Il lungo viaggio
Dopo una guerra durata dieci anni risolta a suo favore tramite la formidabile astuzia del cavallo di Troia, Ulisse comincia il suo lungo ritorno verso Itaca. Coi suoi compagni di viaggio attraverserà mille terre, mari, isole, pericoli, tentazioni e avventure trasformando il suo viaggio in una vera Odissea, lunga altri dieci anni, per colpa del fato, di dei non troppo favorevoli e per la sua infinita ansia di conoscenza.

Tutta l’avventura dell’eroe omerico si svolge nel bacino del Mar Mediterraneo, anche per questo motivo probabilmente sempre inteso in tutti i tempi e in tutte le culture come il mare dei miti. A ogni viaggiatore, a ogni mente curiosa, dovrebbe piacere di ripercorrere idealmente le tappe di quello che possiamo chiamare il viaggio dei viaggi e dovrebbe interessare la possibilità di identificare i luoghi reali che hanno ospitato vicende così epiche e immortali.
Da Troia alla Tunisia
Nella località sulle coste settentrionali dell’Asia Minore, l’attuale Turchia, va in scena il trucco del cavallo di legno, che scambiato come un dono per gli dei nasconde nella sua ingannevole pancia le truppe degli achei e permette al loro furbo condottiero di concludere il lungo assedio con l’invasione e la distruzione della città nemica. Da qui Ulisse ripartirà con 12 navi e circa 500 uomini e la sua prima tappa a Ismara, nell’’attuale regione della Tracia, è piuttosto sfortunata: i guerrieri si fermano per fare provviste, saccheggiano cibo, rapiscono donne locali ma indugiano troppo nei vizi e nel vino e si scontrano rovinosamente con gli abitanti del luogo, i Ciconi. Da qui comincia un primo tribolato viaggio in mare che li porta tra una tempesta e l’altra sulle coste di un altro mare, quello che bagna l’attuale Tunisia. Proprio dalle parti di Djerba, nel sud della Tunisia, o forse poco più giù verso un promontorio libico, Ulisse e i suoi compagni sbarcano sull’Isola dei Lotofagi e vengono accolti in modo benevolo dagli indigeni del luogo che gli offrono in abbondanza l’assaggio del loto, il fiore dell’oblìo. Il loto però si rivela una specie di dolce droga che fa perdere loro la memoria, li fa dolcemente intontire e rischiare anche di dimenticarsi il senso del viaggio verso la Madrepatria. Giuro che la prossima volta che per il mio lavoro ripasso a Djerba, a godere di quelle sabbie dorate, di quel clima dolce, delle vicine oasi, provo a cercarlo un fiorellino del genere!
La terra dei Ciclopi

Le ipotesi al riguardo sono un po’ contrastanti tra di loro ma di sicuro l’incontro pauroso col Ciclope costituisce la prima tappa dell’Odissea che tocca l’Italia: Calabria, Campania o molto più probabilmente la Sicilia dove la grande bocca vulcanica dell’Etna ricorda l’unico occhio del gigante Polifemo che nell’antro della sua buia grotta prova a fare un solo boccone di tutti gli sfortunati avventurieri.
Ma Ulisse-Nessuno vincerà anche questo pericolo con la sua proverbiale astuzia, conficcando un palo nell’occhio del mostro e fuggendo camuffato sotto il manto lanoso delle pecore. L’unico problema è che Polifemo era figlio di Poseidone che trasformò per vendetta il viaggio di Ulisse in un vero incubo agitando contro di lui mari, tempeste, venti e mostri marini. A partire dai ciclopi presenti tra i faraglioni difronte all’attuale Aci Trezza.
L’isola di Eolo
Ulisse e i suoi restano a peregrinare in Sicilia, tra le isole Eolie, dove verosimilmente a Stromboli, da Eolo dio del vento, ricevono in dono un otre di pelle di bue che contiene dei venti contrari alla navigazione. Aperto incautamente da compagni di viaggio gelosi il recipiente scatena però venti terribili e capaci di fargli perdere la rotta verso Itaca.

La perfetta sagoma conica di Stromboli dunque nasconde anche questo mito: non bastavano il fascino millenario del vulcano, i suoi zampilli magici nelle notti scure del Mediterraneo, le spiagge selvagge, la natura aspra e autentica, i paesini rimasti candidi a stupirti proprio alle pendici del cratere sempre attivo… Ci voleva questo ricordo omerico, questo mito del vento che ostacolò Ulisse per rendere l’isola ancora più indimenticabile di quello che la sua bellezza clamorosa già svela.
La Terra dei Lestrigoni
Risalendo il versante tirrenico della penisola italica ecco l’arrivo nella terra dei Lestrigoni, quelle coste tra Lazio e Campania che ancora oggi per motivi leggendari o forse solo turistici sono note come la Riviera d’Ulisse: il tratto che va da Gaeta e Sperlonga fino al Circeo soprattutto.

Sono luoghi davvero incantevoli e ogni italiano dovrebbe conoscerli: una storica città che ospita tutte le tradizioni e i sapori del mare, un borgo bianco pittoresco e alto sulla costa, un territorio di foreste e dune e paludi che è diventato parco nazionale protetto… Ma questi paesaggi incredibili all’alba dei tempi e nella fantasia di Omero ospitavano dei giganti cannibali, i Lestrigoni, capaci di infilzare su grandi spiedi, divorandoli, parecchi marinai greci e di distruggere quasi tutte le navi della flotta di Ulisse, lanciando sopra di loro delle possenti rocce. In questa tremenda vicenda dell’Odissea si salva solo la nave dell’eroe, abilmente ancorata più a largo e così il faticoso viaggio può riprendere.
Per altre fonti meno accreditate questa tappa del peregrinare di Ulisse potrebbe pure rintracciarsi in Sardegna o in Corsica, presso le Bocche di Bonifacio.
L’isola di Eea
Poco distante appare il territorio dominato da un magnifico, verde e oscuro promontorio, quello abitato dalla Maga Circe. Posso dire, per esperienza, che siamo in uno dei luoghi più magici del Lazio.
Tanti compagni di Ulisse vennero trasformati in porci, proprio dove tanti turisti oggi passano le loro vacanze! Ma Odisseo si salvò grazie all’erba magica che gli offrì il Dio Ermes e poi ottenuta dalla maga la fine dell’incantesimo se ne innamorò ed ebbe addirittura un figlio, forse due, proprio da lei.


Quando, da venti anni a questa parte, con moglie e figlie passeggio sulla lunga spiaggia di Sabaudia proprio fino al promontorio che secondo la leggenda descrive il profilo della maga (eccolo qui, da sinistra a destra le labbra socchiuse, il naso, la fronte sporgente!) sento sorgere in qualche parte della mia anima la dimensione favolistica del mito.
Sulla vetta del Circeo mi immagino questa ambigua maga, nel mare davanti mi immagino l’arrivo di Ulisse, nelle albe e nei tramonti vissuti nella foresta o sulle dune rivivo in qualche modo i lontani misteri dell’epica. E amo tanto questo luogo anche per questo. E ci torno appena posso o mi emoziono a sfogliare le foto fatte sotto o sopra il promontorio, ieri come tanto tempo fa.
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