Menu
Album

Terre sveve

Spirito svevo

Capita così in Europa al tempo delle low cost, che scegli una meta anche minore, perché l’aereo la raggiunge con pochi euro e poi affitti una macchina con un paio di amici e vai alla scoperta di un territorio che ti ha sempre ispirato: magari i castelli della Romania, il nord del Portogallo, le abbazie e le birre belghe oppure la meta di questa occasione, la dolce campagna sveva della regione che si apre intorno a Stoccarda. Lì dove l’accento tedesco si ammorbidisce e sono pazzi quasi quanto i latini. Lì dove tra valli, boschi e fiumi vagavano i viandanti di Hermann Hesse, lì dove si conoscono cittadine storiche, universitarie e turrite.

La bellissima Tubingen

La bellissima Tubingen

Dall’aeroporto evitiamo subito la grande città e scegliamo le vie del verde, Stoccarda la vedremo alla fine. La prima meta significa subito il salto in un’altra Germania, di provincia, gentile, aperta, piena di giovani, di cultura, di vita all’aperto.

Tubingen si affaccia discreta sulle rive di un Neckar ancora piccolo, poco più di un torrente che scorre romantico tra i salici e le pietre della città vecchia.

Vaghiamo nel tardo pomeriggio per i vicoli lungo i canali, osserviamo le case colorate che si affacciano lungo il fiume, saliamo al castello, riscendiamo al Rathaus, il Municipio, forse il suo monumento più bello, dove convivono, in una piazza in salita, un palazzo barocco dalla facciata dipinta, una fontana e le immancabili case a graticcio.

Patate, speck e birra ci salvano dalla pioggia in una cantina piena di belle tedesche e altrettanta allegria.

Tubingen, a distanza di anni… Ricordo ancora un suono romantico di un flauto dalla finestra, che si affacciava su una piazzetta di ciottoli. Studenti a spasso, la sera, alla luce dei lampioni riflessi nel fiume, intenti a cantare, a bere, a ballare. Lo sguardo di una bionda, le amicizie brevi e folli che solo i viaggi sanno creare, le poesie di Holderlin rilette per risentire qualcosa di quello spirito svevo.

Studenti a spasso, la sera, alla luce dei lampioni riflessi nel fiume, intenti a cantare, a bere, a ballar

Ulm e il Danubio

Saliamo in macchina e andiamo verso ovest, attraverso le campagne ondulate e le colline dolci del Baden Württermberg. Foreste fitte ma non tenebrose, alcune ciminiere che appaiono all’improvviso. Chiedono quasi permesso, in un ordine così bucolico, così perfetto, così tipicamente tedesco, che non sembra quasi vero.

Ci fermiamo ad Ulm, altra città universitaria, da cui provengono due menti come Keplero e Einstein. Il tempo di trovare una locanda di quelle dove mangi e dormi, di fare una doccia vista bosco e di rilassarti davanti a una ottima birra di frumento nero.

Con una mappa spiegazzata in mano giriamo per il centro storico di Ulm, cercando le sue vie, le sue curve, la sua anima, il suo Danubio addirittura. Si perchè qui il fiume non è il fiumiciattolo svevo ma l’anticipo, piccolo e timido, di un grande fiume che ha segnato e che segna ancora la storia e i paesaggi e i confini dell’Europa. E quando lo vedi ti emozioni, pensando al suo tragitto, a tanti altri Danubi, sempre diversi, che hai già incontrato.

Nel padre dei fiumi si gettano alcuni piccoli canali accanto ai quali sorge il quartiere dei pescatori, formato da belle e fantasiose case a graticcio e da ristorantini che si riflettono nelle acque: come a Strasburgo, in un angolo di Londra lungo il Regent Canal, in mezza Olanda e in tutti gli altri posti d’Europa che chiamano a sproposito Piccola Venezia.

Ci fermiamo ad Ulm, altra città universitaria, da cui provengono due menti come Keplero e Einstein
la seconda più bella cattedrale gotica della Germania dopo quella di Colonia

La cena ce la cerchiamo a fiuto e capitiamo in una specie di osteria dove siamo serviti da un’allegra e pienotta cameriera bionda. La birra assaggiata oggi si chiama “Bue d’oro” ed esiste da mezzo millennio. Sui suoi sottobicchieri hanno deciso di scrivere lezioni di grammatica Schwäbisch, il dialetto di queste parti che la cameriera per gioco prova ad insegnarci.

Sperimentiamo l’apoteosi del piatto unico, una specie di filetto di maiale accompagnato da quelli che gli svevi chiamano Spätzle, ma sono una specie di strozzapreti corti, fatti con acqua e farina, e ricoperti di formaggio fuso, funghi, salsette, patate e qualche verdura lessa.

Per digerire prima passeggiamo in una dolce sera di giugno nella piazza della cattedrale, la seconda più bella cattedrale gotica della Germania dopo quella di Colonia. Bella anche la facciata del municipio coi suoi affreschi colorati e la vecchia MarktPlatz, la piazza del mercato, che si anima di merci e voci ogni mattina e che quasi sempre costituisce l’ombelico delle cittadine tedesche ricostruite per intero dopo il secondo dopoguerra.

La rinascita in una strada

La mattina successiva ci mettiamo in macchina e giochiamo a nascondino con il Danubio, che spunta all’improvviso dietro ogni curva. Nel viaggio penso alla ricostruzione tedesca. Penso a un paese che con la seconda guerra mondiale ha visto distrutto il 60% delle proprie case e molto più dell’orgoglio nazionale. Molti dei bombardamenti miravano anche a questo.

Cancellare il passato, i simboli della storia, non lasciare loro nulla che potesse significare identità, culla, storia, tradizioni. Solo due parole: tabula rasa. Come i romani a Cartagine. Mi chiedo quanti di quei bombardamenti a tappeto su civili, nonostante le atrocità che richieda un conflitto di quel tipo, fossero psicologicamente necessari a far arrendere la Germania.

Il pensiero va pure a quello che questo popolo sa fare benissimo: rinascere, ricostruire. I tedeschi si sono arrotolati le maniche e, con una nazione divisa, grazie ai fondi del Piano Marshall, sono ricresciuti piano piano, fino a diventare con la Germania Occidentale la terza economia mondiale. Di nuovo. Da zero. Da queste parti dicono che hanno ripensato prima a ricostruire che a mangiare. E che nella rinascita volevano essere circondati da qualcosa di simbolico, che facesse patria, per non sentirsi perduti, visto che valchirie e nibelunghi, troppo abusati, li avevano abbandonati.

La Romantische Strasse nasce così, per questa ragione. Non è una strada antica, anche se segue il percorso della vecchissima Via Claudia dei Romani, che andava dall’Adriatico fino al Mare del Nord.

il fatato castello di Neuschwanstein

No, è nata nel 1950, e ha unito quel poco che non era stato distrutto dai bombardamenti, partendo dalle Alpi di Füssen, dove si staglia su una vetta il fatato castello di Neuschwanstein, ideale a rappresentare ogni fiaba con principesse e incantesimi, per arrivare fino a Würzburg. Passando per le rovine romane di Augsburg e per una serie di gemme medievali, quei villaggetti che erano dagli anni dell’Università e dei nostri studi in germanistica che volevamo visitare, diversi dal Muro di Berlino, dalle banche di Francoforte, dalle birrerie e dall’opulenza di Monaco, dalla maestosità del Reno, simboli piuttosto di un’altra Germania, di quella che “era ancora rimasta in piedi”. Meno ferita, meno prepotente, molto più autentica e per davvero romantica.

le uniche tre città tedesche ad essere ancora circondate dalle mura

Non è un caso allora che le uniche tre città tedesche ad essere ancora circondate dalle mura si ritrovino insieme nella strada dei simboli, nel luogo della storia, che avrebbe dovuto ridare a un popolo le radici della germanità, ormai distrutte da bombardamenti micidiali. Sono milioni i tedeschi che vi si recano, oggi come ieri, in pellegrinaggio, e solo negli anni più recenti la Strada Romantica è stata invasa dal turismo internazionale.

la Strada Romantica è stata invasa dal turismo internazionale

Offerte e prezzi

Non ci sono Commenti

    Lascia un commento

    Iscriviti al Grillo Viaggiante e Caesar Tour Clicca qui

    Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Maggiori informazioni

    Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

    Chiudi