Le spiagge più belle di Maiorca
L’essenza principale di Maiorca è innegabilmente il mare.

In questa isola lunga 80 km e larga 100 esistono ben 555 km di coste e di spiagge e quando il fortissimo sviluppo turistico voluto dai tempi di Franco non se l’è divorata tra cemento e divertimentifici e porti nautici vari si ha l’occasione di frequentare un mare cristallino e una vacanza davvero bella.
Le spiagge da vedere e da vivere nella zona mondana di Calvìa sono assolutamente quelle di Illetes, Cala Contesa, Cala Brogit, Cala Bondinat, tutte con fondali trasparenti e pini profumati sulle rive. Sabbia finissima si trova anche a Camp de Mar. A nord dopo tante curve si approda alla scenografica spiaggia di ciottoli di Sa Colobra mentre i sub amano immergersi nei dintorni del Cap de Formentor. A est molto tranquilla e ideale per famiglie la zona di Alcùdia, molto rinomata nel tratto di costa più a sud, ai piedi della Serra de Levant, la zona tra Cala Domingos e la meravigliosa Cala d’Or, oppure quella di Es Trenc, nel cuore della riserva ornitologica. Nelle vicinanze di Palma il bagno migliore si fa a S’Arenal, dove fermarsi a mangiare deliziose paellas ai frutti di mare o al nero di seppia, seguite da grigliate di pesce condite da succose verdure.




Il diciassettesimo Land
Palma è la capitale ideale di un arcipelago a fortissima vocazione turistica (l’85% del pil!), per parecchi mesi l’anno ostaggio dei turisti, soprattutto tedeschi, soprattutto pensionati, che se non arrivano a bordo delle mastodontiche navi da crociera, prese d‘assalto del resto anche da moltissimi italiani, rimangono qui a svernare, a giocare a golf, a ciondolarsi negli alberghi sul lungomare, nelle ville di campagna con panorama e piscina, nell’isola dell’eterna primavera.
Gira una battuta su Maiorca: che sia diventata ormai per lingua, per insegne stradali e dei locali, per targhe di auto, per proprietà di ville e di barche, per consumo di birra e wurstel, per presenza di investimenti come di feste a tema come di pance bianchicce rosolate dal sole, il diciassettesimo Land tedesco, uno stato federale teutonico adagiato pigramente nel blu del Mediterraneo.

L’arte del capoluogo
Ma oltre il mare e ai Resort c’è molto di più e non tarderete a scoprirlo.
Palma di Maiorca per esempio custodisce degli immensi tesori: una cattedrale gigantesca in stile gotico, la Seu, probabilmente la più grande ospitata da un’isola nel mondo, una chiesa che si racconta nel suo stile pomposo, nella sua ricchezza sfavillante, nella sua ricerca della luce favorita dai dieci anni di lavoro del genio di Gaudì.


Le facciate dei palazzi modernisti, colorate di piastrelle a mosaico, leggermente ondulate, piene di fantasia e ispirate chissà se alle famose case barcellonesi create da Gaudì stesso, come nel caso del Grand Hotel o degli edifici di Plaza del Marques de Palmer.
I prestigiosi centri espositivi come la Sala Pelaires e come La Llontja, costruita nei locali della vecchia borsa marittima; le numerose gallerie d’arte sul Passeig des Born.
E poi ci sono i patios nascosti nella Ciutat vecchia; i patios più famosi, quelli dei palazzi rinascimentali come Can Oleza, Can Vivot e Can Savellà; le tante piazzette abbellite da palme, caffè storici, fondazioni artistiche; il Castello del Belvedere a pianta circolare, il Palazzo Reale dell’Almudaina, la Rambla locale che porta alla Plaza Mayor, i Bagni Arabi, il Museo de Mallorca per vedere tutte insieme le opere migliori degli artisti locali.
Insomma un giro lento nella capitale se si evitano le ore di punta degli sbarchi dei croceristi e dei giovani assiepati sui marciapiedi all’ora dell’aperitivo e dei tedeschi pronti a occupare per primi i tavolini dei bar, riserva bellissime sorprese.


La natura del Nord
Mentre fuori dalla città, lontani, diversi, ecco i piccoli borghi arroccati dove la vita scorre semplice, l’aria è pura, il cibo ottimo e l’arte trova facilmente ispirazione.
Come Deià per esempio, tana di artisti in bilico tra sierra e mare, o il poco lontano Palazzo Son Marroig dell’Arciduca d’Asburgo Lluis Salvador, scontento della vita di corte e che scelse per controcanto di vivere a fondo Maiorca e di studiare e documentare su vari tomi la natura, l’archeologia e il folklore dell’amata isola.
O come Soller con le sue opere d’avanguardia o come la Certosa di Valldemossa dove Chopin compose al piano i suoi “Preludi”. Da vedere anche il Mercato della domenica mattina di Bunyola, abbellita da Villa Francisca immersa nei frutteti. E se capita la rielaborazione della Fiesta Moros y Cristianos nell’agosto della storica cittadina di Pollenca, il Monastero della Madonna Nera di Lluc e il santuario di Artà, alla fine della Baia di Alcudia.
Tra un giro e l’altro verranno naturali le pause sui larghi Miradores aperti sul mare, verso promontori di grande bellezza, con la luce del Mediterraneo che si riflette placidamente sui borghi storici e sulle vette vicine.
Maiorca accanto ai lidi balneari, alla miriade di alberghi e alberghetti, di discoteche e di bar, di palme e di piscine, ha conservato anche un cuore e un interno naturalistico. Conta quasi cinquanta riserve naturali, che possono trovarsi sui picchi più alti della Sierra Tramuntana coi suoi paesaggi a tratti dolomitici e i suoi tornanti a serpentina, nei canyon dalle pareti alte fino a 400 metri e nelle dune di sabbia del Parco di Mondragò, sul lago di Cuber dove si possono osservare aquile e avvoltoi, sui promontori più isolati e scenografici come quello di Formenton e della Sa Foradada, sulle scogliere più selvagge o nelle zone più paludose come le paludi del Parco di Albufera, meta preferita dei birdwatchers in cerca di fenicotteri e aironi.
La grande pianura centrale
Quello delle Fincas è l’altro volto ancora di Maiorca, quello delle vaste ed eleganti tenute contadine, sparse nella vasta pianura di Es Pla, compresa tra le Sierras Tramuntana e Llevant.
Costruzioni piene di fascino, simboli curatissimi di design rurale, sorvegliate da mulini ormai abbandonati, elevate con pietra robusta e antica, circondate da campi dorati, da aranceti, da mandorli, da ulivi e carrubi, da scenografici alberi di fico, dai vigneti del Ferrer, il profumato vino rosso locale.
Erano le Possessiò, le grandi case dei signorotti locali, lavorate faticosamente dai mezzadri, oggi occupate per lo più da artisti alternativi o da stranieri facoltosi che le scelgono perché agriturismi di lusso, isolati eden con piscina nel bel mezzo della terra maiorchina. Che spuntano da dietro i muretti a secco, sotto piccole torri e fortezze di guardia, nel restauro impeccabile di vecchi casolari di campagna, nella pace di giardini concepiti come al tempo della dominazione araba.
Alcuni indirizzi per una visita: La Granja, Son Foguerò, Son Torrella, Alfabia, Possessiò Fangar.
Portatevi dietro la macchina fotografica e il tempo per guardare, mangiare, immaginare e oziare.
I rifugi di Mirò
Per finire la conoscenza dell’altra Maiorca, meno sfrenata, meno estiva, più artistica, più colorata, più delicata, è imperdibile la visita dei rifugio-studio di Joan Mirò a Son Abrines e a Son Boter, dove l’eclettico artista dipinse per quasi trent’anni i suoi maggiori capolavori e compose murales o sculture bizzarre adottando davvero ogni tipo di materiale, anche quelli di scarto.
Che luogo di pace e di ispirazione, di ebbrezza artistica, di rifugio dal mondo malato della guerra e dei nazisti fu Maiorca per Mirò!
Già da bambino Joan trascorreva nell’isola spagnola le sue estati nella casa dei nonni, colmandosi fin da allora di tutto il bianco, il giallo e il blu del Mediterraneo, trovandovi quel raggio di luce e quel ritmo delle onde iniziale che avrebbe segnato l’incipit creativo e emozionale di quasi tutte le sue opere.
Camminare un po’ nei suoi laboratori, provare a interpretare le sue opere incompiute, guardare il campo, la luce, l’azzurro che guardava lui, e immaginarselo sporco di colori, in faccia, sulle mani, sul grembiule. Maiorca è anche questo.
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