagni e fiumiciattoli, ponticelli da dove si possono vedere paperelle e canoisti, salici e ninfee. Mangiamo di nuovo un delizioso maialino e lo annaffiamo con abbondante birra chiara.

Nella notte di Dinkelsbuhl non si sente neppure un rumore.

Rothenburg nel cuore

Il paesaggio non cambia, resta dolce e gentile, e Rothenburg ormai ci attira come una calamita.

Il paesaggio non cambia, resta dolce e gentile, e Rothenburg ormai ci attira come una calamita.

Prima di arrivarci leggiamo sulle guide di due scommesse vinte da questa vecchia e romantica città. Narrano gli anziani del villaggio che Rothenburg si salvò dalla distruzione con un lancio di dadi. Il borgomastro Von Toppler aveva un certo culo, non c’è che dire, perché l’aspirante distruttore fece cinque mentre lui tiro giù un sei. E il villaggio intero tirò giù un urlo disumano. Le incisioni sulla navata della chiesa ancora lo ricordano. E una.

La seconda scommessa fu molto più clamorosa e non si trattò di fortuna. Ancora oggi la definiscono “la bevuta magistrale” e fa parte, a pieno titolo, della storia della città. E’ l’aneddoto cittadino per eccellenza. Ebbene: durante la Guerra dei Trent’Anni Rothenburg è invasa dalle truppe della Lega Cattolica. Il giorno dopo l’avrebbero messa a ferro e fuoco. Al vincitore, un tal Tilly, vengono offerti vino e libagioni, per addolcirlo un po’. Lui accetta, mangia e beve e fa una concessione, di quelle maligne. E qui commette anche un errore, perché nel fare un po’ troppo il gradasso, lascia uno spiraglio di speranza. Adocchia infatti un boccale da cerimonia, usato dai borgomastri per le rituali bevute di benvenuto dedicate agli ospiti speciali. E declama: “Se qualche cittadino di Rothenburg riesce a scolarsi quel boccale senza staccare le labbra, tutto d’un fiato, e senza versare una goccia, la città è salva”.

Erano evidentemente tempi del genere, che al posto di cecchini, bombe, razzi le guerre si decidevano anche ai dadi o al bere! Ma due particolari non vanno omessi. Primo: si stava parlando di vino, non di birra. Secondo: il boccale aveva la capacità di tre litri e venticinque centilitri. Bene… si fece avanti un quarantatreenne che diventerà una figura leggendaria, l’ex borgomastro Nusch. Me lo immagino traccagnotto, un po’ grasso, coi baffi da tricheco, le bretelle rosse, la camicia a scacchi, i calzettoni di lana grezza. Come ti puoi immaginare dopotutto un bavarese del 1600 e spiccioli? Vestito come i tirolesi di oggi probabilmente! E con un passato da scommettitore di osteria.

Lo vedo avvicinarsi al mega-boccale. Inizia piano, molto lentamente. Lo sforzo va dosato, c’è la sua città in gioco. Lo vedo sudare, rosso, la pancia che si gonfia a dismisura. Ma non si ferma. Va avanti. Cinque lunghissimi minuti ci mise. Cinque. E neanche una goccia versò. Erano massacratori allora, ma uomini di parola. Rothenburg era salva.

Oggi la scena è immortalata dal carillon dell’orologio della piazza del municipio, che cinque volte al giorno mette in scena i due personaggi. Uno che guarda preoccupato, l’altro che si scola il provvidenziale boccalone! Nel frattempo, centinaia di giapponesi, muniti di macchina fotografica e telecamera, guardano tutti in alto, verso lo stesso punto. Bellissimo, quasi una coreografia da balletto.

Rothenburg è meravigliosa. E se riesci a scansare i mucchi di turisti ti resta dentro.

Rothenburg è meravigliosa

Le regole per conquistarla sono sempre le stesse, ormai imparate a memoria lungo i villaggi della Romantische Strasse: preferire la sera per fermarsi a mangiare con calma e scatenarsi invece all’ora del pranzo per la visita a piedi dei centri storici, se proprio non si può visitarli la mattina presto. Così si evitano le folle, le file, le urla, i giapponesi, le telecamere. E l’atmosfera resta quella medievale.

La città ha due cinte di mura e delle porte colossali. Vi entriamo da quella dove si trovava la piazza del patibolo. E camminiamo, a lungo. Forse il posto più bello è la piazza del municipio, con edifici gotici, rinascimentali, una bella fontana e ancor le tipiche case a graticcio. Lungo la Via dei Signori, le case più importanti hanno tutte un frontone e un colore diverso. Sembra una Burano dai tetti a punta, una Trinidad de Cuba nordica. A fare da concorrenza alla piazza principale, un angolo fiabesco, una specie di piccolo slargo (il Plönlein, la piazzetta) dove, in mezzo, c’è una casetta a graticcio storta, con una fontana alla base. Poi due strade vanno una diritta, verso una torre della cinta muraria interna, un’altra in discesa verso le mura di quelle esterna. La cattedrale è in restauro. Ci perdiamo un paio di altari in legno e un altro su cui dicono ci sia una goccia del sangue di Cristo, portato direttamente dalla Palestina come reliquia. Le strade sono formate esclusivamente da case medioevali e dentro la cinta interna non circolano auto.

Sotto le luci del tramonto un luogo del genere diventa ancora più magico.

Sotto le luci del tramonto un luogo del genere diventa ancora più magico.

E alla fine ti scontri sempre con le mura. Le scali, ne percorri gli stretti passaggi, vedi come le fortificazioni erano anche a tre livelli. Rothenburg non era facile da prendere, considerando le armi di quei tempi. Ma dall’alto non c’è scampo, per nessuno. La seconda guerra mondiale l’ha colpita, ma come per rispetto, come per magia, vi si è anche fermata. Un attacco aereo ha distrutto parte del quartiere orientale della città, mura comprese. Ma poi un generale americano, così dicono nelle osterie, si oppose a un secondo bombardamento, quello che sarebbe stato fatale. Forse se ne chiedeva il senso. O forse colpito e vinto dalla pietà verso le tante opere d’arte non si sarebbe mai perdonato una distruzione del genere. Niente vino stavolta, niente scommesse, solo pietà, umanità. O semplicemente, gusto del bello. E Rothenburg era salva, per la terza volta.

Le parti delle mura distrutte furono messe simbolicamente in vendita, 80 marchi al metro. Chi avesse voluto ne avrebbe potuto acquistare un metro, e si sarebbe reso responsabile del loro restauro e avrebbe visto il suo nome appiccicato sulle mura, con una targhetta. Se ne osservano ancora centinaia. Anche oggi si può fare, ma il prezzo è salito alle stelle.

La città della auto di lusso e il paesino di Hesse

Verso Stoccarda si alzano palazzoni e ciminiere, la città deve essere vivibilissima, ma è piena di vetro e cemento

Il tempo tiranno ci costringe a lasciare questo gioiello. Torniamo a sud, sfrecciano le auto nel verde Baden Wurttemberg. Verso Stoccarda si alzano palazzoni e ciminiere, la città deve essere vivibilissima, ma è piena di vetro e cemento, di tutto ciò che la fretta del secondo dopoguerra poteva regalare nell’ansia della ricostruzione. Il cielo di Stoccarda è grigio, la S Bahn veloce, al posto di osti in costume locale qui spuntano punk e manager, al posto delle case a graticcio ecco i grattacieli a siluro.

A Stoccarda si rende plastica la metodologia della ricostruzione tedesca del dopoguerra. Mentre a Monaco hanno usato i detriti per costruire il parco collinare dove si trova l’Olympiastadion, mentre a Berlino hanno lasciato per le generazioni future come monito all’orrore della guerra, le rovine della stazione di Anhalter e della Chiesa del Ricordo, in città come Stoccarda si è semplicemente ricominciato da zero. Eccola là la sua “anima”, un’ampia e lunga isola pedonale circondata da negozi alla moda, non manca nessuna griffe, nessuno dei marchi noti. Non c’è un monumento che possa ricordare il passato. Ci si è tuffati nell’opulento presente di elettronica, informatica, industria automobilistica (qui ci sono le case madri della Porsche e della Mercedes…) Non bastano i mimi e i musicisti da strada e qualche palazzo neoclassico a cancellare il freddo dal cuore.

Non bastano i mimi e i musicisti da strada e qualche palazzo neoclassico a cancellare il freddo dal cuore

Meglio, molto meglio la piccola Calw, luogo natale di Hesse, per finire questo bel viaggio nelle terre sveve, Calw con la parte antica e quella moderna divise dal fiume Nagold, con le case a graticcio sempre belle, di vari colori. Con la statua dello scrittore che ho amato di più da giovane, in piedi, che osserva il fiume. Dietro le case, il bosco, l’inizio della Foresta Nera. Freddino, umidità. Silenzio per le strade semideserte. Le immagino di inverno, con il gelo e la foschia, i lupi in agguato, i ragazzi viandanti di Hesse in cerca di sé stessi, dell’amore o della libertà.

Poche case sono tanto spettrali quanto quelle a graticcio in una serata col cielo nero. Fanno gotico, suscitano mistero. C’è qualche turista culturale, nessuna ombra di giapponesi per fortuna e i soliti, immancabili, immigrati italiani.

L’ultima notte è quindi dedicata alla piazza, al ponte, al fiume e alla foresta di Calw, alle sue memorie letterarie. Sono passati cinque lunghe giornate, il rientro è prossimo ma questo viaggio ci ha lasciato tante emozioni e una maggiore simpatia dei tedeschi.

molto meglio la piccola Calw, luogo natale di Hesse

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