Il rinascimento omanita
Pochi paesi al mondo come l’Oman hanno un’anima antica che convive accanto a una moderna, l’incenso accanto al petrolio, i dromedari accanto ai suv, le carovane di nomadi accanto ai lussuosi resort e tutto questo è cominciato in una data precisa e con un uomo soltanto…

L’Oman arcaico infatti cambia volto nel 1970 quando il sultano Qabus, educato in Inghilterra, al potere da monarca illuminato, destituisce il padre con una rivoluzione che non sparge sangue e che si nutre degli esempi e dei contributi culturali, commerciali e tecnici dell’Occidente. In pratica da un clima medievale si passa al cosiddetto “rinascimento omanita” grazie alla capacità del sultano di ripensare il suo paese appoggiandosi ad ufficiali inglesi, ingegneri tedeschi, medici svedesi, architetti ciprioti e archeologi italiani.
Successe che in poco più di vent’anni da una società senza giornali, senza radio, da una rete stradale asfaltata di 10 km e da una capitale con tre scuole elementari maschili e un ospedale soltanto si passò a costruire uno stato moderno, capace di comunicare al mondo, di aprirsi al turismo e al consumismo, di sviluppare 4.500 km di strade, 40 ospedali con cure gratuite, e di raggiungere in ambo i sessi l’80% della scolarizzazione.

Prima dell’avvento di Qabus molte “chiusure”, anche mentali, erano davvero bigotte: per chissà quale motivo era considerato immorale anche l’uso di ombrelli e di occhiali!! In un lampo il sultano fece conoscere ai suoi sudditi la bellezza di un’orchestra, il decoro delle strade, la tolleranza religiosa ed etnica tra popolazioni negroidi, arabe, iraniane e in tutti i conflitti presenti in quella parte di mondo (Iran vs Iraq, Israele vs Palestina, sunniti vs sciiti) ha sempre giocato un ruolo di mediatore pacifico svelando il volto più moderato e colto dell’intero Islam e aderendo addirittura all’Onu.
Ora che Qabus è morto nel gennaio del 2020 l’intero mondo si pone una domanda: il paese ha imparato ormai a camminare da solo sulla via della modernità o corre il rischio di sprofondare di nuovo in un passato più tradizionale ma anche più oscuro?
Muscat, tutto in ordine

La capitale dell’Oman è stata la prima città a essere cambiata dal sultano, a volte grazie a delle regole ferree riguardanti i comportamenti civili e l’estetica urbana: l’aria di Muscat deve profumare d’incenso, il palazzo del sultano risplendere con lampadari, mosaici e giardini, il traffico deve essere ordinato, i netturbini devono pulire tutto subito, le tuniche dei sudditi devono essere bianche, i turbanti bianchi e rossi, le tinte delle case dei villaggi color ocra e terra e sono previste multe salatissime per chi getta un solo rifiuto per strada.
Per celebrare il 15° anniversario del suo regno Qabus ha fatto erigere un monumento architettonico da lasciare ai posteri, l’Hotel Al Bustan, sede di rappresentanza del paese, costato 250 milioni di dollari col suo tripudio di ori, marmi e mosaici e situato tra le montagne e il mare, in una baia incantevole. Per collegare questo Hotel a Muscat è stato necessario spostare un intero villaggio di pescatori donando loro confortevoli case dell’edilizia popolare.

Muscat ha sempre vissuto un vivace destino mercantile. Nei suoi suk abbondano tutte le ricchezze dell’Oriente portate qui nei secoli percorrendo le vecchie vie carovaniere ovvero argento, incenso, mirra, aloe, canfora, spezie di ogni tipo, bambù, stagno, avorio, sandalo, seta, porcellana. E il dattero è il più importante prodotto agricolo da esportazione di tutto il piccolo sultanato.
La vista più bella di Muscat è quella dal centro della baia, basta effettuare una breve crociera al tramonto per vedere da una prospettiva privilegiata il lungomare della Corniche, le baie, gli isolotti, i palazzi e i fortini del sultano e le montagne dietro la silhouette della città che si incendiano di arancione, azzurro e viola.

Un pugnale virile

Le donne in tutto il paese esibiscono magnifici gioielli d’oro e d’argento e portano al collo l’hirz, una scatoletta-amuleto d’argento cesellato che contiene i versi del Corano contro il malocchio. Il vanto degli uomini è invece il famosissimo khanjar ovvero il pugnale ricurvo appeso alla cintura e riposto in un fodero d’argento, un vero status symbol di mascolinità, maturità e coraggio virile.
In tutto l’Oman ci sono due similitudini con la cultura di Zanzibar ovvero le bellissime porte di legno intarsiato e i dhoni, le barche leggere costruite senza chiodi ma solo intrecciando la resistente fibra della palma da cocco. Bellissimo guardarle mentre solcano lentamente e poeticamente l’oceano. Porte e dhoni insieme a una miriade di piccole moschee si ammirano soprattutto a sud di Muscat, nella cittadina di Sur, che si raggiunge dopo aver goduto della vista di alcune meraviglie naturalistiche quali la White Beach, un’oasi tra le pareti di un canyon e alcuni villaggi di pescatori.

Le oasi
L’Oman è un bellissimo paese e un suo Tour regala delle viste affascinanti che spaziano dal mare al deserto, dalle montagne rosse alle oasi verdi, dalle mille moschee ai fortini in stile portoghese fino ai moderni palazzi del sultano che ricordano le atmosfere delle “Mille e una notte”.

Un luogo davvero magico è l’oasi di Nizwa definita “la perla dell’Islam” per il suo paesaggio, il suo suk, il suo castello del XVII sec. e l’abilità degli artigiani nella lavorazione dell’argento e della terracotta. Là vicino il villaggio beduino di Sinaw è ancora la sede di un caotico mercato di baratti che tra polvere e grida vede la gente sistemare, tutti stipati nei fuoristrada, tessuti e armi, dromedari e sacchi di datteri. Molto belle e imponenti anche le fortezze di Bahla, circondata da 12 km di mura e palmeti, patrimonio dell’umanità per l’Unesco, e di Jabrin, vero capolavoro artistico del paese.


In tutti questi luoghi quello che sorprende è trovare la vita tra strade deserte, montagne nude, sole cocente. Un respiro, un soffio, un mercato, un castello, un richiamo della storia, resi possibili appunto dalle oasi. Un paesaggio che mi ha ricordato molto la Via delle Kasbah del sud marocchino.
Le notti nel deserto
Un intervallo di un paio di giorni sulle grandi dune di Wahiba Sands va assolutamente fatto: per osservare il cammello, l’orice (un raro tipo di antilope africana) e il porcospino nero, per penetrare meglio le tradizioni, i ritmi lenti e romantici del deserto, la sua grande notte nera, le stelle col telescopio, la cucina gourmet, i tramonti sulle dune e le meravigliose Spa. Un’escursione vicina alle dune è quella dell’Oasi di Wadi Bani Khalid, verde e fresca grazie alla presenza di cascatelle e laghetti.


La svolta turistica
Il 44% della popolazione omanita è minore di 15 anni e il paese che ad oggi si presenta giovane e istruito può puntare su un futuro ricco grazie al petrolio su cui galleggia e ai charter di turisti che cominciano ad arrivare specie sulle spiagge del sud, nella regione del Dhofar e nella zona di Salalah, guarda caso la città natale dell’illuminato Qabus.

Vacanza a Salalah
Salalah è un gioiello incastonato tra il blu dell’oceano indiano e l’inaspettato verde intenso delle sue montagne. E’ il capoluogo di una bella regione dalle lunghissime spiagge bianche, la cui geografia è composta anche da catene montuose, altipiani desertici e dune dorate che arrivano a buttarsi nel mare. Salalah grazie al benessere portato dal turismo e dall’aeroporto internazionale, con 200.000 abitanti e molti alberghi di lusso è diventata la seconda città del paese e molti di quelli che una volta erano nomadi e pescatori grazie alla visione del suo figlio più celebre sono diventati dei moderni imprenditori. Il periodo migliore per le vacanze balneari va da dicembre a marzo mentre quello migliore per le vacanze naturalistiche lungo “La Via dell’Incenso”, più a nord, passando per gli antichi porti e le oasi, è da giugno a settembre perché i monsoni indiani portano un clima più fresco e le colline intorno diventano tutte verdi e appaiono anche delle cascate. Pare che da Dubai e Abu Dhabi gli emiri vengano spesso a cercare il fresco in Oman durante l’estate.

In piena estate, da fine luglio a metà agosto, questa umidità provvidenziale viene celebrata con una festa che dura sei settimane, il folkloristico Khareef, durante il quale si svolgono numerosi eventi legati alle tradizioni della regione come la danza, l’artigianato e la gastronomia. Durante le feste da tempi immemorabili i beduini raccolgono la preziosa e profumatissima resina delle piante di boswellia che una volta cristallizzata e accesa emana un penetrante odore.
Inoltre una vacanza in un Resort di Salalah può significare tante emozioni diverse tra loro: camminate sulla sabbia bianca davanti a un mare turchese, una crociera tra i delfini, una passeggiata tra piantagioni di cocco, banana e papaya, la visita della tomba di Giobbe che deve compiersi a piedi nudi e per le donne con un foulard verde in testa che ti danno sul posto, la scoperta del fertile Wadi Darbat, luogo ideale per gite e pic nic, una specie di oasi dentro un canyon ricco di vegetazione, torrenti, uccelli, dromedari, asini e capre.


In mezzo al mercato più colorato e rumoroso di Salalah, da visitare al mattino presto o nel tardo pomeriggio e dove si trovano souvenir come l’incenso, le acque floreali, le polveri di legno profumato, tessuti variegati, i servizi da caffè tradizionali, i gioielli d’argento e i famosi pugnali khanjars sorge la moschea voluta nel 1992 dal sultano riformista Qabus, con un interno strabiliante e dei giardini lussureggianti.
Capitolo spiagge
A 30 km a ovest di Salalah verso lo Yemen si trova la poetica spiaggia di Mughsail che è una distesa bianca e selvaggia di 5 km, con falesie a picco sul mare, rovi di incenso, un mare blu notte e bellissimi scenari abitati solo da fenicotteri e dromedari. Questo angolo di paradiso si popola solo nei week end con la serena presenza delle famiglie omanite che vanno a godersi il mare e i tramonti. Vicino a Mughsail Beach ci sono i soffioni Marneef Cave ovvero degli sbuffi del mare che passano attraverso le fessure nelle scogliere durante il periodo dei monsoni quando il mare si ingrossa. E poi basta perdersi, fino a dove il deserto si sposa col mare, per km e km di nulla e di luce, fino ai confini con lo Yemen che purtroppo sta passando un periodo complicato per sconfinare e visitarlo.

Le città morte
Uno dei ricordi più belli di Salalah resta quello delle affascinanti rovine del porto di Khor Rori che era il centro del commercio della qualità più pura di incenso che da qui raggiungeva via mare i mercati di Alessandria, Roma e Damasco e veniva usato nelle cerimonie religiose, nella preparazione di profumi e medicine e anche come sostanza aromatica di alcune specialità culinarie.
A 40 km da Salahah sorge un altro paesaggio degno di un reportage del National Geographic, ovvero la città morta di Sumhuram, visitata ai tempi delle carovane d’incenso da Marco Polo e oggi rimasta a sorvegliare con le sue antiche rovine la sottostante laguna, meritandosi col suo fascino, la sua storia e il suo silenzio anche il titolo di patrimonio dell’Unesco. L’ultima grande emozione di un viaggio nel sud dell’Oman potrebbe essere quella di raggiungere con uno dei tour in 4×4 più suggestivi del mondo le rovine di Ubar detta anche “L’Atlantide del deserto”.

Piatti particolari
Lo sapevate infine che – giusto per ridere un po’ e partire anche alla scoperta “gastronomica” di questo bel paese – il clima estivo nelle zone interne è così torrido che secondo un proverbio popolare le gazzelle nel deserto si trovano già arrostite e pronte per il pranzo? Ecco, carne di gazzella, di cammello o addirittura di squalo: l’ultima sorpresa dell’Oman vi aspetta a tavola.

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