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Cultura da Viaggio

The Beach: fuga in Thailandia

La spiaggia dell’utopia

Che l’Eden thailandese di Maya Bay con la sua spiaggia bianca, l’acqua turchese, i panettoni verdi di piccole colline a chiudere l’orizzonte sia il luogo eletto a rappresentare il viaggio più alternativo possibile e una delle condizioni di vita più estranianti e utopiche mai provate sul grande schermo in fondo importa a pochi. Perché fughe così sono possibili ovunque, nei tropici, nei deserti, nei ghiacci, basta trovare il proprio posto nel mondo e quel misto di amore, natura, avventura e comunità di amici che ti fanno dimenticare tutto, spogliarti e inventare ogni giorno come un giorno nuovo. Ma nel film “The Beach” uscito nel 2000, tratto dal romanzo “L’Ultima spiaggia” di Alex Garland, interpretato da un giovanissimo Leonardo Di Caprio, il luogo dell’immaginazione ha questi colori e queste forme, si svela tra la giungla e il blu della Thailandia più vergine e racconta una storia di quelle che colpiscono i perenni cercatori dell’altrove: “Il desiderio è desiderio ovunque, il sole non lo scolorirà né la marea se lo porterà via” recita a un certo punto il protagonista.

tra la giungla e il blu della Thailandia più vergine
Maya Bay con la sua spiaggia bianca, l’acqua turchese, i panettoni verdi di piccole colline

Rinascere in Thailandia

Una storia assolutamente affascinante, onirica ed esotica, la ricerca di un nirvana improbabile quanto indimenticabile (“Mai rifiutare un invito, mai scartare a priori quello che non conosci, mai mancare di cortesia e mai trattenersi più del necessario. Tenete la mente bene aperta, fatevi succhiare dall’esperienza vissuta e, se fa male, ne è valsa comunque la pena”). Una storia per chi parte senza il biglietto di ritorno, per chi crede nella provvisorietà e nella rinascita dell’io tra nuove genti e nuove prove. Per chi si tuffa in una laguna magica, priva di auto, priva di strade, piena solo di noci di cocco. Per chi cerca la seduzione e la trova agli antipodi dell’occidente che tutto ha e tutto sa.

Per chi si tuffa in una laguna magica, priva di auto, priva di strade

L’universo parallelo

La trama del film è arcinota. Richard è un turista americano in cerca di emozioni e avventure e forse anche di qualche pericolo in Thailandia. Nella tentacolare, frenetica e umidissima Bangkok incontra un mezzo matto che gli parla di un paradiso nascosto tra le mille isole e spiagge del paese e che prima di suicidarsi gli regala anche una mappa del posto. Comincia così, con l’uscita dal caos metropolitano, con l’eco dell’avventura, la caccia al tesoro più eccitante che si possa immaginare. Insieme a una coppia di coetanei francesi (lui disinvolto e simpatico ma una lei che fa girare la testa…) il giovane compie questo viaggio da brivido, l’ultima parte a nuoto, attraversa una giungla con cascate e versi di animali, finché trova una piccola comunità hippy che vive da padrona assoluta di un ambiente incontaminato.

The beach locandina
*copyright

Sembra il paradiso, o qualcosa di molto simile: corpi mezzi nudi, pesca in mare, il sole, la sabbia e le onde che fanno da fondale meraviglioso a una storia di scoperta e di crescita, in più i vizietti dell’alcol, le piantagioni di marihuana, le feste, quei nuovi amici all’apparenza accoglienti, un alone di misticismo che tutto pervade, le responsabilità poche o nessuna. Se non quella di non tradire mai il segreto e con esso la fiducia della Guru che capeggia il gruppo di viaggiatori rimasti là per scelta, per noia o per qualche ancestrale bisogno di libertà.
Nell’universo parallelo di “The Beach” – nel film i ragazzi lo chiamano proprio così – insieme agli struggenti tramonti conta solo la ricerca pura del piacere.

Sembra il paradiso, o qualcosa di molto simile

Dopo la Bangkok dei Buddha d’oro e dei mercati, delle luci, dei risciò a motore, delle tentazioni notturne e del sangue di serpente (!) ecco la prima vista del Paradiso, Richard comincia a sentire qui il suo corpo che cambia:

Cuore di tenebra

Ma la comunità ideale del film si regge su fragili equilibri e quell’isola alla fine del mondo, nel posto più bello del mondo, “rappresenta il cuore di tenebra dell’essere umano, il luogo in cui, spogliato dei beni materiali, l’uomo è preda delle passioni più basse e meschine, dalla cupidigia alla gelosia, dall’indifferenza all’abitudine alla menzogna” (Marianna Cappi, recensione del film su MyMovies.it).

L’egoismo e il fanatismo, la prepotenza, l’aggressività e il male possono vivere anche dentro la Bellezza. L’Eden può significare anche delusione e perdita di umanità.
Il clima felice infatti cambia del tutto dopo che Richard ritorna con la carismatica Sal dalla terraferma: lei scopre che lui aveva dato la mappa ad altri americani, lo addita come il traditore del sogno e in più svela a tutti la loro storia di sesso clandestino. Richard così diventa un isolato, una minaccia e in un solo momento perde l’amore della bella francesina e acquista l’odio del compagno di Sal.
Intanto un episodio drammatico divide la comunità, l’ossessione di proteggere l’esistenza della spiaggia diventa ancora più dispotica e clamorosa e come se non bastasse i contadini locali per proteggere le loro coltivazioni proibite uccidono i nuovi curiosi arrivati grazie alla leggerezza di Richard.

Dopo la felicità e l’armonia ecco sopraggiungere il caos, il declino, il contagio.

La fine dell’utopia. Il cuore di tenebra.

E la fuga stavolta diventa necessaria per sopravvivere alla follia.

Dopo la felicità e l’armonia ecco sopraggiungere il caos, il declino, il contagio.
*copyright

La catarsi nell’acqua

l’acqua è anche fonte di nutrimento
*copyright
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L’acqua in “The Beach” ha una chiara funzione catartica: il paradiso perduto si raggiunge a nuoto, in un atto finale di abbandono della società, con un solo ridicolo bagaglio dentro una busta, col mare che rappresenta l’elemento fresco, ingenuo e libero; la soglia delle nuove esperienze è rappresentata dal tuffo dalla cascata, come a dire che serve un atto di coraggio e di sfrontatezza per andare a esplorare e ad abitare un mondo diverso; la vita scorre placida sull’acqua, a piedi nudi sulla sabbia, coi falò, l’amore libero, i passatempi quasi indolenti, le partite a calcio o a pallavolo; l’acqua è anche fonte di nutrimento, coi pesci infilzati coi bastoni, coi frutti della giungla che cresce per le grandi piogge; e la morte stessa arriva dall’acqua, con l’attacco di uno squalo che sconvolgerà gli equilibri dei figli dei fiori.

la morte stessa arriva dall’acqua
*copyright

Il disastro ecologico

Il film ha portato fortuna e sfortuna all’isola di Ko Phi Phi Le e alla Thailandia in generale perché subito dopo la fine delle riprese sono cominciati i classici pellegrinaggi verso quei luoghi di culto che solo il cinema sa creare ed evocare. Raggiungibile appena in un’ora e mezzo di traghetto dalla celebre Phuket su Maya Bay l’impatto mediatico è stato enorme, è arrivato vorace il turismo di massa, che oltre a una valanga di soldi e di benessere ha causato una vera invasione: 300 barche al giorno, 5.000 turisti vocianti in bermuda a fare selfie, a ubriacarsi e a ballare nei Full Moon Party.

Tutti su The Beach, a rivivere per forza il mito di Di Caprio.

L’eccessivo rumore dei motori degli scafi ha spaventato gli uccelli, il taglio dei cespugli e della macchia tropicale operato per allargare la profondità della baia ha causato gravi modifiche dell’habitat e una maggiore erosione della spiaggia, l’inquinamento fino ad allora sconosciuto ha rovinato la barriera corallina, il fragile ecosistema del paradiso incontaminato è andato in crisi.

Fino a che se qualcuno avesse avuto l’idea di farlo su Maya Bay sarebbe dovuto comparire un cartello: “Chiusa per respiro”.

In pratica il governo locale ha fatto la stessa cosa, ha cercato di proteggerla, di farla tornare per una stagione disabitata come sempre, di fermare le barche in arrivo dalla vicina isola turistica di Phi Phi Don, di far crescere di nuovo spontanea la vegetazione, di permettere ai pesci e ai coralli di riprodursi e anche agli squali di ripopolare le sue acque.
In un certo senso il monito del film è stato disatteso dalle vicende reali sofferte dalla spiaggia: ogni bellezza se trascurata, se minacciata, se violentata, può essere distrutta dall’uomo. Così il paradosso del progresso si è affiancato nei suoi effetti negativi al terribile tsunami di anni fa e la spiaggia ha avuto bisogno di una lunga pausa.
Riaprirà forse a fine 2021. La natura ne ha bisogno.

ogni bellezza se trascurata, se minacciata, se violentata, può essere distrutta dall’uomo

I riferimenti culturali

Nel film si indovinano espliciti richiami ai romanzi di Conrad, l’uscita dalla “Linea d’ombra” con la scoperta degli inganni e delle colpe e delle responsabilità degli adulti, lo sprofondare più o meno consapevole nel “Cuore di Tenebra”, in una specie di viaggio agli inferi seppur nel contesto del tipico paradiso tropicale.
Chi non lo ha amato ci ha visto eccessi di anarchia felice e vacui valori new age, il modello di educazione naturale di Rousseau alternato senza troppa logica alla difesa e alla fuga solitaria da Rambo, il finto pacifismo mascherato negli impulsi e negli istinti di un gruppo sbandato, irrazionale, violento, pronto ad attuare dinamiche comportamentali, rituali e a precipitare in destini simili a quelli descritti nel famoso romanzo “Il signore delle mosche”.

Chi lo ha rivisto più volte invece – e mi iscrivo candidamente alla lista – penso che si sia fermato di più al fascino che emana in tutta la prima parte da quel mondo selvaggio e incorrotto, di sicuro è rimasto inebriato dalla fotografia, dalla luce, dall’acqua, dal sogno della Thailandia.

E dalla prospettiva intimista che aldilà dei viaggi e delle fughe la felicità si scopre dentro noi stessi, dall’armonia con noi stessi.

E dalla prospettiva intimista che aldilà dei viaggi e delle fughe la felicità si scopre dentro noi stessi, dall’armonia con noi stessi.
*copyright

La nostalgia dell’isola

Qualche tempo dopo il suo tormentato addio alla spiaggia thailandese Richard è raggiunto da una fotografia che – internet era ancora lento – si apre piano piano, come a svelare un ricordo che viene dal mare, con tutta la sua forza, con tutta la sua poesia. Il ragazzo ripensa con nostalgia alla vita vissuta laggiù prima della perdita dell’incanto, prima della cacciata dal paradiso. Ma ha ormai probabilmente acquistato una nuova maturità come sta a testimoniare la sua frase:

Io credo ancora nel paradiso, ma almeno adesso so che non è un posto da cercare fuori
*copyright

“Ed io? Io credo ancora nel paradiso, ma almeno adesso so che non è un posto da cercare fuori. Perché non è dove vai, lo trovi dentro, quando senti per un momento nella tua vita di far parte di qualcosa… e se lo trovi, quel momento, dura per sempre.”

La filosofia di “The Beach” è tutta qua.

La filosofia di “The Beach” è tutta qua.

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